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mercoledì 11 gennaio 2023

mare

Laggiù c'è il mare! Qualcuno l'ha definito il luogo dell'innovazione in passato dato che di lì si andava a scoprire il non conosciuto. Oggi forse lo è diventato il cielo ma rimango dell'idea che è il nostro spirito che ci spinge a scoprire terra, mare o cielo.
Me ne sto tornando a Kalundborg in Danimarca dove voglio bere un bicchiere di vino con Arne Kjær Christensen. Voglio guardare dalla sua finestra quel fiordo che quieto si allunga nella terra. Voglio sentire il vento pungente che ti sveglia l'anima. Voglio andare nella chiesa di quel paese e guardare la nave che sta sopra l'altare come in tutte le chiese luterane danesi, per ricordarci che il nostro viaggio può essere vario interessante, noioso, faticoso, violento alle volte ma che l'importante è sapere dove sarà il porto che ci accoglierà.



domenica 9 ottobre 2022

soluzioni

Ieri poi avevo scritto tanto ma la mancanza di connessione e la mia troppa fiducia nella tecnologia s'è portata via tutto.
Al confine per alcuni che confine non è per altri il pullman si ferma. Sale un poliziotto fortunatamente sorridente. Tutti i miei compagni di viaggio tirano fuori la ID card ed il poliziotto le passa per il controllo. Arriva a me con il passaporto e passa anche quello. Poi mi dice che lo prende per il visto me lo riporterà l'autista.
Se ho il visto del Kosovo, fortunatamente di fatto illegibile, non posso tornare in Serbia. Per questo il poliziotto lo marca leggerissimo.
Alle volte le soluzioni semplici sono quelle che funzionano e le soluzioni semplici le trovano le persone semplici. Sorrido al poliziotto e gli dico che se ci fossero problemi ho sempre la carta di identità. Lui sorride e ci siamo capiti.
Ad una ragazza carina seduta dall'altra parte oso chiedere che ID card sia la sua e lei sorpresa mi dice Serba che diamine! Ma Serba di quella parte del Kosovo che altri ritengono altro rispetto la Serbia.
Lei va a studiare giù in una città più grande ed ogni giorno per tornare a casa passa una frontiera che non c'è per lei ma per gli altri si. Pazienza ci vuole e come tutte le minoranze che ho incontrato la pazienza è la virtù principale.
Arrivo in quella città dove il fiume fa da confine vero si troppo vero. Ai ragazzi di qua chiedo delle ragazze di là così come alle ragazze di là chiedo dei ragazzi di qua. Nulla. Ahimè nulla. 100 metri sono un muro enorme ma in Europa non se ne parla si fa come non ci fossero problemi. Ci vuole gente semplice per problemi complessi come quel poliziotto, quella ragazza. Penso che qui ritornerà prima o poi il fuoco ad ardere. Questione di tempo e di situazioni.
Sorrido alla soluzione semplice che di qua hanno trovato per le targhe delle automobili: un po' di nastro bianco e si toglie simboli e scritte di una nazione dove vivi secondo alcuni ma non secondo altri e soprattutto secondo te.
Attraverso quel ponte, guardo quel palazzo con i balconi blu dove 22 anni fa c'erano i cecchini, vedo una camioneta dei carabinieri e mi avvicino. Chiedo! Uno è sveglio e risponde, l'altro più guardingo e diffidente come mai dovrebbero essere i carabinieri o i poliziotti.
Parliamo: chiedi di little Bosnia quartiere albanese al di qua, minoranza che sta in una minoranza di una minoranza. Sorrido scoprendo felice scoprendo che c'è ancora c'ero andato lì quando si sparava di qui e lì là.
Attraverso il ponte cambio lingua ma non cambiano i bar affollati e lo struscio. I ragazzi di la e di qua parlano inglese.
Ciao Serbia ciao Kosovo ciao Balcani terra di confini da togliere così come quelli che stanno dentro di noi.







lunedì 30 maggio 2022

"sporco ricco yankee"

Quest'oggi sono corso a fare la spesa e fra le altre cose, rifornirmi di gelato che mi piace gustarmi finita la cena e sistemata la cucina.
Al banco dei surgelati c'era una vecchietta, solo qualche anno più di me, che stava guardando con attenzione almeno così io ho pensato, le varie confezioni di gelato. Mi sono fermato accanto ed ho atteso senza pazienza che la signora finisse.
Quando la signora si è accorta della mia presenza si è subito ritratta e scusata invitandomi a servirmi cosa che ho fatto prontamente conoscendo benissimo il gusto che volevo.
La signora vista la mia scelta mi ha spiegato che cercava di capire il costo al kilo del prelibato gelato. Ho risposto gentilmente che la bontà ne valeva sicuramente la pena e di non badare troppo al prezzo soprattutto delle cose buone. Ci siamo sorrisi ed abbiamo continuato gli acquisti.
Poi, poi un dubbio atroce mi è sorto ed il cuore si è fermato. Il mio essere benestante mi consente di non soffermarmi troppo su pochi centesimi e mi sono sentito male per la povertà che li ho incontrato e non capito come ahimè capita spesso a chi gode del privilegio del benessere.
Fino a ieri tutto questo lo comprendevo e lo vedevo quando operavo nei paesi più poveri ma oggi quella signora mi ha riportato ad una realtà che certo esiste anche in Italia e che il più delle volte mi sfugge tutto preso dal fare e non dal curare.
Sapete: so di essere come mi definisco sempre uno "sporco ricco yankee" ed ho sempre considerato questo una sorta di richiamo a me stesso verso l'attenzione ai meno fortunati ma oggi ho sentito e capito che sono sempre ahimè "uno sporco ricco yankee": perdonate!

domenica 12 dicembre 2021

e ora dove andiamo?

Ieri sera mi sono perso a guardare un film scelto per caso su una delle solite piattaforme.
Il titolo: "e ora dove andiamo?" mi allettava e quando ho scoperto che era ambientato in Libano mi sono lasciato andare.
Il film è carino ed in fondo descrive la situazione di quel paese che però ahimè anche se in forme diverse, appartiene a tutti noi.
Cristiani e musulmani grazie alle loro donne, ai loro preti o Iman che siano, ed ahimè ad una morte riescono a ritrovare una unità fatta di lingua e cultura. So che non è facile e nella realtà i conflitti sono ben più profondi ma quelle condizioni di trovarsi al fine tutti sulla stessa barca, sono in realtà la vera sfida di noi tutti. Possiamo smettere di confliggere con chi ci appare diverso ma la cosa più importante è sapere dove andare è immaginare un mondo diverso in cui alla fine le piccole miserie umane sono vinte così da lasciare la nostra mente libera di immaginare dove andare senza più fermarsi.
Ecco tu e spero qualcuno altro, sai dove andare. Vi abbraccio!
Verrò!

sabato 25 luglio 2020

Nanni

Nanni! Molti non sanno chi sia e così è della vita di molti e di chi fa fatica senza lamento, si impegna senza secondi fini, aiuta senza esibire.
Ero giovane, sempre timoroso di sbagliare di non sapere abbastanza e mi diedero il mio primo grande cantiere: la scuola media di Fiera di Primiero. La fortuna, ce ne vuole molta sempre, e la roulette degli appalti mi portò a Nannì.
Il primo impresario è come il primo amore non si scorda mai!
Non potevamo essere tanto diversi ma in fondo tanto uguali.
Lui venuto su a cantieri pieni di fatica io a libri pieni di fatica.
Mi insegnò molto; una delle prime volte quando ci davamo ancora del Lei, mi disse: "architetto, lei ed io possiamo litigare, divergere per opinioni, stati di avanzamento e tanto ancora ma una cosa sappia che l'unica che non ci deve perdere è l'opera: la scuola di Primiero".
E così fu! E' ancora li e mi chiedo se non sia ora di rifarla ma evidentemente Nannì fece bene il suo lavoro.
Rimanevo affascinato quando mi spiegava come riuscire a fare un ponteggio con due assi e nel spiegarmelo capivo che la scienza delle costruzioni è cosa reale, pratica che si traduce in cose concrete. Lo guardavo e mi chiedevo come faceva a "governare" tanti uomini senza alcun problema: con la fiducia, aiutando, coprendo le spalle.
Poi venne il cantiere della scuola e della piscina di Folgaria.
Io ero cresciuto un po' Nannì molto. Aveva portato i migliori capisquadra, Camillo, Damiano ed una cucina da campo che sembrava un hotel a cinque stelle.
Arrivò tangentopoli. Chi voleva salvarsi dall'affogare e cercava un salvagente qualsiasi provò con Nannì ma Nannì non centrava nulla con quel mondo e come era giusto e come era nelle cose ne usci solo rammaricato per la perdita di fiducia in qualcuno che la fiducia non meritava. Giudicare, condannare è esercizio apparentemente semplice soprattutto se a farlo sono gli invidiosi di poco cervello che ahimè sembrano sempre più abbondare ma Nannì non vedeva il lato "oscuro" degli uomini: lui vedeva sempre il buono!
Poi la vita ci portò distanti. Ogni tanto ci vedevamo a Mezzano, andavamo in Caltena a mangiare tosella e oggi mi manca quel tempo perchè i soliti invidiosi di poco cervello, vogliono che non si lavori anche se dentro sai che è il lavoro che ci rende nobili come lo era Nannì.

venerdì 3 aprile 2020

normale

Provo ad essere normale.
Lavoro durante il giorno, solite fatiche di anni impiegati a costruire qualcosa. Parlo con amici sparsi su questo mondo; proviamo a dirci ci rivediamo presto. Preparo la cena, Filippo mi porta il secondo tiramisù e direi che ci siamo, il primo era informe. Accendo il caminetto e metto un po' di legna.
Guardo un film di un padre con il suo figlio autistico, oggi è la giornata del l'autismo.
L'autismo mi spiegano è come essere in una campana di vetro da dove si vede e si comprende tutto ma non si riesce ad uscirne a comunicare.
Sta accedendo anche a noi.
Provo ad essere normale.
Provo ad essere normale.
Provo.

sabato 25 gennaio 2020

cul pagano

Quest'oggi sono andato a trovare Bernardo. È da poco che ci conosciamo ma al solito a differenza di quelli che pensano di essere "arrivati" per cui di nulla hanno necessità, Bernardo è un uomo curioso di ogni cosa e quindi in fondo aperto anche se di pochi studi e letture è affamato di conoscenze.
Lui ha subito compreso la mia "anima" di esploratore e così oggi, mi ha indicato un luogo dove andare a scoprire una roccia che i locali chiamano "CUL PAGANO" .
Il solo nome meriterebbe una spedizione!
Il luogo lo conoscevo ma come sempre più mi accorgo, la sola conoscenza geografica non basta al sapere.
Le indicazioni di Bernardo mi hanno fatto trovare quello che qui sotto ho fotografato e come per magia ho pure visto una scritta scolpita nella roccia. Una croce in barba al "pagano" e una evidente data 1783.
Magari qualche storico potrà chiarire se vi siano precisi riferimenti.
Consentitemi ora di "polemizzare" un po' con quella che si fa "passare" come cultura odierna ma i cui risultati sono....evidenti!
Una croce posta come da prassi ad un importante bivio, ha attirato la mia attenzione più per il luogo che per lo scarso valore comprendendo essere in calcestruzzo.
Quello che però mi ha sconcertato è stato vedere il basamento in pietra con questa scritta: "VINCES AD 27 GIUGNO 1745".
Evidentemente la croce in cemento era stata posta li in sostituzione di una più antica andata poi persa.
La cosa sconcertante è stato osservare " l'intervento esplicativo" che peraltro penso importante, lasciato dalla nuova intellighenzia del Comune di Brentonico che credo a distanza di qualche anno è già illegibile.
Certo oggi si pensa solo all'oggi! Poveri noi. Non dico che serviva scalpello e martello ma un po' di attenzione in più si!







domenica 12 maggio 2019

Dobrila

Conobbi Dobrila nel settembre del 1999. Il mondo "normale" si preoccupava del "millennium bag". Lei quando le nostre bombe scendevano su Novi Sad, su Belgrado una delle città più antiche di Europa, ma che ahimè nessuno degli europeisti o sovranisti vuole in Europa, lasciò la tranquilla Parigi ed si presentò al Patriarcato prima che la "vendetta" potesse prendere forza! Le suore erano spaurite, non sapevano bene cosa fare e come spesso accade non conoscendo le lingue tutto si complicava. 
Dobrila venne ad accogliermi. Iniziammo parlando in Inglese ma poi, saputo che ero italiano passo subito alla mia lingua. Mi racconto del patriarcato, delle sue tre chiese, della sua storia, del trono del Patriarca, del Cristo Pantocrátor! 
Mi rapi! Perché era facile comprendere che dietro quella minuta creatura c'era una forza che raramente si trova. 
Mai un lamento della guerra, mai un lamento per se stessa. Il Patriarcato! La storia! Erano nel suo cuore e nella sua mente. 
Le mie obbiezioni circa le scelte di Milosevic non la riguardavano perché i "politici" passano ma le culture no, l'anima delle genti no. 
Quante discussioni sotto quel gelso che "sanguinava" succo di more come il mondo sanguigna di dolore. 
Dobrila mi insegnò la tolleranza, la comprensione della diversità senza servirsi di un odio che solo macerie produce. 
Me ne innamorai perdutamente quando un giorno arrivò al Patriarcato il solito generale US con codazzo di scodazzanti ufficiali, il generale (la figura di Trump rende bene l'idea) pontificava sulle "ragioni" della guerra e sulla "imminente" pace che "l'occidente" avrebbe portato. 
La minuta donna lascio che il generale finisse e poi con una gentilezza ed una forza che mai saprò raggiungere, lo mando in un angolo dove gli ignoranti e presuntuosi dovrebbero stare. 
Noi poveri Europei abbiamo come quel generale US, non compreso che i Balcani sono terra che va conosciuta, amata e "presa" dentro di noi. 
E come diceva qualche altro amico i Balcani sono un confine fra nord e sud, fra est ed ovest, fra religioni, fra culture, fra anime di uomini e che solo comprendendo i Confini possiamo vivere assieme in pace. 
Chi costruisce muri sono gli stessi che non vogliono la pace, il progresso la comprensione perché in fondo le genti sono come noi stessi.
Oggi di Dobrila conosco molto più la storia ma andrà racconta con saggezza ma oggi quella donnina esile è ancora più grande ai miei occhi.



venerdì 29 marzo 2019

Ofer

Oggi è una di quelle giornate che ti segnano. Non tanto per l'entrata in Gerusalemme attraversando la porta per Damasco, non tanto per la passeggiata sino al muro del pianto e sino al Sacro Sepolcro in fondo avvenimenti già percorsi in passato, ma soprattutto perché ho incontrato una persona speciale come mi pare giusto sia.
Il contatto me lo aveva passato Paolo, un amico comune.
Ci siamo incontrati su verso il mercato Beyuda grazie alla tecnologia seguendo uno i movimenti dell'altro. 
Con lui c'era la bella moglie ed uno dei figli che mi ha raccontato della salita alla Marmolada e di tante altre escursioni. 
Abbiamo parlato di escursioni di cibi di Paolo e di mille altre cose che servono ad annusarsi reciprocamente. Poi ci siamo seduti ed abbiamo mangiato assieme mentre su Gerusalemme si scatenava un temporale tale da farmi pensare di essere sui miei monti per il freddo vento e la pioggia insistente (naturalmente non di questi tempi).
Ho scoperto ancora molte cose circa questa terra ma quello che mi ha rapito è stato il rapporto fra i due coniugi. Glielo ho manifestato parlando a lei e lui ha provato a fare il "simpatico" ma si comprendeva che era felice. 
Poi io e lui siamo andati ad ospedali. Prima uno in centro a piedi dove "consegnano' bimbi in numero impressionante. Poi un po' fuori dove c'è quello grande dove curano tutto e bene.
Vu chiederete perché e la risposta è semplice lui, medico chirurgo cardiaco, gestisce uno dei più grandi ospedali di Gerusalemme. Gestisce si! Non amministra, perché amministrare è una parte della gestione e forse per un ospedale nemmeno la più importante.
Siamo andati in giro per non so quanti reparti ma ho capito che con la "scusa" di mostrarmi la capacità di rispondere alle esigenze dei malati, lui se ne andava in giro per i reparti non a "controllare" ma ad accertarsi che tutto fonzionasse. Una parola a quel medico, una domanda a quella infermiera, una visura dell'ultimo intervento, una parola in arabo ad una ragazza. Ma quello che più estasiava era comprendere che quel modo di fare era usuale. Un collega tra altri colleghi come quando un gruppo funziona. Oggi ho avuto la conferma che se mai ce ne fosse stato bisogno che solo assieme si affrontano e risolvono i problemi.
Vi fornisco due numeri così potete rendere conto delle dimensioni: 1000 letti; 4000 dipendenti; mezzo milione (provincia di Trento) di pazienti all'anno.
Ah il signore qui accanto oltre tutto questo come volontario coordina l'unità di intervento rapida di Israele che è in grado di "mettere su" un ospedale efficiente in un "zac" in ogni dove.
L'unico modo per progredire è confrontarsi con tutti in ogni parte del mondo su qualsiasi cosa.

lunedì 25 marzo 2019

Azraq

Oggi sono entrato di nuovo nel campo profughi di Azraq ma soprattutto nell'ospedale che ha portato via tante mie energie e tanto impegno.
Era lì come l'ho lasciato! Solo un po' di sabbia in più nelle fessure. Ad accogliermi c'era il giovane manager ma vi assicuro che quando Ahmad mi ha salutato con un: "welcome back Fabio" il mio cuore ha preso il primo scossone.
Ahmad è uno degli operai manutentori ed ha visto tutto crescere e consolidarsi. L'ho sommerso di domande: gli impianti, A C sistema, le acque grigie, le maniglie, i vetri. Ho capito che è stato fatto un buon lavoro, l'impresa e noi. 
Ma vi assicuro che entrare nei reparti è stato quasi da "infarto". Il triage dove aspettavano tante persone per sapere dove andare e cosa fare. La sala operatoria che era in piena attività ed così, nella mia memoria è rimasta come l'avevo lasciata. La sala raggi, la farmacia. Ma quando sono entrato in maternità ho compreso che il cuore di tutto era quel reparto. Sentivo le grida di una donna che stava "consegnando" alla vita una nuova creatura. Vedevo le altre donne che avevano appena partorito con le loro creature. Sì sì sì. Quella è vita. La dottoressa responsabile mi mostra il cartello sotto negli ultimi 4 anni sono nati 4582+1 oggi bambini di cui 771 con taglio cesareo ma la cosa più bella è che nessuno è mai morto! 
Mai avrei pensato di emozionarmi cosi tanto.
Poi mi hanno mostrato le impronte dei piedi dei bambini nati. Qui è una consuetudine: il primo passo nel mondo...ho pensato che dovremmo farlo anche noi.







giovedì 1 marzo 2018

Allende

Che strana questa nazione: ieri sera parlando con la signora anziana che mi ospita le sue parole verso Salvador Allende sono state dure: "il Chile era come il Venezuela oggi" "La propaganda comunista ha convinto tutti gli occidentali". Non credo anche se comprendo è credo che la "sinistra" dovrebbe essere chiara ad esempio, verso Maduro. No in nome mio! Ma fa sempre comodo non schierarsi e così leggo che De Magistris si "ispira" a quel dittatore. Per forza poi un cretino qualunque può pensare di "governare".
Ma torniamo ad Allende. L'unica statua che sta' in piazza della Moneda ė la sua forse perché come tanti ci ha creduto davvero ed è riuscito a creare una speranza che poi assieme alla realtà, è la caratteristica che dovrebbe contraddistinguere la Politica.
Lascio le Parole di Salvador Allende e le paragono a quelle che girano oggi!

domenica 25 febbraio 2018

acqua

Vi racconto una storia raccolta per strada. Sono sempre le migliori. 
Da queste parti ma anche da noi, si trovano delle piccole edicole lungo le strade. Pensavo fossero per ricordare qualcuno morto in un incidente stradale come si fa anche da noi. 
Invece non è proprio esattamente così. Il morto ce ma ha un significato ed in valore molto più collettivo della semplice memoria e questa che racconto è una di queste storie.
L'edicola in questione era circondata da una infinità di bottigliette tanto da sembrare un immondezzaio ma: ma non è così!
Una madre deve ritornare al villaggio lontano per assistere il vecchio padre. La strada è lunga e la donna tiene nella coperta appesa al collo il suo bambino da poco nato. 
La donna decide di fare un percorso più breve ma mai prima di allora, fatto. É estate! Fa caldo e le pendici nere del vulcano sono infuocate.
La donna perde la cognizione del luogo ed inizia a vagare senza più sapere bene dove dirigersi. Un giorno, due giorni: l'acqua finisce e la donna continua vagare cercando di raggiungere il bosco in basso.
Il terzo giorno arriva al verde ma di acqua non vi è traccia.
Si accascia esausta e li si addormenta passando dal sonno dolcemente alla morte.
Qualche giorno dopo un contadino passa di lì e trova il corpo della donna ed il suo bimbo avvolto nella coperta ancora attaccato al seno della madre e ancora vivo.
Oggi chi passa di li lascia una bottiglia piena di acqua.

martedì 6 febbraio 2018

Patagonia

Fossi pittore inseguirei i colori delle acque di Patagonia. 
Chiare, nere, azzurre, verdi ed ancora più.
Fossi musico inseguirei i suoni dei ghiacciai di Patagonia, forti, improvvisi dolci.
Fossi scultore inseguirei le foreste di Patagonia infinitamente contorte da poche cose semplici.
Fossi scrittore inseguirei la gente di Patagonia; rustica come solo un cuore grande sa creare.
Fossi poeta canterei il suono del vento che tutto accompagna e lenisce portando via ricordi tristi ed insinuando speranze che dal vento ancora saranno portate via la dove si ricreano alla fine del mundo.
Fossi, fossi, fossi....ma si forse lo sono freddo, selvaggio, infinito, ventoso, duro al primo tocco ma infinitivamente dolce nel cuore come questa Patagonia.

Terra sinonimo di vita. Dedico questo agli amici di Patagonia o meglio di Maggeglianes! Juan Arcos SrdanovicEsteban DiazAngela DanielaDanilo Beth ReyPaola RigodanzaHector Stefani e tanti altri che sono nel mio cuore.

giovedì 1 febbraio 2018

nowhere

Ho interrotto l'ultimo post velocemente perché un'auto si fermò e mi fece salire.
Al solito dopo la prima diffidenza Patrizio si rilasso e grazie anche al figlio diciassette molto curioso l'atmosfera si fece decisamente amichevole e la conversazione interessante. 
Patrizio è un tecnico che si occupa di strade, asfalto, cemento e così da quasi colleghi è stato facile comunicare. Ora so molto sulla tecnica usata da queste parti e non è mai male imparare. Ignazio foglio di Patrizio, in vacanza assieme al padre e direi che per un diciassette è già un miracolo o forse sono stato io che come padre ero un disastro, Ignazio vuole fare il veterinario ed ama i cavalli che qui sono come degli amici fidati su cui puoi contare quando la tecnologia fa crash o proprio non c'è.
Quello però che volevo raccontarvi sono i duecento km di strada sterrata, su e giù, in mezzo alla natura senza nessuna cittadina (4 case) nel mezzo. 
Pensate è come andare da Rovereto a Bologna per strada sterrata senza incontrare una casa o qualche parvenza di comunità.
Ad onor del vero qualche casupola c'è e la domanda che ti sorge spontanea è "come fanno a vivere qui..." In the middle of nowhere.
I luoghi sono affascinanti, monti con ghiacciai, fiumi sinuosi ed enormi, lagune, acquitrini e foreste sui lati a nord e rocce su quelli a sud. 
Però arrivato e sistemato in un ostello grazie sempre a Patrizio, dopo cena sono uscito ed ho compreso immediatamente che quei 200 km hanno cambiato il clima. Ora il vento è quieto, l'aria tiepida e qualche tavolo sta fuori . Questa è in altra Patagonia....

venerdì 26 gennaio 2018

Candelario e Teresa Mancilla

Verso gli inizi del 900 un giovane di nome Candelario, e questo dice molto della fede di quella famiglia, nato a Puerto Montt si trasferì a Punta Arenes, probabilmente spinto dal desiderio di cambiare in meglio la propria vita e credo anche da un po' pazzo ma sano istinto di avventura. A Punta Arenes si innamorò e sposo la sua Teresa anch'essa animata dallo stesso spirito. I due si avventurarono a primavera per gli aspri monti della Patagonia. Probabilmente ad aiutare la coppia c'era uno o due cavalli, magari qualche pecora e non oso pensare una o due mucche oltre un po' di vettovaglie quali farina e sale ed il corredo della giovane sposa. Di sicuro niente carro dato che qui di strade oggi come allora non se ne parlava. 
La copia cammino per tre mesi fermandosi qui e là ma mai trovando il posto giusto. Passarono attraverso l'Argentina ed ascoltando i racconti dei vecchi pensarono di dirigersi verso il lago del Desierto e di li ritornare in Chile ammesso ma non concesso che in quel tempo ci fossero confini precisi fra le due nazioni.
I luoghi erano selvaggi, gli alberi caduti fermavano la strada ogni dieci metri costringendo la coppia ad infiniti giri per avanzare di qualche metro. I torrenti scendevano impetuosi dai monti costringendo i due a guadi sempre molto pericolosi. 
Una volta arrivati al passo un forte vento dal sud gli investi. 
Sapevano che da lì in poi solo qualche cacciatore si era avventurato ma certo nessuna famiglia. 
La delusione si affacciava ogni tanto nei volti dei due giovani ma la volontà di lui di trovare il "paradiso" e l'amore tenero di lei davano ancora forza per proseguire nonostante i tanti giorni e notti trascorsi sotto una pioggia fredda e continua. 
Iniziarono la discesa e dopo un po' apparve loro un un lago o un mare grande di un colore verde azzurro. Capirono di essere vicini al loro sogno.
Quel fiordo era un lago grandissimo dove nessuno sino ad allora aveva posto piede se non nell' estrema punta a nord a 120 km ma loro certo non lo sapevano.
Scesero. Iniziarono ad ispezionare l'aspra e rocciosa costa sinché Candelario trovo un prato leggermente pianeggiante ma quel che più conta protetto da sud da una roccia alta. 
Quello era il posto! Candelario e Teresa Mancilla si fermarono anche perché ormai l'inverno era alle porte e la pancia di Teresa cresceva giorno dopo giorno aspettando il loro primo figlio.
Candelario taglio alberi, mosse assieme fascine di piccoli arbusti, zappo la piccola terra e semino patate. Un lavoro immane quell'anno.
Ma già il secondo la casa era più confortevole e calda e la piccola terra incominciava a dare i suoi frutti. 
La vita continuò e quella avventura è ancora qui. Guardo questi luoghi, invidio Candelario un po' e mi chiedo dove mai abbiamo perso quelli spirito.

venerdì 12 gennaio 2018

varon

Questa mattina 12 gennaio è il compleanno del mio varón, come dicono qui del figlio maschio, Filippo Andreatta. Ho chiamato, auguri, come va? Dove sei? Ecc. Ecc. 
Poi sono uscito dall'hostello dove a parte una finestra che sbatteva ed il russare del mio giovane coinquilino, tutto era stato accettabile. 
All'aria fresca del mattino il mio intestino mi dato un segnale così ho rinunciato provvisoriamente, alla salita del Cerro Guanaco e mi sono avviato verso il ghiacciaio Martial che qui sembra essere la meta turistica per eccellenza.
Tutte le guide suggeriscono di prendere un taxi per arrivare all'impianto che poi ti porta ai piedi del ghiacciaio. 
Naturalmente mi son guardato bene dal farlo ed ho camminato prima per questa città e poi lungo un sentiero nel bosco. 
Ora scrivo da in cima ad una roccia che si sporge su una gola dove più in basso scorre un impetuoso torrente.
La cosa che mi faceva sorridere era la fila di taxi che salivano con solitamente due persone a bordo rigorosamente Yankees ed apparentemente votati all'avventura. 
Ma la Lonely Planet è l'avventura o no?
Ci vuole una certificazione, un istituto di certificazione indipendente e se possibile saltare con il taxi le aree della città in cui magari qualche domanda c'è la si può porre.

giovedì 9 novembre 2017

Francesco

Qualche giorno fa ci ha lasciati Francesco Cocco
La forma vorrebbe dicessi collega ma credo che credo che un uomo non si distingua tanto per il tipo di lavoro che fa ma per come lo fa e soprattutto per la passione con cui lo fa. 
Che sia architetto, pittore, scultore, muratore, agricoltore poco importa; importa che passione ci metti in quello che fai.
Lo avevo sentito qualche giorno prima quando il caso mi aveva riportato nel suo rifugio di Giazzera dove avevamo condiviso molti anni or sono, discussioni, pensieri ed immagini. 
La sua voce era viva e piena di progetti come al solito e ci siamo ripromessi di ritornare assieme a Giazzera. 
Conobbi Francesco quando dopo gli anni di Milano, tornai a Rovereto con mille idee per "cambiare le cose". L'urbanistica, fatta dalle imprese edili e dalla massimizzazione dei profitti. 
Studiai il PRG del '71, esaminai i nuovi interventi, criticai l'intellighenzia del tempo fra cui ci misi Francesco. 
"te ga resom!" mi disse un giorno nel suo studio in via san Giovanni Bosco e così diventammo amici! 
Ecco una caratteristica di Francesco rara da trovare negli uomini: non era per nulla invidioso, rancoroso. Anzi! La critica diventava per lui fonte di crescita e evoluzione, stimolo per il nuovo. 
Comprammo una casa assieme in vicolo Tintori che poi diventò tutta sua.
Oggi ripenso a quel periodo ed in fondo mi dico che misero fallimento! L'urbanistica è sempre quella anzi forse solo peggiorata se ha ancora valore parlarne. Ripenso al piano di Francesco del '71 e rivedo le sue intuizioni che solo oggi e forse nemmeno oggi, si comprendono. La strada di gronda da Sant'Ilario a Lizzana spazzata via da piccole speculazioni. La destinazione a verde dell'area BIMAC e non solo. Tutte cose che oggi possiamo toccare con mano per la fragilità di quanto fatto rispetto al pensato di Francesco.
Dietro ad una intuizione Francesco sapeva mettere insieme progetti, mattoni, vetro, ferro, argilla, tele per arrivare al risultato.
"l'architettura è fatta di spigoli dove si sbatte la testa!" 
Quando gli rubarono proprio in Giazzera, alcune opere era incavolato come non mai e non penso per il valore ma perchè i ladri gli avevano sottratto la materia del suo pensiero che in fondo per Francesco era come rubare l'anima.

giovedì 8 giugno 2017

Jan

Ieri sera mi sono fermato in un posto bellissimo in Prussia orientale. 
La casa era un capanno di caccia di non ricordo più quale ricca famiglia prussiana.
Jan l'attuale proprietario, ci ha impiegato cinque anni a restaurla e dal risultato credo ci abbia messo tutta la sua vita i suoi soldi e forse anche l'anima. 
Era così felice di discutere di intonaci di creta, di pietre, di legno, di finestre che una volta iniziato non abbiamo più finito di parlare, confrontarci ed imparare. 
Ecco che cosa vuol dire inclusione!
Jan ha osservato come i suoi nonni fossero nati nello stesso regno dei miei genitori nonostante i più di mille km di distanza. 
Poi mi ha raccontato di questa parte d'Europa. 
Della povertà che esiste perché prima c'erano i latifondi tedeschi che dopo la guerra sono stati distribuiti a poveri contadini che arrivavano qui da quella che era una regione ancor più povera e che oggi è l'Ucraina ma prendendo possesso di case non loro temevano ancora di dover restituire e lasciarle e muoversi ancora sotto gli ordini dei potenti.
Storie infinite che pochi conoscono ed immaginano. 
Poi abbiamo iniziato a parlare di attualità. Di Europa, di medio oriente, di Africa, di Donald ed improvvisamente mi sono sentito a casa. 
Stessi punti di vista, stesse speranze!
Bhe che volete vi dica è questo quello che spero nonostante i Salvini i Grillo le Beate gli Orban cose che io chiamo paure ed in cui purtroppo si incaglia alle volte l'immaginazione di un Europa ed un mondo migliore.


sabato 3 giugno 2017

Heinz

Ieri in un paesino sperduto mi sono fermato avendo trovato aperto quello che possiamo definire un bar. 
Il paesino si chiama Csakta ma non è in fondo importante.
Sono entrato: ho guardato nel frigo e sembrando non il caso di passare alla birra ho chiesto Fanta. L'oste mi ha mostrato un bicchiere per determinare la dimensione ha chiesto 350 fiorini che ho immediatamente pagato aprendo la mia mano piena di monete.
Sono uscito per gustarmi un po' di refrigerio e riposarmi sulla panca.
Un uomo è uscito subito dopo me! 
Mi rivolge la parola e mi sorprende per il perfetto inglese.
Incominciamo a parlare. La prima ipotesi è un ungherese che ha lavorato in Inghilterra.
Sbagliato! Niente di più. 
Lui è un austriaco di Salisburgo, ha lavorato in Sud Africa e negli USA. 
"Ma che ci fai qui? Una donna ungherese?" 
Lui sorride e comprendo di aver visto bene.
Lui sorride mostrando i tre denti che gli sono rimasti e respirando con un fischio che dice molto dei suoi polmoni come la sigaretta che ha in mano.
"Ed ora? Dove è questa fortunata donna che è riuscita a fermare un uomo come te in questo buco." Lui mi guarda e dice: "now i am alone! I am happy to be alone! My ex wife is happy and her lover too! Everybody is happy! It's not so bad this place, excuse me I must go inside! I need a beer!" 
Una vita in tre parole. Mi incammino triste! 
Ciao Einz.

sabato 25 marzo 2017

Ahmed

Lui saliva con passo sicuro lungo il sentiero pieno di ostacoli. Lo seguivo ansimante con un po' di difficoltà ma la felicità di salire in compagnia dava energie inaspettate. 
Mi accompagna a casa sua. Un the, un saluto alla giovane moglie ed al piccolo Mohamed
La casa! Una stanza posta a dirupo sulla valle dove basta un passo falso per precipitare. 
Per varcare la soglia c'è un masso alto quanto il piccolo Mohamed e comprendo i segno rossi sulla testa. Arte di salire questi impervi monti che si impara sin da piccoli. 
Lui si cambia le scarpe, prende uno zaino che di tecnico non ha nulla, fa una carezza al piccolo figlio e giù per il dirupo come uno stambecco. Io sempre ansimante dietro. 
Ci avviamo su per la valle che come le nostre valli è fatta di sassi, rocce e piccoli prati verdi salvati da muri pazienti.
Dopo un po' incrociamo alcune bambine di ritorno da scuola con i loro zainetti vuoti e i fazzoletti sul capo. 
Ahmed sorride con i due denti che gli sono rimasti. Una delle bimbe è la figlia che per un attimo si scosta dalle amiche ed attende il padre.
Parole berbere ma potrebbero essere in qualsiasi lingua perché si comprendono con il cuore. 
Ahmed scosta il fazzoletto della figlia per poterla accarezzarle i capelli neri con infinita dolcezza. 
Poi riprendiamo a salire ed io resto con infiniti pensieri.




Aggiornamento del 03/04/17 ore 21:54

Questa sera mi ha fatto uno squillo Ahmed! E chi è vi chiederete ma lui è l'uomo che mi ha trascinato sul Toubkal! L'ho richiamato! Mi è venuto un gruppo alla gola pensando alla sua semplicità piena di generosità. Quanta strada debbo fare e quanto da imparare. Potessi gli darei l'attestato di guida alpina. Perché al di là delle indubbie capacita alpinistiche Ahmed unisce una attenzione per i monti, per i suoi sentieri e i giovani che vi salgono. Soucran Ahmed uomo di montagna!