giovedì 18 dicembre 2014

strade

C'è una strada che dallo sgangherato porto di Colombo sale lentamente verso non ricordo cosa; non è una strada importante e i negozi sono tutti diversi e non monotematici come accade nelle altre vie del centro. Non c'è apparentemente marciapiede ma la gente è seduta lungo i muri come se ci fossero e di li ampie aperture portano dentro nella pancia di edifici che pare non aver fine come le nostre paure dell'ignoto. La a metà della salita, c'è un tempio tutto complicato nei decori quanto essenziale nella forma e dentro Ganesh sorride quieta con il suo dente spezzato mentre fuori ci si veste con corone di bianchi fiori di loto.
C'è una strada a Pec/Peja li appena attraversato il fiume che abbandona la principale e sale su verso la collina. Non c'è nulla, solo scrostati muri di argilla cruda che nascondono alla vista piccole case ed orti di uomini e donne che sembrano non esistere. Le buche sono così profonde che proprio non ce la fai ad uscirne e ti chiedi come si possa fare a passare. Poi in fondo, ti raggiunge un profumo fresco ed antico che caldo ti avvolge il cuore ricordando una piccola strada della tua città quando sentivi il mattino presto le stesso profumo di fresco pane o meglio di buke come la lo chiamano.
C'è una strada che da dietro la grande cattedrale di Leon, si avventura per altre strette vie di un centro che pare fermo alla storia se non fosse per disordinati cavi elettrici che passano di qua e di le dei paralleli muri come un po' fa il tuo cammino. Una donna sta li sull'uscio con un piede alzato dietro a livello del ginocchio, ed appoggiato alla grande porta come del resto le braccia poste a proteggere la schiena dal ruvido sostegno: La sua veste ampia come è d'obbligo in quei paesi per essere bella, copre la formosa pancia esaltata da un candido e ricamato grembiule come il marmo che contorna l'ingresso. 
C'è una strada ad Amman che dalla moschea giù a downtown, salendo e poi scendendo, taglia direttamente le due strade piane che si incrociano a perpendicolo. Qualche negozio c'è ma non la confusione che sta sul piano un po' più in la. Se ti inoltri abbandoni per poco un mondo per entrarne in un altro e subito ritornare dal mondo da dove eri partito.
C'è una strada a Sarajevo che parte da li dove inizia aspro il monte e se ne va più o meno seguendo il fiume sino a che la valle si apre nella pianura. Prima meglio camminare per l'antica strada poi quando gli edifici mutano e diventano elegantemente austeri uno sferragliante tram ti può accompagnare la dove gli edifici cambiano ancora e diventano regolarmente ordinati ed uguali come alveari dove ai sia dove va a posarsi l'ape. Se ci fai caso la strada è sempre quella, più o meno. e percorrendola hai letto una storia: la sua storia.




sabato 6 dicembre 2014

nulla

guardando un buon film sulla genti della Bosnia, della Serbia e della Croazia, consideravo quanta forza quella terra intrisa di sangue da alle sue genti e consideravo ancora come forse l'aver nulla da perdere conceda grande forza. 
Poi Boroka ha scritto che la mia bella figlioccia Malna sta leggendo nel suo lettino un libro sui cani, Janos è fuori a protestare contro il governo ungherese sempre più fascista (questo lo aggiungo io) e lei, Boroka, sente i calci del loro bimbo  
Mi son fermato: è vero l'aver nulla da perdere da una grande forza ma quel nulla ne è il prezzo.

giovedì 4 dicembre 2014

pietre

Guardo queste pietre. Osservo la perfezione del costruito. Immagino la fatica a cavarle, trasportarle, posarle proprio li da uomini che poco avevano se non dover far fatica tacendo. Mi chiedo se l'architetto o l'ingegnere poco importa, avesse conoscenza di ogni passaggio di quell'opera e potesse governarlo. Mi chiedo se nel suo sapere ci fosse anche quel saper fare ma guardando quella pietra che si curva son convinto di si. Oggi forse ci rimane la conoscenza di governar le carte che li son state poste forse per non consentirci più di governare il costruire.





sabato 29 novembre 2014

Driton

Dritton che noi chiamavamo per Tony per non sforzarci più tanto a comprendere la sua bellissima lingua, lo conobbi una sera di pioggia in un campo fangoso alla periferia di Peja/Pec in Kosovo. 
Non fu facile! Il mio idealismo cozzava con la concretezza mercantile innata nella sua gente, famiglia ed in lui. 
Poi, piano, piano imparammo a moderare le nostre punte aspre e a "rispettarci" profondamente ed vi dirò io a comprendere il significato di famiglia insito in quella cultura e che tanti ahimè denigrano per partito localmente preso.
Una notte d'inverno con suo padre andammo su per le stradine di Gjakova fra muri bruciacchiati e lesi dalla guerra a trovar una stanza intatta in quel mare di macerie e li seduti su caldi tappetti a mangiare, bere rakia, parlare, ridere anche se fuori tutto era contro a quella semplice cose che l'animo desiderava.
Una notte provammo a percorrere assieme la storia per provare a capire che altra strada non c'era se non il rispetto; non so e non credo fu sufficiente per anni di conflitti ma forse lo fu per me.
Portai Driton nel Patriarcato ad incontrare Dobrilla: fu il primo albanese ad entrare al Patriarcato dopo la guerra.
Parlarono: ma la storia capì, doveva ancora percorrere molta strada.

Oggi Driton mi manda questa email. Mi commuove, mi emoziona: guardo la parola "family" e so quanta differenza di valore e di significato sta in noi ma poi decido di condividere con voi la mia emozione e mi chiedo se in Kosovo tutto va bene?


Falemnderit Driton


Hello Mr, Fabio Andreatta

Hello dear, I wish you well along with all the family.
With this message you greet and congratulate each well for you and your family.

greet you with repsekt

Driton Cena

lunedì 27 ottobre 2014

cosí ne' cori amanti mesce amor fiamma, e gel.




Non havea Febo
 ancora recato al mondo il dí,
ch'una donzella fuora 
del proprio albergo uscí. 

Sul pallidetto volto 
scorgeasi il suo dolor, 
spesso gli venia sciolto 
un gran sospir dal cor. 

Sí calpestando fiori 
errava hor qua, hor là, 
i suoi perduti amori 
cosí piangendo va: 

"Amor", dicea, il ciel 
mirando, il piè fermo, 
"dove, dov'è la fè 
ch'el traditor giurò?" 

Miserella. 

"Fa' che ritorni il mio 
amor com'ei pur fu, 
o tu m'ancidi, 
ch'io non mi tormenti più.

" Miserella, ah più no, no, 
tanto gel soffrir non può. 

 "Non vo' più ch'ei sospiri 
se non lontan da me, 
no, no che i martiri 
più non darammi affè. 

Perché di lui mi struggo, 
tutt'orgoglioso sta, 
che si, che si se'l fuggo 
ancor mi pregherà? 

Se ciglio ha più sereno
colei, che'l mio non è, 
già non rinchiude in seno, 
Amor, sí bella fè. 

Ne mai sí dolci baci 
da quella bocca havrai, 
ne più soavi, ah taci, 
 taci, che troppo il sai.

" Sí tra sdegnosi pianti 
spargea le voci al ciel; 
cosí ne' cori amanti 
mesce amor fiamma, e gel.


venerdì 24 ottobre 2014

l'anno scorso

L'anno scorso di questi tempi, mi alzavo al solito, andavo in cucina un po' traballante e mettevo la moka sul fuoco. Come ora! L'anno scorso guardavo fuori dalla finestra e come ora, i miei pensieri turbinavano fra infinite cose di nessuna o estrema importanza senza decidere dove posarsi sinché il caffè caldo ordinava l'agenda della giornata.
L'anno scorso vedevo uno di quei muri infiniti del medio oriente fatti di pietre ben ordinate e squadrate con una leggera superficie ruvida interrotti solo da ampie finestre e dai cassonetti delle split units che seguivano  il ritmo dei fori con forse qualche tubo maldisposto che finalmente rompeva il ritmo. Quella cortina che stava li di fronte alla finestra della mia cucina e raccontava della vita che vi si svolgeva dietro ma che agli occhi era preclusa e che mai nemmeno da un accendersi di una luce, riusci a narrarmi. 
L'anno scorso guardavo quel piccolo spicchio di cielo che fra le case compatte riusciva sempre ad emergere con il suo azzurro infinito e la luce già forte del sole da poco sorto. "the usual ugly sunny day" lo definiva Gery mutando il suo inglese rainy in sunny!
L'anno scorso uscivo con la scassata ed automatica automobile dello sceicco, facevo benzina, mi fermavo a prendere una bottiglia di acqua e me ne andavo nel deserto la dove mai avrei pensato di stare e dove ora vorrei essere ad ascoltare il silenzio del vento e a lasciare andare pensieri tristi nell'infinito nulla. Quel nulla che ti chiama ad attraversarlo fosse solo per scoprire se mai avrà una fine.




domenica 19 ottobre 2014

posto vuoto

un posto libero accanto a me
mi chiedevo perché
che spreco mi dicevo
peccato non scambiare opinioni
e magari conoscerci un po'
poi ho guardato attorno
improvviso un colpo forte
che sciocco sono
incapace di vedere ormai
quel posto era libero per te
quel posto non era libero,
era vuoto
era vuoto di te
vuoto della tua bellezza,
vuoto del tuo sorriso,
vuoto del tuo sguardo di sfida,
vuoto della tua semplicità
vuoto della tua complessità
vuoto del tuo respiro
era vuoto di te
come lo sono io

lunedì 13 ottobre 2014

Diana e Rita.

Oggi ho incontrato Diana e Mariarita. Diana è un americana del North Carolina vive qui da quarant'anni e mi ha detto, avere una bellissima casa nella valle piena di olivi. Ci siamo seduti su un  muretto di fronte ad uno dei palazzi degli Orsini ed abbiamo parlato. Lei ama questo posto perché non è per niente "American set up" ed anzi molto Italian cialtrone. Buon punto di vista! C'è sempre del buono anche nelle cose che all'apparenza non vanno.
Lei insegna yoga e questa è la risposta al "ma cosa ci fai qui?" Non è tutto lo sappiamo, ma va bene così. Mi fa scoprire che a sua volta la sua maestra maestra era una italiana che ha scritto il primo libro a settantaquattro anni ed è conosciuta everywhere e c'è il rischio che qualcuno di voi mi dica che già lo sapeva. Chiede senza domandare e mi dice che domani parte per l'India altrimenti si poteva proseguire giù nella casa in mezzo agli olivi. Ci salutiamo: Good luck ed io non so perché, ma forse complici gli Orsini le bacio la mano.
Sette kilometri non sono molti ma la strada è asfaltata anche se con poco traffico. Arrivo all'abbazia con poca voglia di fatica ancora.
Un cartello da cui normalmente rifuggo, mi avverte della prossima visita guidata.
Il monaco chiede perentorio; "allora lo stacco il biglietto?", guardo l'altra persona che sta nella stanza e pago.
Alle 17 inizia il tour. Siamo io e Mariarita. Non c'è nulla ora qui ma un tempo.....chiedo, affermo, rompo e Rita risponde sorride e passa al tu. Le mura carolingie diventano ricami di parole e sorrisi. Una povere donna angosciata che cerca nel monaco conforto diventa una storia più interessante di quella degli Frescobaldi. E via così finché alla sala del capitolo mi pizzica una spalla per avvertirmi che l'autore delle nefandezze pittoriche ivi presenti ci sta accompagnando ed evitatarmi inutili imbarazzi. Alla biblioteca il Guthenberg mi rapisce complice Rita, ed incunaboli e cinquantine non hanno segreti come la composizione degli inchiostri. Guardo l'enciclopedia di Diderot, mi emoziono e Rita mi dice "ne abbiamo una copia completa". Al Vanvitelli non c'è la faccio ed oso un invito a cena. "non posso ho i bambini", sorrido, sorride e confessa che hanno 29 e 24 anni.
Entrambi sappiamo che nulla è possibile   nella realtà ma entrambi sappiamo che la vita è anche un dolce sogno puro quanto i pensieri che ci hanno accompagnato in quelle due ore infinite come una vita.
Ciao Diana ciao Rita.



mercoledì 8 ottobre 2014

nomenclatura

guardo fuori dal finestrino scorrere veloce  il paesaggio, guardo la campagna e le strade mutare lente come i passi che metto uno avanti l'altro, guardo ragazzi come Alessandro, Nicola, Luca e quanti altri ancora, guardo i loro genitori diversi più ricchi o più poveri più arrivati o meno ma fiduciosi, guardo i giardini delle case, le cortine murarie, guardo questo paese con lingue ormai diverse, guardo tutto questo è penso che ce la facciamo. Non so bene a fare cosa ma ce la facciamo a crescere a credere in un futuro anche vicino. Poi leggo i giornali, gli articoli dell'intellighienza piccolo borghese  sempre livida per l'altrui essere che profettizza disastri d'ogni genere e scrive e fa credere altro rispetto a quel che si vede e mi chiedo se non sia ora di cambiare questa povera nomenclatura che altro non sa fare che difendere propri piccoli privilegi pensado immutabile la condizione dell'essere che fortunatamente è invece cambiata più velocemente dei loro pensieri.

buon e cattivo governo

La torre del Mangia è da tempo  che è scomparsa dietro l'ondulato orizzonte della campagna. La strada va un po' in qua ed in la senza mancare di salire e scendere aspramente per i dolci colli. Penso al prezioso dipinto di palazzo pubblico quello per intenderci del buon e cattivo governo. L'Italia mai è cambiata. Forse molti concorderanno immedietamente attribuendo al principe di turno poteri che forse nemmeno l'originale signore aveva. Forse dimentichiamo troppo spesso che non siamo nelle condizioni di allora e che una democrazia e quindi anche io e voi siamo un po' "signorotti" e quindi artefici del buon e cattivo governo ma capisco che alle volte è più facile cercare un signore a cui lasciare il pesante fardello. Qui mi sorregge Ivo Andric che ben molti anni fa chiedeva gli fosse indicato un nome la cui morte avrebbe cambiato il governo da cattivo a buono  ma anche viceversa.
Voi un nome l'avete? Io proprio no!

domenica 5 ottobre 2014

ieri

un giorno ancora lungo un cammino

Cristoforo Colombo

Questa mattina passando per Cogoleto, ho forse intuito il motivo profondo  oserei affermare esistenziale, per cui quel supposto famoso figlio di questa terra se ne andò lontano in cerca di altri lidi.  Il figlio sarebbe Cristoforo Colombo ma veniamo ai più interessanti motivi.
Deve esserci uno strano algoritmo a giustificare la logica per cui alla bellezza della natura si contrapponga la bruttezza dell'umano intervenire. Più il luogo è bello per clima, morfologia e natura più l'uomo tende a rovinarlo. Sarà forse perché è difficile confrontarsi con tanta bellezza naturale, ma permettetemi di pensare che stia come sempre nelle umane ragioni. Ad aiuto di questa mia opinione lasciate che racconti una storiella danese per me illuminante. Il buon Dio quando creo la Danimarca, se qualcuno scriverà Liguria o altro va bene, parti il mattino da est: colline, fiumi, foreste insomma una meraviglia. Giunto a sera dovendo finire celermente per via dell'ora, fece la parte ovest della Danimarca piatta, brulla e scossa da brutto tempo. Il paragone italico è assai azzardato per via della bellezza di ogni angolo ma potremmo avventurarci nei monotoni lander per pura ipotesi. Il giorno dopo il buon Dio memore di quanto accaduto il giorno prima e dovendo distribuire l'umanità, iniziò da ovest per finir in fretta e furia ad est. Forse l'esser tanto fortunati nello spread del paesaggio non ci permette di esserlo nello spread economico per via di quella sorta di giustizia divina che seppur non credibile è almeno in queste cose, visibile.
Quanto brutti palazzi a colmare vaneglorie di colleghi progettisti che pensano alla creatività come qualcosa che debba distinguersi. Eppure basterebbe copiare quei decenti edificiotti fatti di finestre regolari con cornici di preziosa semplicità, un piano terra con finto bugnato fatto di intonaco, siamo liguri e dal veneziano Palladio sappiamo cogliere il meglio, con angoli messi a risalto per far intendere virtù.
Ho contato cinque diverse tipologie di passeggiata a mare di Cogoleto.
Saranno solo cinque gli architetti di questo convivio umano? Ops no! Cinque sono i partiti. Travertino, porfido, cemento in pasta ed in formelle, disegni creativi che fatichi a leggere e poi sassi che fan muri curvi che per evitar disastri ai fanciulli cinti sono con di ferro catene.
Mamma mia! Si fossi di nome Cristoforo avrei lasciato quei miei concittadini per andar a scoprire intatte terre ove non fosse possibile rovinare tutto.

martedì 30 settembre 2014

Colle di Cadibona

Stamani mentre un autobus mi portava al Colle di Cadibona da dove speravo di incrociare l'alta via, nella mia memoria cercavo di ricordare perché mai questo Colle mi era noto nel nome ma non nel perché. Altri passi e colli ben segnati sulla mappa nulla mi dicevano. Solo Cadibona mi tornava alla mente come il nome di un fugace amore. Forse una battaglia, forse una corsa di che sa che, forse qualcosa di geologico ma per mille ipotesi nulla di certo se non il nome noto: Cadibona.
Lasciato l'autobus subito trovai i segni bianchi e rossi ed il mio passo sostenuto dalla piccola gioia del ritrovarsi, incominciò a salire veloce per la erta. Ormai il Colle di Cadibona sembrava avermi solo dato la giusta direzione e le ipotesi e domande stavano scomparendo come i dolori alla nuova fatica.
Non avevo osservato che la strada sotto si era infilata in una galleria ed ora io stavo per scavalcare finalmente il vero Colle di Cadibona. Un piccolo slargo, una bandiera, qualche panca di pietra e, e un cartello di quelli da pochi soldi con lo stemma del CAI una scritta: qui finiscono ed iniziano le alpi e gli appennini!
La risposta finalmente. E poi un sorriso nel cercar di ricordare le infinite alpi che di li iniziavano con per l'appunto le marittime.
Oggi ho girato a destra e iniziato a camminare dagli appennini. Ma dove finiscono non ricordo.



giovedì 25 settembre 2014

il passeggero

Il passeggero chiamò per tempo la fermata. C'erano solo tre passeggeri sull'autobus ed io li davanti che mi gustavo le aspre ed alte colline che precedono la pianura. L'autista, forse soprapensiero e complice un altro bus che occupava la fermata, la salto!
Il passeggero con calma venne avanti e chiese come mai. "non hai suonato!" fu la risposta che teneva in nessun conto cortesia e grammatica italiana ma forse solo il colore della pelle del passeggero.
"e poi non hai timbrato il biglietto! Me lo ha detto il collega!" le fermate intanto passavano ed il povero passeggero vedeva con occhi tristi sfumare la possibilità di essere puntuale.
"Ecco il biglietto!" l'autista lo guarda e l'attimo di silenzio che segue fa capire che tutto è a posto ma chiedere scusa e fermarsi è ammettere forse che quel uomo bello tondo e gentile che ben si adatta al carattere di quelle valli, non è quello che povere idee continuano a illustrare. "mi tengo il biglietto...." "no per cortesia, il biglietto è mio e me lo restituisce, qualcuno alla fermata me lo potrebbe chiedere". Cavolo! Due a zero e penso che intanto si sono fatti almeno cinque km ed il povero passeggero, oltre che a rodersi il fegato per la discussione che ha tentato di farlo sentire un nulla, dovrà farsi a piedi i km di ritorno.
Troppo gentile io al suo posto sarei scoppiato.
Finalmente scende e vorrei scusarmi per la cosa ma ha poco valore.
Se ne va.
A quel punto l'autista con freudiano senso di colpa, cerca in me quella solidarietà di cui una coscienza comunque ben formata, ha bisogno quando sente di aver sbagliato.
"bastava chiedere scusa e fermarsi il prima possibile" rispondo!
Apriti cielo! "ho scoperto che è colpa mia se questa nazione va a remengo....è colpa di quelli che come difendono quei bastardi che ci rubano tutto...e poi per finire lui comunque non gli importa nulla perché il suo stipendio comunque lo prende..."! Lascio che si sfoghi e poi complice lo smartphone in mano mi balena una satanica idea: "continui la prego sto registrando tutto..." silenzio!
Chiamerò a testimoniare a difesa la signora...."vero signora?" silenzio!
La signora un po' prima aveva raccontato di essere di Taranto migrata anche lei come il passeggero di prima.
Povero autista delle valli bresciane.
Fossi la SIA gli offrirei una trasferta di un anno, pagata naturalmente, a guidare autobus in Nigeria o qualche altro posto così.

martedì 23 settembre 2014

viaggio

ho ordinato le cose che a prima vista saranno necessarie per il nuovo viaggio. Un bel paio di pantaloni con una buona camicia nel caso capiti di uscire per una cena elegante: la cravatta pure.
Qualche cambio di biancheria per qualche giorno, magliette e calzini. Ho pure tirato fuori nuovamente il vecchio fornellino a meta con nescaffè e zucchero per fermarsi magari lungo la strada a gustarsi assieme al paesaggio un caffè caldo. GPS, panello solare, batteria di riserva, cavi la tecnologia è pronta ed ora non serve nemmeno un libro tanto potrò continuare a leggere con e_book.
Ho infilato tutto nel  piccolo zaino e ci sta tutto; poi ho incominciato a chiedermi se quella tal cosa, quella tal maglietta proprio servirà e così piano piano lo zaino si è alleggerito. Ora lungo il viaggio si potrà riempire questo nuovo spazio con le cose incontrerò e che rapiranno la mia fantasia.
Ho pensato a lungo dove andare ma al solito la meta pur importante, non è detto che in questo tempo sia importante. Più importante mi è sembrato il come perchè è attraverso questa modalità che cambia l'essenza del viaggiare. E così rimarrò in Italia ma mi muoverò lentamente usando i miei passi che si fan giorno per giorno per giorno incerti, Qualche autobus, magari qualche treno ma solo locali. Cercherò paesini, luoghi, persone ove e con cui sedersi e fermarsi. C'è sempre una sorta di immagine che proiettiamo in attesa della prossima meta. Può coincidere, ci può deludere ma il più delle volte ci affascina perché per l'appunto, è migliore e più ricca della nostra immaginazione. Domani si va. Finalmente ancora. 

giovedì 11 settembre 2014

Yack

Ieri ho sentito Yack. Il suo vero nome è Jacoub ma lui non so perchè, preferisce farsi chiamare americanamente Yack e la sua famiglia viene da Betlemme. Era in ospedale accanto alla vecchia madre che mi sorprendeva sempre per la lucidità con cui parlava in un ottimo inglese dovuto alla occupazione e ai casini che quella nazione ha combinato laggiù e non solo laggiù.
Ho ricordato quel venerdì (giorno di festa laggiù) mattino che passò a prendermi da casa ed insieme alla vecchia madre andammo a Rabia, quartiere di Amman, dove secondo Yack preparavano il miglior humus della città. Poi dopo averne comperato molto per la giornata che ci attendeva, ci avviammo fuori città lungo strade che salivano chine impervie punteggiate qua e la da magri olivi o povere viti. Arrivammo nella casa di campagna. Le donne aprirono gli scuri, attivarono il pozzo, misero fuori al tiepido sole dell'inverno le sedie ed incominciarono a parlare in una lingua per me incomprensibile alle parole ma non al significato come son tutte le lingue perché parlate dagli stessi cuori.
Yack mi porto giù lungo il podere. parlava delle piccole piante di vite, dei fichi che stavano dando frutto, del melograno che a fatica sosteneva i pieni frutti. Lo ascoltavo e in quel momento ho pensato di aver ritrovato il fratello che avevo perso qualche anno prima e che come Yack amava il lavoro, la famiglia, la bella moglie e la casa di campagna dove poter fuggire.
Provai più tardi a scrivere a Yack tutto questo ma il mio inglese non è così efficace anche se credo Yack abbia ben capito. 
Poi arrivò Widad con il vecchio padre. Palestinesi anche loro. Si sedette accanto a me e mi chiese dell'Italia e ridemmo mentre io chiedevo della Palestina di allora e lui dell'Italia come ragazzi assetati di sapere. Mangiammo humus, phalephel, tabule, agnello parlammo, raccontammo, bevemmo vino perchè seppur arabi tutti erano cristiani e per un momento quella collina sembrò diventare Scanucia. 
Yack e Widad verranno a trovarmi ed io chissà quando ritornerò in quel deserto che mi ha rapito il cuore mentre turbini di sabbia improvvisi ti circondano come pensieri che corrono sempre nel tuo cuore.


martedì 26 agosto 2014

prostata ed altro

Sono tornato da Verona. Sulla Strada mi son fermato in uno di quei monumenti al consumismo che sono gli ipermercati. Avevo bisogno del pane. Ho riempito il carrello. Poi a casa mi sono cucinato la carne alle griglia, ho pulito la rucola e l'ho condita con aceto di vino normale, ho aperto una bottiglia di pinot. Ho cenato davanti alla tv con il solito Civatti che fa l'intelligente ma non riesce a capire. Mi incavolo, sorrido, lascio perdere. Ho messo in ordine. Piatti lavati, tovaglia sbattuta fuori e ben ripiegata nel secondo cassetto della cucina. La cassa di rucola è li che mi angoscia! 2,49 € ...nel mio orto mi è costata solo di sementi e mi sto chiedendo se ne vale la candela. Ogni tanto la mente va: il deserto, riprendere a camminare. Volti, mani, sorrisi e sguardi a cui affidarsi. Cavoli che bello invecchiare, cavoli che sfiga invecchiare. Voglio ripartire: voglio sentire Dobrilla lamentarsi della situazione a Pec, voglio sentirla chiedermi se voglio o no difendere il cristianesimo. Voglio un po' della sua Rakia e del formaggio di capra e delle verdure al vapore che un povero convento di ortodosse mi fa amare mentre in una lingua non mia sento raccontare la vita dei santi. Voglio ancora. Ancora? Ancora! Qualcuno mi ha detto che debbo farmene una ragione! Ma come? Di cosa? di volere sentire ancora quella vita che ti ha rapito per tanto? Ma? Vedo il deserto, sento il profumo dell'infinito nulla. Vedo turbini di sabbia come turbini della mia vita. Voglio quel treno che lento e rumoroso mi accompagnava la dove nulla c'era se non la voglia di riprendere a vivere.


Sorrido: all'urologo ho detto che mi piscio sui piedi. Qualcuno diceva che sono gli uomini potenti che fan così! Sorrido! Ma vorrei aver la potenza di pisciare più in là. Vorrei aver la potenza di camminare e fare ed accarezzare e vivere. Ma la prostata oggi è la mia regina e non mi fa pisciare nemmeno un po' più in la mentre la mia testa mi fa pisciare lontano come sempre ma lei non sa che la prostata val ben più....del cuore.

frammenti

piccoli oggetti raccolti qua e la nel nostro vagare
pezzi di carta riempiti un giorno di segni e parole
a far ricordo di se stessi in angolo della casa e del cuore
frammenti di una vita mai paga che ancora cerca
e poi ancora gli occhi tuoi si riempiono del ieri
e vedi, e tocchi luoghi e città, boschi e deserti
come fossi ancor li a riavvolgere frammenti di vita
che invece veloce è passata ad altri frammenti
e che vanno a posarsi nei tuoi occhi e nel tuo angolo
ove staranno sempre vivi a cullarti del tempo passato



lunedì 28 luglio 2014

coorte

Tu entri in portico e dopo pochi passi entri in una vita che come sempre altre vite ti racconta. Entri in una coorte di rosse mura chiusa con scale che si arrampicano su dove la vita si perde.
Ormai vecchie coppie condividono cibi di tempi lontani e in una foto pensano di fermare una vita che ha corso anyway. Ah potessi fermare il tempo in questa coorte ma già so che non lo feci nella casa del sultano in una dolce Skophie quando ancora tutto doveva accadere.
Mura, travi, colonne in legno date vita a una vita che corre in un infinito perdersi per trovar qualcosa di sé stessi.
Oh avrei dovuto raccontare una storia di mille e poi mille profughi che solo qualche tempo fa agitava la mostra Europa ed invece come sempre, delle umane cose mi trovo a condividere con chi ancora non so.....voglia condividere.....


giovedì 3 luglio 2014

statua

stava li erta come statua a mirar fisso un punto
i dorsi delle mani appoggiati sui rotondi fianchi
a chiudere un cerchio o un cuore con le braccia
liscia e grigia veste ad esaltar quell'inquieto volto
di oscura bellezza che forti ricordi trasudava
e che seppur non noti dal tuo vissuto attingevi
soffio di un momento passato e ancora fermo
nei pensieri e desideri di infinite umanità

martedì 6 maggio 2014

androni

marciapiedi seppur puliti, scalcinati dal tempo e dai troppi passi di vite stremate che racchiudono. Marciapiedi che nulla fortunatamente li cambia come avviene nel nostro ricco mondo che allontana il passar della vita per un apparente nuovo fatto di una comodità che solo e forse nemmeno all'esteriorità guarda.
Marciapiedi sui quali lunghe case si allineano sembrando sempre uguali ma che tante piccole cose ti raccontano della diversità  Una crosta di intonaco cadente qui, una macchia di colore nuovo la, un numero ormai a penzoloni a fianco di un portone e un profumo di cavoli dalla finestra aperta al primo piano.
Marciapiedi dai quali o nei quali bene non si capisce, antri si dipartono per giungere a cortili nascosti alla prima vista come molte delle anime che conosciamo. Androni dipinti di improbabili colori scuri per confondere la povertà dell'ormai cadente intonaco e delle troppe mani e sederi che si son appoggiate li per trovar riparo o conforto o attimi d'estasi. Tubi un tempo gialli che sembrano riunirsi li per poi disperdersi nel cortile per andar la dove vite lentamente si consumano. 
Androni che si illuminano quando alla fine rispunti dietro la faccia che sta lungo il marciapiede e entri nella faccia che sta dentro il cortile.
Cortili dove povere erbe contornano come merletti muri che si alzano grevi attorno. Nemmeno un bambino che gioca solo qualche cassonetto ordinato nel posto e scalcagnato nella forma a riempire quel nulla fatto di mille cose.
Una ragazza esce da quell'androne guardando a terra il mosso pavimento ed esce veloce sul marciapiede che presto la porterà lontana. Androni di vite trascorse che di li son passate e che unici rimangono a testimoniarle con quel loro vissuto aspetto che noi poveri ricchi cerchiamo inutilmente in spazzi che ma saranno come quei androni ove è dolce fermarsi e vedere e sentire tutto questo fluire,

venerdì 2 maggio 2014

finestre

Finestre di case abbandonate da troppo tempo. Finestre vuote come quelle stanze di donne e uomini colpiti da insana furia che quasi a intervalli regolari colpisce questo altrimenti bello mondo.
Finestre che da qualche genio forse deriso da oligarchi troppo stupidi per il posto che ricoprono come quelli che svuotarono queste case, sono state riempite di gradi immagini dei bambini, delle donne e degli uomini che un tempo le animavano
Immagini che ti vien voglia di salutare, chiamare, prendere un caffè e che invece la furia nazista ti ha portato via con la loro storia, il loro mondo, la loro voglia di vivere uguale alla nostra. Immagini ma forse come non mai, persone vive.





mercoledì 30 aprile 2014

Mitrovica

Un po' di giorni fa ero di nuovo li. Sono passati 14 anni: un lungo tempo per un uomo ma nulla per società, una cultura ed un conflitto mai fermo. Forse, a pensarci bene, anche per un uomo e la sua vita quegli anni sono nulla. 
Quell'edificio alto e con i balconi rettangolari dipinti di blu era ancora li minaccioso come 14 anni fa. Dietro qui vetri che bianche tende oscuravano dove c'erano un tempo i cecchini. 
Allora la macchina era lenta ed il cuore veloce ma sentivi di essere li in mezzo al quei cecchini che cercavano una libertà che come quella del tuo cuore, mai hanno avuto se non nella voglia di cercarla.
Oggi hanno chiuso quel ponte con un mucchio di sassi e di li passasti spaventato per raggiungere l'altra parte insicura come quella che appena avevi lasciato.
Come allora ti sei fermato per un attimo ed hai pensato alla vita che ti ha accompagnato in questi anni. Quello che è cambiato: molto o forse nulla se come allora, il cuore mai è cheto come quel conflitto che solo l'inutilità per ora sopisce con piccole cose come queste parole.
La povera casa al di la del fiume di mattoni dipinti. Stanze lunghe e strette piene di gente che cerca un po' di quiete e tu li in mezzo ad ascoltare e a sembrare calmo e sicuro mentre ancora non sapevi nulla.
Mi son fermato ho guardato quelle vite incrociate allora ed ho incrociato ancora la mia e un groppo alla gola ha finalmente chiuso le mie parole.
Ho accarezzato quel ponte come sempre faccio per sentire l'anima che non c'è delle cose ma delle persone che l'hanno vissuta o costruita o distrutta. Anima di luoghi che portano con loro infinite storie che per magia senti quasi che ti appartengano come quella carezza che posi su quei edifici che la storia ti porta a sfiorare come un amore che poi nel conflitto ricade.




martedì 29 aprile 2014

cavoli

cavoli
come vorrei che il cuore si chetasse
come vorrei che la mente si fermasse
e che quello che senti della vita attorno
come per magia al fine si fermasse 
dentro 
per sempre


martedì 15 aprile 2014

lavoro

E' il denaro che compensa il lavoro? Si certo così è! Quello che è sconcertante è osservare come una sfera importante del lavoro che è il fare e l'ingegnare non sia per nulla o poco presa in considerazione. 
Quasi che per un muratore fosse solo il salario e non anche la soddisfazione del vedere un edificio realizzato, quasi come se per un medico fosse lo stipendio e no anche il sorriso di una guarigione, quasi come se un poliziotto fosse il salario o non anche il garantire una pacifica convivenza, quasi come se un politico fosse il solo stipendio o non anche la soddisfazione di vedere una società più giusta.
L'impressione è che un po' è così ma che anche il continuare a "gridare al lupo" ci abbia alla fine resi ancor più cinici proprio a riguardo il denaro. Così quella che è una giusta critica alla corruzione, all'arroganza di certi poteri, alla perfidia ci abbia resi anche noi un po' corrotti, arroganti e perfidi.




venerdì 21 marzo 2014


"Amor, c'adopra ogni suo ingegno e lima, perch'io non tronchi 'l fil, ritorna e riede"

Michelangelo Buonarroti

venerdì 7 febbraio 2014

la dove

ieri, lungo una delle solite ampie e scalcinate strade, la dove la città sta per finire o per incominciare e la dove vecchi edifici scalcinati si mescolano con i nuovi più pretenziosi ma in fondo solo un po' più puliti, e la dove rimane qualche vuoto campo che qualche vecchio si ostina a coltivare di magri olivi ma che presto lasceranno il posto al cemento, e la dove i Gypsy riescono a trovare ancora qualche campo dove metter le loro tende in cui tanto sporchi ma liberi e felici bambini corrono attorno, e la dove magri cammelli pascolano magra erba secca, e la dove officine meccaniche nere di unto forse meno della tuta dell'ormai invecchiato giovane che un tempo amava metter mano al rombo di motori e la nella periferia aveva messo su la suo scalcinata officina, e la dove ancora non c'è marciapiede e luce e la nettezza non passa mai, e la dove tutto sembra fra poco cambiare, ieri appunto la dove era tutto questo stavano loro uno in fronte all'altra mani nelle mani, occhi negli occhi, infiniti pensieri in infiniti pensieri e una felicità per quel amore che dal "la dove" li isolava ed in paradiso li portava "la dove" ogni cuore è uguale al nostro.
Lei: minuta ed esile con quei soprabiti lunghi che tutto nascondono e rendono uniforme, con bottoni infiniti che ben sopra il collo finiscono, con un velo bianco ad incorniciare il volto coperto da fazzoletto azzurro che si muoveva al vento: abiti che nulla lasciano alla bellezza di una donna ma con quegli occhi rivolti in su nel perso sguardo di lui che la rendevano la più bella delle donne.
Lui: possenti spalle che mai vorrei affrontare di lana nera coperte, cappelli neri forti come un cespuglio di rovi, ma occhi nel chiaro volto, persi di dolcezza quel scricciolo che gli stringeva le mani e come un tenero bambino lo faceva apparire.
Che bello: accade la dove alle volte tutto sembra perso come nel nostro cuore. Ho deciso che li chiamerò Omar e Leila e che quel infinito amore colto per un attimo è il regalo di questa terra.



sabato 1 febbraio 2014

Webdeh

Questa mattina avevo un po di tempo dovendo aspettare l'indaffaratissimo Andrea. Da prima mi sono fermato nel rotondo giardinetto di Paris Circle e me ne sono stato li, seduto su una delle otto panche, a gustarmi i caldi raggi di un sole ormai già forte che ancora combatte però con l'aria fresca dell'inverno.
Ripensavo a quel giorno lo scorso dicembre, che nevicava fitto ed a quello che era accaduto proprio complice la neve, in quell'elegante bar curvo d'angolo dove mi ero rifugiato per sentire un po' di caldo e stare tranquillo e li come spesso accade, mi ero messo a scrivere per trovare un po' di compagnia al mio cuore solitario.
Poi ho iniziato a gironzolare lungo le strette strade del Webdeh e a guardare quei negozietti fatti di nulla ma che danno l'idea di essere in un quartiere cucito un po' sulle aspettative dei turisti.
Camminando lungo sgangherati marciapiedi mi sono spinto sino alla moschea verde o almeno così io la chiamo per via delle cupole verdi, il verde è il colore di dio,  che stanno sia sopra l'aula sia sopra la.fontana delle abluzioni sia per la guglia verde del bel e slanciato minareto.
Ho tolto le scarpe e sono entrato nel luminoso pronao dove le ho appoggiate ordinatamente fra le molte altre.
Si molte. Oggi è un giorno lavorativo normale, è mezzogiorno ma l'aula era piena sia di più cheti vecchietti sia di più scalpitanti giovani. 
Le espressioni dei volti erano lievi tanto da fugare il dubbio di integralismi che ogni tanto inquietano le nostre vite.
Mi sono sdraiato anch'io su tappeto e sono stato li a guardar i dettagli dell'aula e le espressioni degli uomini che la riempivano.
Poi, e proprio non ho capito quale fosse il segno, gli uomini si sono alzati ed hanno incominciato o ad uscire o a parlarsi come vecchi amici. L'aula era diventata non luogo di trasmissione ma luogo di comunicazione.
Qualcuno mi ha salutato ma il mio non comprendere l'arabo mi consentiva solo di rispondere con il capo.


mercoledì 29 gennaio 2014

via

alla fine l'aereo dopo aver sorvolato terra senza alcun verde si poserà lieve e per un attimo sembrerà di tornare nelle braccia sicure di una vecchia madre. Il solito uomo dello sceicco con denti marci sarà lì ad aspettarmi. Un sorriso di circostanza, un come stai e il pensiero che stai ancora una volta girando una pagina di questa vita che corre veloce solo nelle cose belle per fermarsi invece all'infinito nei dolori che mai ti lasciano. Guiderò sino al terzo cerchio, poi girerò a sinistra e mi avvierò su per Smishani e poi a Rabia.
La porta della casa è aperta e magari il dottore mi vedrà e mi saluterà domandandosi dove mai sono stato che non mi ha sentito per un po'. Poi di nuovo la casa. Sembra un altro mondo ma non lo è. Forse scenderò sino da Zorba a bere una birra e proverò a confondermi fra il chiasso delle gente. Un attimo e si gira pagina ancora. Oggi noioso ufficio con ormai poche carte da riempire e solo idee da inseguire. Domani un po' di movimento volti che non si girano dall'altra parte. Mi siederò nella grande piazza del teatro romano con i ragazzini palestinesi che corrono con gli skates come i loro coetanei che stanno al di la del muro. Guarderò quel teatro e penserò a come doveva essere quando c'era uno spettacolo allora. Penserò a Sabri ed al suo "I miss you", sorriderò ancora e in silenzio il mio cuore sentirà la solitudine che l'accompagna e lo riempie di infinite altre cose. Domani volerò via forse per l'ultima volta.

martedì 21 gennaio 2014

stagioni

oggi, guardando quegli alberi
che sembravan morti
leggevo il riscatto della primavera
le stagioni sono ritmo
l'inverno una lettura di se stessi
la primavera la scommessa
e d'estate o si guadagna qualcosa
o la ferita scotta
d'autunno si assapora beatitudine o amarezza
e d'inverno ... d'inverno...
una radunar le forze
e un sogno sarà riscossa !

Carlo

lunedì 20 gennaio 2014

rive, monti e deserti

Indugiare lungo una riva solitaria di un lago irlandese con il fuoco che riscalda un caffè mentre parole di nulla riempiono il cuore di non sai che. Un monte impervio come un cuore solitario da salire per cercare dentro quella vetta che hai vissuto e che hai perduto. Uno spazio di cielo e sabbia fatto che ti assomiglia per il nulla che pare contenere ma per l'infinito orizzonte ti riempie come la vita che hai trascorso.
Vorrei sedermi e aspettando la sera raccontare ed ascoltare e ancora immaginare e vivere quiete rive, monti impervi e deserti che solo per il solitario desiderio trovano valore che altrimenti non sarebbe.

venerdì 3 gennaio 2014

Omar

Dear Fabio,
We at maani Ventures r privileged to have known and worked with a man go your caliber.
Cooperation and genuine work is what seems to be MISSING nowadays and working with u showed that there is still hope for goodness.
Stay in touch with us all the time and who knows maybe we will work together again, hopefully
Omar Maani

Omar è un uomo forte ed intelligente: qualcuno lo definirebbe potente confondendo come molte volte avviene, la forza con il potere. E' stato sindaco di Amman e quando ci siamo incontrati proprio non sapevo chi fosse. La spontaneità di entrambi ci ha legati al di la del poco tempo trascorso assieme. Credo che entrambi abbiamo conosciuto il dolore e la forza per poterlo superare. Questo è il potere. 

giovedì 2 gennaio 2014

My Way

And now the end is near
And so I face the final curtain
My friend, I'll make it clear
I'll state my case of which I'm certain
I've lived a life that's full
Travelled each and every highway
More, more than this
I did it.....My Way

Regrets, I've had a few
But then again too few to mention
I did what I had to do
I saw it through without exemption
I planned each charted course
Each careful step along the byway
And more, much more than this
I did it.....My Way

Yes, there were times, I guess you knew
When I bit off more than I could chew
And with it all when there was doubt
I ate it up then spit it out
I grew tall through it all
And did it My Way

I've loved, laughed and cried
I've had my fill, my share of losing
But now as tears subside
I find it all so amusing
To think I did all that
And may I say not in a shy way
No, no, not me
I did it.....My Way

For what is a man, what has he got
If not himself then he has naught
To say the things he truly feels
And not the words of one who kneels
The record shows I took the blows
And did it My Way

My.....Way