sabato 1 febbraio 2014

Webdeh

Questa mattina avevo un po di tempo dovendo aspettare l'indaffaratissimo Andrea. Da prima mi sono fermato nel rotondo giardinetto di Paris Circle e me ne sono stato li, seduto su una delle otto panche, a gustarmi i caldi raggi di un sole ormai già forte che ancora combatte però con l'aria fresca dell'inverno.
Ripensavo a quel giorno lo scorso dicembre, che nevicava fitto ed a quello che era accaduto proprio complice la neve, in quell'elegante bar curvo d'angolo dove mi ero rifugiato per sentire un po' di caldo e stare tranquillo e li come spesso accade, mi ero messo a scrivere per trovare un po' di compagnia al mio cuore solitario.
Poi ho iniziato a gironzolare lungo le strette strade del Webdeh e a guardare quei negozietti fatti di nulla ma che danno l'idea di essere in un quartiere cucito un po' sulle aspettative dei turisti.
Camminando lungo sgangherati marciapiedi mi sono spinto sino alla moschea verde o almeno così io la chiamo per via delle cupole verdi, il verde è il colore di dio,  che stanno sia sopra l'aula sia sopra la.fontana delle abluzioni sia per la guglia verde del bel e slanciato minareto.
Ho tolto le scarpe e sono entrato nel luminoso pronao dove le ho appoggiate ordinatamente fra le molte altre.
Si molte. Oggi è un giorno lavorativo normale, è mezzogiorno ma l'aula era piena sia di più cheti vecchietti sia di più scalpitanti giovani. 
Le espressioni dei volti erano lievi tanto da fugare il dubbio di integralismi che ogni tanto inquietano le nostre vite.
Mi sono sdraiato anch'io su tappeto e sono stato li a guardar i dettagli dell'aula e le espressioni degli uomini che la riempivano.
Poi, e proprio non ho capito quale fosse il segno, gli uomini si sono alzati ed hanno incominciato o ad uscire o a parlarsi come vecchi amici. L'aula era diventata non luogo di trasmissione ma luogo di comunicazione.
Qualcuno mi ha salutato ma il mio non comprendere l'arabo mi consentiva solo di rispondere con il capo.