venerdì 15 luglio 2016

informazione

Non so! Non comprendo! Qualcosa mi sfugge! 
Ormai le parole sono infinite ed infinite sembrano essere gli approfondimenti più o meno competenti, di qualsiasi evento che accade nella nostra società occidentale. Mi chiedo se i commenti sono la conseguenza o magari al contrario la causa dell'avvenimento.
Me lo chiedo da un bel po' di tempo ma questa "diretta TV" che sembra informare in realtà non dice nulla o non aggiunge nulla alla conoscenza che ognuno di noi ha degli avvenimenti della vita.
Per cui dopo l'informazione che potrebbe essere sintetizzata in pochi minuti tutto il resto sembra più a servizio di quel mondo che definiamo dell'informazione ma che in realtà sembra sempre più autoreferenziale sia nei personaggi apparentemente dissimili sia nei contenuti apparentemente approfonditi. 
E così si alimenta una analisi apparentemente approfondita ma che nulla aggiunge alle conoscenze che qualsiasi uomo normale ha degli eventi della vita.
Ciò che sorprende sempre è la mancanza del racconto e dell'esperienza di realtà da noi apparentemente diverse ma che poi guardando bene ci sorprendono nell'essere a noi così simili.
Mi chiedo se la paura così come la follia non sia alimentata da questa sovraesposizione mediatica che pare per l'appunto servire più ad mondo sovreccitato dagli eventi che alla ragione.
Paura e follia che sempre esisteranno in noi ma che forse solo attraverso al conoscenza e l'esperienza del "diverso" possono essere lentamente vinte.
Per età ricordo sempre l'immagine che a suo tempo veniva data della "blocco socialista sovietico" e per quanti anni quella paura fu inculcata tanto che ancora oggi non consideriamo Europa quello che sta ad est della vecchia cortina di ferro. 
Poi improvvisamente tutto cessò e di quello che sta ad est nessuno più si occupò ma in quelle terre c'erano uomini, donne e bambini che trasformavano la "nostra" vittoria in una pesantissima povertà. 
Mi chiedo se questo tipo di informazione possa servire per conoscere o serva solo alla follia ed alla paura. 
Non so cosa si può cambiare ma certo sono stanco ascoltare luoghi comuni dopo le stragi siano esse dovute a treni o camion e sono stanco di ascoltare i soliti tre o quattro che come sacerdoti pontificano sul nulla che dicono.
Vorrei girare pagina. Vorrei chiudere questa povera informazione che ci porterà proprio la dove sembrerebbe ogni volta non volere portarci.

lunedì 4 luglio 2016

peron, platform, banchina

Le stazioni dei pulman sono delle cose più belle che si possano trovare. Sono grandi o piccole di solito confuse, anche in Germania, e ci vogliono diversi minuti per capire dove sono i biglietti per le varie tratte, i servizi igienici, il bar con panini che mai mangeresti se non per fame atavica ma che li ti sembrano pure gustosi.
E poi c'è la gente! E li le stazioni degli autobus superano ogni fantasia. 
C'è la figlia che sta andando chissà dove. C'è la madre che accompagna con occhi rossi la figlia che sta andando chissà dove.
C'è la signora elegante che con voce sottile risponde a chissà quale uomo che la sta aspettando alla prossima stazione.
C'è l'uomo che racconta alla moglie dello incontro di lavoro e assicura di non vedere l'ora di abbracciarla assieme ai bambini.
C'è lo studente che fa finta di essere impegnato studiando appunti di matematica in stazione....ma per piacere.
C'è sempre quello che sembra conoscere tutto della stazione e ti viene voglia di cambiargli città e stazione.
E poi ci sono io che aspetto un autobus per Trieste bevendo l'ultima, per questo viaggio, pivo. Ma? Perché ritornare? In fondo questa come tutte le altre stazioni degli autobus sono casa perché il nostro viaggio è un passaggio un incontro, uno sguardo, un sorriso, un grugno L'importante è non indugiare troppo.
Peron, platform, banchina numero.





Vukovar

Vukovar! Probabilmente a molti non dice molto. Non so se mi dice e mi permette di raccontare una verità che per forze di cose è complessa.
La cosa irritante è che ho appena cacciato due Usastsi (forse non si scrive così ma sono i soliti integralisti in questo caso croati) che volevano spiegarmi la storia della invasione Serba e della sopraffazione di quella gente che pensa di aver diritti su terre che solo per un dieci per cento appartenevano a loro. Ed avanti a convincermi che tutto è partito da loro. 
Azzardo un paragone per sillogismo. "eh si i Serbi sono come Israele oggi...." il sillogismi sono sempre efficaci ed il tizio si innalbera oltre misura affermando che sono i Serbi che hanno "fatto sparire" molti ebrei. Aggredisce ed afferma che forse in me si nasconde un Serbo...passi, stamani un Serbo mi ha dato del croato e se un arabo mi da dell'israeliano va bene come se un israeliano mi dice essere in arabo, tutto va bene ma ad un certo punto il tizio afferma che non voglio ascoltare la verità!!!
A quel punto lo invito ad allontanarsi dal mio tavolo in cui si era accomodato senza chiedere permesso ma soprattutto non amo perdere tempo con i fascisti! 
A quel punto se ne va imprecando che sono un Serbo sicuramente. Ora penso e mi sorge il dubbio che non mi stiano aspettando da qualche parte....benvenuti a Vukovar....
Città da dove tutto o quasi è iniziato. Ieri 1991.







domenica 3 luglio 2016

responsabilità

Va bhe so che è difficile, complesso, forse incomprensibile ma stamani mentre attraversavo questa città mi sono fermato davanti al Parlamento Serbo. 
Un lungo striscione con volti di uomini che dai molti sono sembrano confondersi con la propria storia che al contrario dovrebbe rimanere centrale.
Anyway. Striscione su cui c'era scritto "vittime dei terroristi albanesi dello UCK e della aggressione NATO" 
Ora non è che i Serbi siano esenti da eccidi e nefandezze varie basti ricordare Sebrenica ma credo che una riflessione vada fatta e ancora una volta e penso che le responsabilità sono sempre individuali e mai collettive. Certo c'è una responsabilità per che aizza e per che magari poi fa. Ma sta di fatto che le responsabilità hanno sempre un nome e cognome ed è da quello che si deve partire per arrivare ad una giustizia. Siano nomi Serbi, Albanesi o della NATO.



stessa

Giro l'angolo passo attraverso apparentemente ordinati kioski e improvvisamente mi ritrovo ad Abdali in Amman.
Stessa piazza fatta a triangolo, stessi teli di plastica blu a riparare dal sole gli uomini e le donne che sotto si muovono fra mille cose.
Stessi mucchi di scarpe usate in cui non so come, trovare qualcosa di adatto. 
Stessi profumi e colori. 
Ma una differenza c'è! 
Le donne!
La velate, coperte in ogni parte, nascoste all'altrui desiderio qui scoperte con seni prorompenti che ti provocano, capelli buondi e fluenti a farti ricevere sensuali carezze, gambe sottili e lunghe come gazzelle che terminano in sederi ampi come devono essere quelli di una madre. 
Tutto qui! Ma sono sicuro che anche la ad Abdali, in fondo è la stessa cosa. Basta guardare lentamente. 
Anche le case sembrano quasi le stesse di un razionalismo ormai decadente qui di comunista memoria la di capitalista formazione.


sabato 2 luglio 2016

Sava e Danubio

Sava e Danubio da qui in poi se ne vanno assieme.
Guardo queste tre ragazzine americane che cenano accanto a me bevendo vino bianco e non considerando per nulla il "vecchio" cameriere che forse avrebbe voglia di prenderele a schiaffi per quello che forse i loro stessi padri hanno fatto scaricando bombe su questa città. Mi chiedo dove sta ragazzine lo sanno? Ma penso di no. Il presente per certi è l'unica cosa che vale. Ed è proprio lì loro infinita debolezza perché il cameriere ricorda e farebbe altro... Bombardare....a Mitroviza c'era una una cartolina che più o meno diceva così...
Mitroviza Fuck the coke fuck the US all you need is sliloviza....non penso che queste ragazzine sappiano e questo mi fa.... Bollire...,
I need a sliloviza....
Non vorrei fare l'anti ma almeno avessero risolto qualcosa....oggi ho nascosto il mio passaporto perché se scoprono che ho un visto del Kosovo si incazzano e fermano il pullman...


carezza

Arrivo alla stazione degli autobus alle nove e cinque. Appena partito l'autobus. Delusione o forse no. Chiedo, gironzolo poi vedo un autobus con scritto Hamburg in moto e pronto a partire.
Belgrado? Come, run. Office ticket and go. 
Ora sono seduto quasi in fondo mi spettano sei ore forse sette per arrivare alla periferia poi si vedrà. 
Lascio Sofia per la seconda volta nella vita. Ieri pomeriggio ho gironzolato, mi è piaciuta e mi piace questa città. I filobus ed il metro sono efficienti, i marciapiedi puliti, le strade si alternano fra ampi viali dove il traffico corre e stradine secondarie con locali affollati e spazi verdi. Sembra tranquilla ma se osservi con attenzione ti accorgi della povertà. 
Povertà che rende pazzi o pazzia che rende poveri. Una donna con un trolley sembra andare in stazione ma c'è qualcosa che non va cammina in mezzo alla strada. Poi si ferma improvvisamente apre il trolley tira fuori una specie di lunga pinza e raccoglie un mozzicone a terra infilandolo nella valigia. 
Guardo e mi accorgo che mozziconi a terra non ce ne sono.
Un'altra ragazza attraversa la strada gridando non si sa bene cosa ma al cielo.
Che su può fare? Se in una società protetta è difficile immagino qui. Dai Renzo De Stefani metti in piedi qualcosa fai una "pazzia" 
Ieri sera uscito dal ristorante dove per 15 euro ho mangiato divinamente, una ragazza forse gypsy mi ha seguito. All'inizio mi sono preoccupato poi ho capito e mi è venuta voglia di farle una carezza.

venerdì 1 luglio 2016

Anya

A Plodvid ho rivisto Peter. Abbiamo parlato fitto. Politica, EU, religions, society. È un buon punto di vista il suo e né ho bisogno. Sembrerà impossibile ma mi ci ritrovo nel metodo nella conoscenza. Ritornerò a Plodvid lo so ed aspetterò Peter a Rovereto per aprire una bottiglia di......"what's the name Fabio of your sparkling wonderful wine???" "Ferrari maybe Peter....."
Poi ci lasciamo come qualcuno che si rivedrà domani. 
Vado alla stazione degli autobus. Sofia! Next office.....entro un biglietto, alle due parte l'autobus! 
Un tuffo al cuore! Improvviso, inaspettato forte come mai.
Capelli lisci morì lunghi, zigomi sporgenti, nasino all'insù, occhiali persi e quella aria di infinita tenerezza che mi richiama al cuore il mio perduto amore.
Non resisto: ho bisogno di bere, vado via, l'autista mi avverte che sta partendo.
Ritorno! Affronto l'autobus. Seat 23. 
Al 22 c'è lei. No! No! Si! Si! 
Anya! 
Sulle ginocchia ha uno spartito: "stabat mater" Pergolesi. 
Plodvid - Sofia due ore e mezzo di......come faccio a trovare una definizione, non ce l'ho, due ore e mezza di infinito.
Lei è una giovane donna e ancora non sa quale fascino la circonda. Studia al conservatorio, soprano. I sui occhi le sue parole raccontano di passione infinita per la musica. per quel che fa.
Parole, emozioni, infiniti pensieri corrono. Lo so è pazzesco ma le dico: "Anya tu mi richiami quello che in tutti questi anni ho provato a seppellire in viaggi infiniti e conoscenze complesse, tu mi richiami il mio cuore perduto"
Lei sorride. Non comprende fortunatamente o forse si ma non è importante. 
Parliamo, di musica, di parole di musica e parole, di significati, di unione di suoni e parole. 
Parliamo, parliamo. Mi vien da piangere ora a ripensarci è come dopo aver visto il Diavolosky most aver vissuto Diavolosky most. 
Tormento infinito che mai riesce a scavalcare quel fiume ed arrivare sulla altra sponda.
Ciao Anya Ascolterò la tua voce e so che le parole saranno come suoni che il cuore infinitamente ascolta.
Bogodarian





Vishna

Questa mattina devo aver portato un po' di scompiglio nella "movimentata" vita di Vishna. Alle 6,30 i miei Elia e Anastasia i proprietari della locanda dove mi ero fermato ieri sera, mi hanno accompagnato alla fermata dello autobus. Due panche in legno verniciate di verde che pare standard in Bulgaria e poste sotto un albero con dei piccole pere.
Piano piano sono arrivate altre utenti e penso Anastasia abbia spiegato la situazione perché la cosa che comprendevo era "Ytalya" oltre a dobre.... Di lì ad un po' arriva il pulmino, salgo e magicamente mi trovo un posto libero in cui mi fanno sedere unico maschio oltre l'autista di un nutrito gruppo di donne che probabilmente se ne stanno andando al lavoro. 
Il pulman è allegro sento risa e scambi di battute fra le donne. Sorrido mentre il pulmino piano piano costeggia il ripido fianco della montagna coperta di alberi interrotti soli da piccoli spazi verdi ove si erge il puntino bianco di una casa.
Al paese più grande la donna a cui sono stato affidato mi fa scendere. Penso di dover cambiare pulman ma il mio zaino rimane sul pulmino e mi fanno capire di star seduto tranquillo sulla solita panca verde ed aspettare.
Mi metto a scrivere.