giovedì 5 novembre 2020

bivacchi e nazioni

Questa è la casetta di Pra dei Lazi! Probabilmente realizzata durante la prima guerra come la strada che faticosamente sale dalla valle Rinas.
Ricordo il tempo giovanile quando si saliva su con gli amici per stare un po' assieme, mangiare, ridere, scherzare. Poi ci si saliva con le "morose" sempre per mangiare, ridere e scherzare. 
La baracca era semplice. Una cucina economica, un tavolo, un po' di mensole e se ben ricordo un paio di letti a castello.
Il tempo passa ed ora la casina è sempre chiusa. C'è un cartello con un numero telefonico per un eventuale richiesta di aiuto (ma non è il 112?) comunque tutto chiuso come ormai la maggioranza dei bivacchi.
Certo ci sono i vandali ti dicono se ti permetti di osservare che il luogo è pubblico e quindi dovrebbe essere accessibile a tutti. 
Quindi chiudere, chiudere e riservare a pochi "eletti" che detengono le chiavi del paradiso PS scusate del bivacco.
Capisco ma mi sembra povera una collettività che non si fida dei suoi componenti. Come si poi a chiedere a quegli stessi "componenti" di fidarsi di chi "amministra" questo piccolo bene come i più grandi. 
Abbiamo perso la fiducia negli altri e pensiamo che chiudendo i bivacchi o le nazioni che poi sono la stessa cosa, riusciamo a salvarci e se proprio non si sa che fare c'è il numero telefonico...

il bivacco


martedì 3 novembre 2020

edicola

Va beh, mi fermo, mi siedo su una splendida panca in pietra e scrivo. Ormai scrivere in attesa del Kalashnikov, è l'unica forma di indignazione! Si sono indignato con chi non lo so bene ma direi con una "cultura" ufficiale che nulla è, nulla guarda e molto distrugge. 
Sono convinto che non vi è una colpa individuale ma collettiva perché abbiamo lasciato che l'ignoranza diventi potere confidando non si sa bene in cosa. 
Ma veniamo a noi ed all'oggetto della mia indignazione! Salgo verso il santuario di San Valentino che chiude splendidamente la valle che scende da passo Buole.
Prendo la vecchia strada con la via Crucis che ricordavo molto bella. E: osservo il primo capitello ed il basso rilievo penso in bronzo.
Mi interrogo se prima ci fosse un dipinto, probabile visto che in passato gli artisti costavano meno delle fusioni.
Ma passi ora nessun "imbianchino" sarà disturbato nel futuro. I pittori mi perdoneranno per la definizione ma ormai il pubblico tali lì considera.
Ma c'è una cosa che mi fa imbestialire ed è il "restauro" dell'edicola. 
Finalmente qualcuno ha pensato di proteggerla per sempre! Non più manutenzione ed il marmo della vicina Domegliara è il più adatto! 
Così si riveste quello che sta sotto che a mio modo di vedere, era un economico e fallace intonaco come lo sono le nostre vite. 
La base del capitello è realizzata in pietra del luogo bianca, anzi grigia per il tempo, e alla sua sommità un vecchio e saggio marmista aveva posto una pietra orizzontale che sporgeva sia rispetto il sotto che l'intonaco sopra. ABC della composizione non dirò architettonica ma costruttiva.
Ora la pietra rossa è a filo di quella che funge anche da altare. Finalmente!
Ma c'è una cosa ancora che ....la pietra rossa di Domegliara è stata TAGLIATA a 90 gradi con una bellissima testa piano sega! 
Solo le macchine "moderne" ci riescono, e direi anche male, ma certo nessun scalpellino avrebbe pensato una tale genialità.
Fortunatamente le pietre di copertura sono rimaste tali! 
Ma ad Ala chi guarda, chi osserva e soprattutto chi "scrive".
Gli stessi che ci sono a Avio, Rovereto, Trento, Italia. Una burocrazia che piano piano ci "rivestirà" di pietra per conservarci in eterno e non doversi più preoccupare. 
Io voglio sbiadire come quella pittura, e sbriciolarmi come quel intonaco e che nessuno si permetta di restaurarmi, soprattutto se di Ala.

l'edicola di cui si tratta

la strada di salita con due edicole

Il santuario di San Valentino


domenica 1 novembre 2020

modernità

Zugna! Storia! Guerra, pace! Ed al solito tanta retorica! Salendo mi sono imbattuto in questa colata di cemento. Nulla di grave qualcuno penserà e forse è così visti i tempi. Ma? Ma qualche ma mi pare ci sia. Se la strada che sale è opera mirabile seppure dovuta alla guerra ahimè, ma se lo è come lo sono tutte le opere connesse bhe allora usare una getto di cemento per "facilitare" l'ascesa mi pare come giustificare la copertura di un pavimento veneziano in una chiesa con un più resistente, facile da pulire gres ceramicato. Per cortesia!
La domanda che mi faccio è se l'opera è stata autorizzata e magari pagata pure dall'avanzatissimo Comune di Rovereto che ad occhio ne è anche il proprietario.
E poi "rompono" se qualcuno cambia colore ad una porta!

modernità!