martedì 30 agosto 2011

dentro e fuori

Monti che tolgono il fiato e ti fanno sentire un nulla nell'immensità di pendii verdi. Chiese che ti invitano a pregare e che ti proteggono quasi dall'immensità dell'ambiente in cui sono. Sono una sorta di contraddizione queste terre fra ciò che sta fuori e quello che sta dentro. L'ambiente è protagonista con la sua immensità, il suo essere desolato, il suo essere inaccessibile ma lo è al pari della costruzione dell'uomo che attraverso la fede sembra quasi bilanciare la forza della natura. La solidità degli edifici, la rigorosità degli elementi costruttivi, la continuità degli schemi compositivi sembrano come per incanto riuscire a bilanciare proprio la natura nella sua imprevedibilità. E' un proporre sempre una sorta di filo conduttore che da sicurezza al cammino dell'uomo in questo ambiente. Non è nel villaggio o nella città che si ritrovano questi tratti forse li l'uomo e la sua architettura un po' convulsa ed abbondante tolgono del tutto il rapporto con l'ambiente. E' nella campagna desolata, negli aspri monti, nella foresta solitaria che l'intervento dell'uomo per ritrovare Dio è capace di bilanciare la forza del del creato di Dio. Questa lezione sembra farsi strada mentre cammini solitario in quei luoghi. Perchè: perché nel decimo o undicesimo secolo hanno scelto quel luogo? Perché la forma semplice della croce greca è costantemente riproposta quasi a dare continuità al cammino sia fisico che spirituale. Perché la ricchezza di alcuni ornati percettibile solo da vicino danno luce diversa a forme che al contrario paiono sempre uguali. Infinite domande senza risposte che si aprono e ci inseguono o forse con una sola risposta fatta del nostro seguire quelle domande come in un viaggio dentro i nostri perché. 
Cortine murarie che a prima vista sembrano perfette con blocchi di pietra che si appoggiano gli uni agli altri senza alcun legante tanta perfezione richiamano alla vista. Ma poi anche qui scopri un dualismo tra il dentro ed il fuori e quello che sembrava un unico blocco in realtà scopri altro non essere che un perfetto paramento che proprio per la nostra incapacità di riuscire a controllare il dentro e contemporaneamente il fuori ci è precluso leggere. Così a parte qualche lieve cornice o forte architrave scopri che la muratura dentro è fatta quasi in modo disordinato con sassi d'ogni forma tenuti assieme da abbondante legante. Viene quasi naturale ancora una volta ritornare al dualismo fra fuori e dentro fra umanità varia quale quella della società umana racchiusa, protetta e direi salvata dalla perfezione di quel che sta fuori che proprio per l'assere sottile è possibile lavorare in modo così preciso e sul quale è possibile cesellare superbi racconti fatti di simboli ripetuti ma che sottendono sempre pur nella loro uguaglianza a storie diverse. Ceselli che parlano nel luogo vicino a noi e ci chiedono quasi di continuare ad incidere quelle pietre con lo stesso simbolo di altri per accomunarci con la storia e con l'umanità che qui è stata.
Fuori e dentro che ritrovi anche nelle forme volumetriche della chiesa. Dicotomia che stenti a capire con la mente sporca di razionalismo che vuole sempre coerenza fra forma esterna ed interna. Poi una piccola abbandonata chiesetta in mezzo a strette strade impolverate e sporche di escrementi degli animali che accompagnano l'uomo che ci vive, poi una piccola chiesetta dove è facile andare fuori e poi dentro, guardare un punto e poi uscire a scoprire il suo corrispettivo fuori e poi ritornare dentro e poi fuori e poi in un continuo ripetersi di viste e memorie e scoprire che uguale volume fuori diventa curvo o piano dentro per dare diversità di importanza all'interno non confondendo le braccia dalle gambe e soprattutto la testa che nella curva trova forza. 
Pavimenti quasi celesti paradisi coperti da pietre che nel tempo lentamente si innalzano o si affondano come fu delle vite che ancora ricoprono. Unico segno della umana presenza fatta di uomini o non di insieme. Unica presenza che continuamente nel tuo procedere ricorda il tuo destino riportandoti così alla fragilità che al contrario l'altro spazio ti invita a dimenticare. Strana metafora che non ritrovi nelle stesse forme d'oggi. 
Mille cose, mille segni e sempre sembrano quelli come la fede di questa terra che sembra proprio in queste pietre antiche affondare radici.
Esplorare dentro di noi ed esplorare quello in cui siamo immersi. Sembra quasi che il viaggio oggi sia point to point e non solo per l'aereo o il mezzo di trasporto ma anche per le cose da vedere, scoprire. Esplorare è percorrere una strada lentamente, con fatica, alle volte con paura e con la voglia di rinunciare. E' così che oltre ad esplorare il nostro intorno esploriamo il nostro dentro ed il nostro fuori.

domenica 28 agosto 2011

fiume

ombre lievi del tramonto
mescolano forme e colori
presto il buio tutto unirà
in basso sinuoso lento
avanza il fiume colmo
pare portar all'imbrunire
l'ultima luce con se lontano

giovedì 25 agosto 2011

small

happiness of small wealth
fears of small defeats

mercoledì 24 agosto 2011

gavit

Pietre sconnesse come le vite perdute che coprono.
Pietre che sostengono il fragile piede e per questo qualcuno posò.
Geometria del cielo che questo copre come a far ricordare che la vita solo dall'alto trova forza.
Luci di piccoli ceri che sempre accompagnano desideri e speranze di vite che in questi luoghi trovano forza per camminare.
Geometrie semplici che povera mente comprende ma sempre teme. 
Strade piene di sole che nel fondo di una gola fresca e buia ti portano.
Contrasto, contrasto bellezza che dolcemente ti uccide.



mercoledì 17 agosto 2011

ArArAt

Monti vertiginosi che chiudono il respiro
ripidi pendii che sembrano rissuchiarti
solitarie chiese che chiedono di pregare
compagni di viaggio che riempiono solitudine
infiniti silenzi e infinite parole per ritrovarsi
antichi e nuovi confini che lentamente si superano
salire per sentieri nuovi per finire questo diluvio

sabato 13 agosto 2011

terre lontane

terre lontane dietro l'angolo del cuore
forti orgogli di antiche battaglie vinte
aspri monti che ptoteggono e chiudono
vite finite che lentamente si aprono
sventolar di fazzoleti in treni ormai passati
seduti su un muretto un po di pane
un rosso pomodoro dell'orto accanto
un po di forte vino che salda parole
che non capisci ma comprendi.
ferma tutto ti prego altro non chiedo
lacrime lente riempiono occhi limpidi
amo questa vita che si spegne

lunedì 8 agosto 2011

cremona

dolce placida città
ove piano crebbe passione
e il fiume sommerse tutto
in una notte di pioggia
lento tocco le tue pietre
e lambisco i tuoi mattoni
rossi come terra arsa
dal solitario caldo sole