lunedì 25 novembre 2019

Leno incazzato ed altro

Questa mattina la pioggia ha dato tregua così dopo due giorni di scrivania, ho messo due cose nel zaino e via.
Mi era venuta voglia di ascoltare il Leno incazzato. Finalmente qualcosa che si incazza in questa triste, monotona, pacifica cittadina dove il non accadere nulla, se non i mercatini di Natale, sembra la costante da troppi anni.
Ho lasciato la moto a San Colombano un po' per rendere omaggio ad un prode la cui festa era qualche giorno fa, che più o meno 1500 anni fa parti dalla remota Irlanda per venire a "convertire" i barbari Longobardi che abitavano il nord Italia attraversando tutta l'Europa per finire i suoi giorni in un luogo che amo molto sempre per via di un fiume sempre splendido ed incazzato.
E poi cavoli sempre qualcuno che da fuori, persino dal nord non bastano quelli del sud, ci viene a dire cosa fare a casa nostra...!
Ho camminato lentamente lungo il lago di San Colombano osservando il livello massimo possibile e ascoltando il fragore dell'acqua.
Arrivato all'altezza della sorgente di Spino ho attraversato il Leno dove un ponte rimane sempre incomprensibilmente sbarrato da parte dell'ASM e che costringe i viandanti ad inutili peripezie per arrivare dalla parte opposta dove scende dai Lombardi una stradina sino a San Colombano dimostrando che vi è una storia un tempo più conosciuta di oggi.
Al di là del Leno ho vagato un po' sapendo di non aver vie di uscita verso il fondo valle sicuramente tutto vigilato dall'incazzato Leno.
Dopo un po' complice la vegetazione rada, ho notato un muro di sassi un po' più a monte.
Incuriosito mi sono avviato sapendo che in quel luogo campi non sono possibili.
Il muro ho capito, sosteneva una traccia di sentiero e così mi sono addentrato seguendo le tracce di un camoscio. Dopo un po' mi son reso conto che pur avendo la testa dura io proprio un camoscio non sono e rischiavo di scivolare giù fino all'incazzato Leno. Così ritornato al muro ho per scrupolo, provato a seguire un'altra traccia che un albero all'inizio sbarrava e che il camoscio ed io non avevamo avuto voglia di superare.
Magia! Quella flebile traccia ho capito subito essere una antica strada e guardando la mappa elettronica ho capito che avrebbe portato ad Albaredo i cui abitanti in passato evidentemente scendevano all'incazzato Leno molto più spesso di quello che fanno oggi.
La strada c'è. Ormai a remengo come molte cose che appartengono al territorio e che nulla rendono economicamente e che un insana avversione alla storia o radici se preferite, vengono abbandonate.
Ero felice di questa scoperta. Vorrei gridare alla bellezza di queste opere collettive che un individualismo insano ha dimenticato.
Seguite le tracce della storia, degli uomini che con pochi sassi, qualche piccolo scavo riuscivano a scendere per 500 m do altezza senza che oggi non ne sia lasciata traccia nonostante l'impervio luogo.
Oggi il Leno è incazzato, lo sono anch'io perché queste opere d'arte del nostro territorio sono lì a morire come come fossero altro da noi.
Ad Albaredo dove sono seduto ora, ho trovato finalmente aperta la chiesa intitolata a San Giuseppe. Ho sorriso osservando la pittura che sta nell'abside e che ritrae, oltre alla sacra famiglia, 6 chiese. Una è San Pietro a Roma ed una San Giuseppe ad Albaredo! E che diamine in Vallarsa non sono secondi a nessuno.









mercoledì 20 novembre 2019

cena

Un po' di sere fa sono stato invitato a cena da amici polacchi che a sua volta avevo ospitato qualche tempo fa a Rovereto.
La comunicazione non era facile soprattutto per via delle difficoltà linguistiche che si basavano su lingue terze come tedesco ed inglese.
La serata è scivolata via fra i pochi ricordi condivisi, un monte, una visita ad un santuario, Madonna della Corona, che mi avevano proposto e mie curiosità di come si viveva al tempo della cortina di ferro.
La loro splendida ed ultima arrivata di due anni mi catturava per il suo sorriso, la sua curiosità e l'assoluta mancanza di qualsiasi lamento ed anzi con quella felicità che solo i bimbi riescono a regalarti. Certo anche i tre fratelli maschietti più grandi erano perfetti e mi chiedevo se il sorriso della sorellina era proprio dovuto a loro oltre evidentemente si cheti genitori.
Comunque non era di questo che volevo parlare quando ho iniziato a scrivere.
La cosa che più mi ha sorpreso e all'inizio anche imbarazzato un po' è stata da parte dei miei ospiti, mostrarmi i vecchi album fotografici.
Prima quelli dei tempi della scuola, della comunione, della famiglia riunita a Natale, dei regali, degli inverni con i pattini ai piedi o delle estati trascorse sul mar Baltico.
Poi il giorno del matrimonio: la cerimonia prima in comune perché per i comunisti non doveva esserci confusione, poi in chiesa. L'abito diverso della sposa per le due cerimonie, perché per la gente non doveva esserci confusione, poi la benedizione, il bacio.
Le foto di gruppo in cui a malapena conoscevo due persone ma che mi venivano descritte.
Poi la cena ha portato via quei ricordi lontani ma mi è rimasta dentro una sensazione di gratitudine per una condivisione che pur lontana mille miglia da questa condivisione social ne è forse l'antisignana e senza forse, più intima e vera.

lunedì 18 novembre 2019

Tre fratelli

Tre fratelli un giorno andarono assieme a caccia ma presto si separarono per inseguire diversi animali. Uno Cech andò ad Ovest inseguendo un cervo, un altro Rus, andò ad Est inseguendo un bisonte ed infine il terzo Lech andò a Nord inseguendo un aquila.
Dai tre fratelli narra la leggenda, presero vita tre popolazioni che abitano queste terre.
La prima è la Cechia la seconda la Russia e la terza la Polonia. Ora queste popolazioni hanno forse dimenticato di avere un unica matrice ed anzi si guardano alle volte in cagnesco come peraltro è anche normale per molti fratelli.
Ma che volete io amo le leggende perché raccontano i sogni e ci fanno vedere oltre la realtà.
Ieri mi sono seduto in questo parco dove stanno tre grandi querce che portano il nome dei tre fratelli. Ho guardato, ammirato l'imponenza di quegli alberi centenari.
Quello che chiamiamo Cech pareva ahimè quasi morto mentre Lech era spezzato in due ed una parte a terra. L'unico che troneggiava ancora era Rus. Mi sono chiesto se la natura non avesse mai imparato a leggere la storia?



giovedì 31 ottobre 2019

casetta

Venni qui ormai molti anni fa, ad inseguire una storia che poi si perse fra le dune di sabbia spazzate dal vento.
Oggi ho percorso nuovamente quel tratto di mare: ho fiutato il vento terso, ho camminato sulla infinita spiaggia di sabbia, ho guardato quei palazzi brutti nel loro insieme che costeggiano il mare come in tutte le spiagge che chiamiamo sviluppate. Mi sono seduto su una panca dell'improbabile colore del cielo come i lampioni che sembrano tante braccia spezzate nel vento.
Ho ricordato quell'unica casetta di mattoni che resiste all'assalto della speculazione ed è stata questa resistenza come di quella storia di un tempo, che ha gonfiato il mio cuore che prova a resistere al tempo ed alle nostalgie.

lunedì 28 ottobre 2019

prospettiva

Questa mattina, dopo il solito caffè, mi sono affacciato alla finestra ma non c'era lo Stivo con le sue cime e il suo ghiaione ad accogliermi. C'era un canale, qualche chiatta e una specie di torre faro di mattoni.
Cambiare prospettiva non è niente male, fa bene alla mente che osserva, compara, valuta e ne trae il meglio o almeno così spero.
Poi io e Marta, mia figlia, siamo usciti. L'ho accompagnata al lavoro ed io ho preso un tram e sono andato verso il centro. Anch'io al lavoro finalmente, imbianchino in questa bassa Olanda.
Mi viene alla mente quella profuga siriana incontrata sulla via balcanica in mezzo a fango, freddo, dolore e il cui desidero era venire in Olanda. Chissà se ci è arrivata?
Molte domande rimangono senza risposte e ci inseguono per sempre come i volti e le storie che solo per un attimo abbiamo sfiorato ma che in noi rimarranno per sempre.
Ho camminato poi. Ho visto i motorini sulle piste ciclabili con la gente senza casco dato che qui bici e motorini sono equiparati.
Ho visto la raccolta delle immondizie dove si separa solo il vetro, la carta e la plastica mentre tutto il resto va nell'inceneritore.
Ho letto del voto umbro ed ho incominciato a temere che magari se si va avanti o indietro così me ne andrò dallo Stivo, dai suoi ghiaioni e dalle sue cime ma certo non per venire qui nella bassa Olanda ma per cercare altri monti ove di comprende che la diversità di volti e di paesaggi è ricchezza.

martedì 24 settembre 2019

lusso

Poi dopo i soliti capannoni uguali in ogni parte, i soliti marciapiedi che iniziano nel nulla e nel nulla forniscono, le solite strade larghe quanto basta a non portar via terreno edificabile, le solite case allineate per poche famiglie che subìto si scontrano con altre diversamente allineate per altre famiglie, dopo tetti che vanno di qua e poi di là e poi in sù e poi in giù senza nessuna regola se non quella del caos ma nemmeno tanto caotico da sembrare rivoluzione, dopo arredi urbani fatti di ferri piegati, raddrizzatti, curvati e dipinti di un bianco che ne esalta il nulla compositivo, dopo mille altre cose giro l'angolo e là nel grande spazio vuoto c'è lui l'anfiteatro romano con per scena le mura di una città incantata.
Mura case su su loggie e piazzette e stradine.
Ridateci i romani; ridateci il medioevo perché di questo lusso del cavolo non so che fare.

Pietralunga

Sto seduto nell'unica parte piana di Pietralunga! La piazza che diamine. Monumento ai caduti nel mezzo, solita architettata che scende ad un teatro improbabile che in antiche tradizioni greche vorrebbe attingere ma che come tutti i compiti malamente copiati è da buttare.
Chiude la prospettiva verso le nuove realizzazioni una splendida torre che mi han detto essere longobarda e che a me ha richiamato altre torri per sobria e possente eleganza. Alle volte mi chiedo perché mai oggi non siamo capaci di esprimere in architettura ma forse anche nel resto, con sincerità quello che siamo come i più pratici longobardi facevano. Forse perché di valori o princìpi siamo scarsi.
Ieri l'ultimo chilometro è stato duro! Erto pieno di scale e salite che mi facevano ansimare sotto una pioggia persistente. Capivo il luogo! A piedi si comprendono i luoghi. La fatica che eventuali invasori dovevano fare sotto una pioggia di ben più micidiali frecce e sassi ed altro.
Poi la piazza piana. Alessandro che con barba e sorriso ti accoglie nella sua trattoria sin troppo raffinata per turisti stranieri che si accontentano di superficialità. Mi chiedo se prima di servirli bisognerebbe insegnare loro la storia, l'arte che sta dietro ad un semplice cibo così come sta nella longobarda torre.
Se vendessimo questo tutto sarebbe avanzo primario. Mi piace ci siano giovani che rischiano, si impegnino: buona fortuna LocAle.

domenica 22 settembre 2019

Piero della Francesca

Ho appena lasciato la Toscana ed in particolare la sua grande provincia di Arezzo con montagne e foreste senza fine.
L'ingresso in Umbria non è dei più significativi anche perché oggi ho scelto il percorso basso per riposarmi almeno un po'.
Questa mattina sono andato a visitare alcune significative opere di Sansepolcro ed ho provato a fare improbabili accostamenti che solo il nome suggeriva con il Sacro Sepolcro in Gerusalemme.
Debbo dire che la forte sobrietà ed il rigore compositivo del Duomo mi hanno incantato tanto da voler quasi abbracciare le possenti colonne che finivano in preziosi capitelli.
Poi ho camminato lungo la Fortezza medicea e l'abbandono osservato mi tormenta. Com'è possibile mi chiedo continuare ad urbanizzate per inutili capannoni e lasciar morire tanta forza.
Più in là c'è il museo Civico dove sta Piero della Francesca: la Ressurezione!
Mi sono seduto sulla panca forse posta a troppa distanza ed ho osservato: a lungo!
Non sono un critico ma quella bandiera crociata forse più per recenti visioni mi ha tormentato ed alla fine mi sono sentito esausto come uno dei soldati che stanno dormienti alla base.
A mio modo di vedere il museo poi mette assieme un po' troppe cose ed epoche creando confusione a chi guarda.

martedì 17 settembre 2019

cinghiali

Mi riscaldo un po' dalla fresca alba con un caffè che solo nel colore e calore assomiglia a quello vero.
Seduto sulla panca ascolto il vento accarezzare le foglie. Aspetto i primi raggi di sole che da un profondo rosso si sono fatti annunciare.
Lo zaino è lì che aspetta di essere riordinato.
Il sacco a pelo dentro in baracca ancora ma ne sento ancora il calore che mi ha coccolato tutta la notte.
Non ricordo se i versi dei cinghiali hanno un nome come quello dei maiali che se ricordo bene "grugniscono" ma vi assicuro che mai come questa notte ho ringraziato di essere fra quattro assi di legno con un chiavistello di ferro. Penso a cosa poteva accadere se fossi stato in tenda.
Ieri dall'ultimo raggio di sole a questa mattina al primo altro non è stato che un grum grum grum...uhm uhm uhm...avere un amico che ronfava vicino sarebbe stato più lieto.
Devono essercene proprio tanti qui in giro ma ora sono spariti od almeno non si sentono mentre il primo sale mi accarezza il volto.
È ora di ripartire!

domenica 15 settembre 2019

Savonarola

Ci sono tre cose che vengo a rivedere ogni volta che arrivo a Ferrara. Dovrei aggiungerne una quarta ed è la casa dei miei amici ferraresi che ormai frequento da anni e con i quali condivido molto.
La prima cosa che vado ad omaggiare è il Savonarola! Lì in piazza vicino al castello fra bancherelle un tempo di frutta ed oggi di monili per turisti affaccendati. Savonarola si il principe dei rompicoglioni, lasciatemi dire, ma differenza degli attuali, capace di pagare il prezzo per il suo dire e rompere. Mi accorgo sempre più leggendo come la storia nella realtà dei principi muti di poco. Anzi. 
La seconda è l'angolo del palazzo dei diamanti. Ho come l'impressione che tutto quel palazzo fu realizzato solo per quella colonna d'angolo e per quel balcone tanto bello quanto in realtà inutile. Poi le guide vi illustreranno i diamanti rivolti in su ed giù e mille altre cose ma a me rimane come una carezza sul volto quel balconcino d'angolo. 
Alla fine mi sposto a Piazza Ariostea. Mi siedo su in alto e guardo quello spazio di città che solo quando sei dentro vedi nella sua bellezza quasi a contraltare del balconcino una quadra più in là. E penso all'Ariosto ai sui figli alla Lunigiana dove andò per rimediare denaro.e che non amava per via dell'erto.... 
Mi affascina stare seduto e guardare tutto questo. Oggi so che ci sono Sgarbiane polemiche sull'attribuzione al Rossellino de tali opere ma pensare che fosse un rosso di capelli pensare il tutto questo mi piace....ma Ercole d'Este era rosso anche lui...sorrido e poi anche i miei amici ferraresi sono, erano perdón, rossi di capelli!

montagna

Leggo spesso lamenti da parte di esperti di montagna circa la superficialità con la quale taluni si accostano ai monti. Leggo spesso l'invito di gestori di rifuggi che chiedono più sobrietà ai nuovi avventori. Leggo spesso, sempre più spesso di un assalto ai monti da una massa di turisti in cerca di emozioni.
Ma scusate? Chi ha voluto, programmato, incentivato tutto questo?
Lo sviluppo economico!
Sono stati costruiti impianti in ogni dove togliendo il termine fatica dal vocabolario del turismo di massa; si continuano a ferrare monti e pareti senza alcuna logica se non quella dell'emozione per la massa dei turisti togliendo il limite dell'inviolabile; si realizzano rifugi ove ormai quasi tutto è possibile salvo consumare un pasto ed una notte in silenzio.
Non c'è un nome a cui attribuire il tutto è il nostro vedere le cose che ci porta a questo ed ahimè anche di coloro che tentano di salvare l'antica integrità non facendo altro che creare l'humus fertile per nuove conquiste.
Non ci sono ricette ma nel mio vagare mi attengo a poche regole: non entro mai nei rifugi, non prendo mai un impianto di risalita, non mi arrampico su per nuove ferrare o ponti tibetani.
Come ogni regola ci vuole un po' di saggezza nell'applicarla dato che di integralismo si può soccombere.
Credo che i monti non tanto alti, senza vette mozzafiato, con boschi lasciati andare, con piccoli o grandi salti di roccia, con pochi sentieri ufficializzati, con casine abbandonate siano il terreno ove fortunatamente la montagna riscopre se stessa.
Mio padre incarcerato dai fascisti difendeva la SAT come l'unica associazione libera di quell'epoca. Guardo e non comprendo dove mai sia andato quello spirito perso fra coperture imbarazzanti, agenzie viaggi per turisti di massa, e gestione economica di rifugi ormai trasformati in altro.

venerdì 6 settembre 2019

Calà del Sasso

Mi stavo chiedendo mentre scendevo da Calà del Sasso se una tale opera fosse mai possibile oggi? No! No! Troppe regole, troppi ingegneri, troppi architetti, troppi amministrativi. L'opera collettiva dell'uomo non è nulla alla cultura razionalista che trova nell'individuo il centro da cui muovere per comprendere. Così Leonardo, Michelangelo, Giotto e giù sono considerati e per carità lo sono, maestri artisti e le loro opere giustamente sonó protette, conservate, studiate e restaurate. Ecco la Calà del Sasso non sapendo a chi attribuirla e non avendo un nome e cognome da "mostrare" non è considerata alla stregua di opere come La Gioconda, La Pietà o la cappella degli Scrovegni. La Calà l'è la Calà! Centinaia di uomini, donne, bambini l'hanno realizzata e per questo non assume li stesso valore delle opere citate prima. Certo non possiamo appenderla ad un muro o metterla in una chiesa. La Calà prende l'acqua, ci passano uomini e donne che magari sono ammirati ma credo che se viene "venduta" come una strada da 4400 scalini proprio non ci siamo.
Si è una strada ma nessuno ingegnere sarebbe capace di tanto pensiero. Solo la fatica, la comprensione di come si possa alleviare credo sia l'idea artistica alla base.
Alessio su da dove parte mi ha detto che tutti la fanno in salita ma è evidente anche dal nome che l'opera prende significato maggiore in discesa.
Fattela in un giorno di pioggia e pensare di portare giù un carretto o meglio una slitta di legna.
I vostri piedi hanno bisogno di sostegno che impedisca a voi di scivolare e con voi il vostro misero redditto.
Così lo scalino a scendere avanza su e la cosa sembra strana ma provate oggi.
E poi la vostra slitta prima sta' a sinistra su una parte più liscia ma dopo un po' la spalla sinistra fa male così al tornante, passa alla destra.
Sono estasiato! Sono angosciato dal vedere come quel lavoro collettivo sia lasciato a remengo e non protetto come meriterebbe affinché i nostri nipoti ne possano comprendere il valore.
E poi nell'unico tratto dove è intervenuta la forestale per rimediare ad una piccola frana un disastro. Il passo si rompe, si cercano i lati in ghiaia e....bastava copiare ma anche a copiare ci vuole intelligenza altrimenti si rischia di copiare dal più ignorante della classe.
Salviamo la Calà dei Sassi. Scritto in una grotta lungo la Calà aspettando che spiova un po'.


PS: confermo confermo la dove si posto mano e non testa è impossibile camminare con la pioggia. Questa è la differenza fra un opera d'arte e una qualsiasi altra cosa: l'intelligenza dell'osservazione.

martedì 27 agosto 2019

box

Sono seduto su vecchio tronco di abete ormai ricoperto da fitto muschio. Dallo zaino ho tirato fuori il mio box magico ed ora mi gusto un cipollotto, qualche pomodorino, il pane raffermo da qualche giorno un uovo sodo ed un po' di formaggio provolone piccante.
Penso: nulla di tutto questo è prodotto qui vicino. Men che meno la birretta che accompagna il tutto. 
Guardo: Folgaria è solo un po' più in là. Ma distante da questo luogo come mai lo fu in passato. Qui i turisti non vengono non c'è nulla di "ecocompatibile" "biodiversità" "protetto dalle scienze e dall'ONU". Qui nemmeno l'avanzata, a parole, Magnifica Comunità che ancora non ha ancora ben compreso se fare riferimento alla Serenissima o alle asburgiche radici, è riuscita a mappare i vecchi sentieri, i luoghi, i capitelli che una "cultura" parolaia continua ad esaltare ma che nulla fa per conoscere e salvare dall'oblio. Il turismo ha i suoi monumenti, la sua cultura ma permettetemi, che c'entra il locus? Nulla: solo se è funzionale a turisti che nulla vorrebbero cambiasse per paura di vedere.
Prima ho incontrato un nutrito gruppo di operai che "proteggevano" con una assurda recinzione il sentiero che fra poco autorità e turisti si esalteranno a magnificare. 
Non allontanatevi da quel "percorso" potreste trovare dirupi, cascate, boschi, sentieri da muli che non c'entrano nulla con il turismo ma forse, sottolineo forse, con la storia e la vita di questi monti.

lunedì 19 agosto 2019

limite

La maggior parte delle montagne, come peraltro la maggior parte degli uomini, hanno diversi versanti di accesso. 
Qualche versante è facile, ci si arriva persino in carrozza, mentre c'è uno o più versanti apparentemente più nascosti ad una occhiata superficiale, ma che magari dominano l'intera valle e solo perché impervi si preferisce le strade più comode e rilassanti.
Anche per gli uomini è così. Quante volte ripercorriamo le stesse "strade" mentre lasciamo perdere quell'aspetto interessante della persona ma che ci chiede uno sforzo che all'apparenza pare inutile. 
Così come per i monti, si percorrono quasi sempre le stesse strade lasciando perdere al contrario quel sentiero magari un po' nascosto, che però ci porterà dentro oltre che su la montagna.
Poi ci sono dei monti di fatto inaccessibili le cui pareti da tutte le parti sono verticali lisce senza vie almeno all'apparenza. Penso al Cero Torre alle Torri del Paine al nostro Campanile Basso. 
Anche alcuni uomini sono così. Ma: ma gli alpinisti amano quelle sfide e così anche quei monti che in me incutono solo rispetto vengono violate in una continua rincorsa alla "conquista" che a mio modo di vedere, ha il sapore dell'incapacità umana di rinunciare all'infinito pensando che la materialità della "conquista" riempia chissà che.
Poi dopo le conquiste dei primi la macchina del turismo si mette in moto e l'anche io, anche io fa si che quelle "conquiste" altro non siano che il prologo alla massificazione. 
Monti? Si certo ma pensate per un attimo come l'atteggiamento che riteniamo consono per i monti sia applicato agli esseri umani. 
Dominare; dichiararsi primi; emulare la voglia di potere su qualcosa, il monte, come su qualcuno, il diverso.
Magari pensiamo nobile l'una cosa e non corretta l'altra ma in fondo credo che l'atteggiamento sia il medesimo. 
Amo tutti i monti anche quelli almeno alle mie forze, inaccessibili perché come per l'umanità che ci circonda la complessità di ogni monte come di ogni uomo è la ricchezza medesima. E anche se qualche monte non riusciamo a violarlo va bene come va bene se non riusciamo a sentirci più forti degli altri esseri umani. 
Cercare le strade non banali, guardare la complessità ed avere la coscienza del limite e quindi del ritorno vale per i monti e vale per gli uomini.
Scrivo, scrivo ma oggi non ho rinunciato alla vetta!

mercoledì 14 agosto 2019

team

I primi cento metri sono durissimi. Le gambe non vogliono saperne di iniziare a faticare; anche polmoni e cuore incominciano a preoccuparsi conoscendo quel cretino di cervello che invece di rilassarsi con un po' di Internet, social ed amenità varie ogni tanto pretende di fuggire là dove solo il vento suona.
Anche le braccia si lamentano: "da quando ci imponi di usare qui bastoncini non siamo più in pace!" Le gambe ridono: "quelle lassù non sanno cosa sia la fatica! Al massimo il peso di una matita hanno portato ed ora si lamentano pure." Gli occhi guardano su! "La smettete di spaventare tutti come fanno i populisti?" Dicono tutti gli altri pezzi informati che il sentiero sarà ripidissimo. Le gambe ormai fanno silenzio e lavorano come quando erano giovani. I polmoni provano a tenere il ritmo ma con difficoltà. Il cuore sta' lì non dice nulla ha fiducia nella saggezza della mente anche se la teme conoscendola da anni. 
Le bocca è umida di saliva chiama acqua e la lingua un po' fuori per aiutare i polmoni, si asciuga subito. "Ma si acqua ora? È troppo presto! E le spalle non né portano molta oggi. Più tardi!" impone il cervello. L'unico che non si lamenta è il naso! Ascolta e si riempie dei profumi verdi del bosco. 
Vai Fabio! Più di 500 m. di ascesa in un ora! 
La memoria ride! "Non esaltarti" afferma: "Quando eri giovane ne facevi 600 e più e i polmoni non "rompevano" come ora: sentili!"
"Però ragazzi" dice la memoria:" se non ricordo male c'è una Madonnina più avanti! Arriviamo sino lì che dite?" "Ma sei sicura? Di te non ci fidiamo tanto persa come sei nei ricordi di un amore e nelle troppe strade percorse" "siete i soliti: non capite una beata Eva! Solo all'oggi pensate! Se non ci fossi io ad accompagnarvi sapreste quante cose vi sareste perse!" "La solita permalosa!..." Poi gli occhi si fermano, guardano la Madonnina, guardano lontano nella valle e tutti brindano felici con quella acqua che tutti ricorderanno più del prosecco di ieri! "Va bhe dice lui! Fammi fare almeno pipì dato che proprio non ci pensi più a me! E sì che sarebbero tutti pronti a darmi un aiuto!" "La smettete dice il cuore che lento è tornato a comandare!"

giovedì 8 agosto 2019

vetta

Quest'oggi mentre arrancavo su per un erto versante di un monte con la speranza di trovare una via di uscita per la vetta, riflettevo come la salita di un monte altro non sia che la condizione che ci accompagna nel vivere. 
Alle volte, come oggi, il percorso si preannuncia subito difficoltoso. I traversi aerei richiedono la massima attenzione, il terreno erto con sassi per nulla fermi richiede il massimo dell'equilibrio, l'ambiente selvaggio senza rassicuranti segni di presenza umana ti incutono ancora più timore. 
Poi il monte si chiude: quello che ti sembrava facile diviene sin troppo difficile così, con la ragione rimasta rinunci alla vetta ormai li vicina ma lontana come un amore che ti fugge via.
Alle volte invece la montagna come un amore che ti vuole, ti fa trovare l'appiglio giusto la dove non lo aspetti, ti accompagna su una cengia non vista, ti mostra gli ultimi passaggi per la vetta. 
Ma: ma non oggi e "quella mela che non riuscisti a cogliere sta lì solitaria" e inaccessibile come deve essere per le cose preziose o forse solo non alla tua portata....
Ci riproverò.

domenica 28 luglio 2019

Monastero

La guerra era appena iniziata! Le battaglie degli uomini in armi sono solamente la sconfitta temporanea degli uomini di cuore. Piano piano si costruisce qualcuno da temere, da odiare e poi quando sembra facile vincere la paura che sino ad allora si è alimentata si attacca. 
Si prendono le armi e tutto cambia ma forse no perchè il silenzio di chi vedeva quell'odio crescere e nulla faceva per chetarlo diviene colpa a cui si cerca rimedio con la nuova azione.
Le strade che prima servivano per collegare uomini ora diventano percorsi attraverso i quali costruire muri. E quei muri di parole, di odio, di astio diventano muri di pietra, di filo spinato, di fuoco. Il silenzio verso quei muri di parole è silenzio per tutti gli altri muri.
Vedo quella strada con macchine abbandonate qua e là. Vedo cumuli di terra che costringono a un zig zag per avanzare. Vedo barriere divelte, sparse a terra. Non vedo uomini o donne o bambini che percorrono quella strada. Vedo immondizia spara ovunque: in guerra tutto è lecito che sarai mai l'essere come bestie. 
Improvvisamente uno slargo: sporco, disordinato, con qualche macchina abbandonata come tutta quella strada di guerra sin lì percorsa.
Un muro di pietre interrotto da un ampio portene di legno e lontano un campanile che dice di una fede forse lì ancora presente. 
Entri e: e un altro mondo ti appare. Il prato è curato ed vialetto è accompagnato da alberi posti a distanza regolare. Nulla fuori posto. Il fiume è entrato da monte ed ora veloce esce fra due argini esce veloce per tornare a combattere la guerra che sta fuori.
La chiesa circondata da lunghe case basse dove qualche monaco si ostina a pregare mentre fuori si combatte. 
Silenzio: solo i suoni del fiume, della campana lenta e degli uccelli di cui son pieni gli alberi come di frutta.
Quel giorno capì in un attimo cosa fosse stato il monachesimo per un povero uomo del medioevo. Luogo dove conservare umanità, luogo in cui conservare arte, luogo in cui conservare pace. 
Ci volle una guerra vera a farmi capire e sapeste cosa darei a che le mie povere parole passano far comprendere quale barbarie stiamo lentamente costruendo ed a cui non ci opponiamo perché forse ci siamo dimenticati della nostra storia, del nostro essere uomini senza le mille paure che ogni giorno ci infliggono per non farci vedere la verità.


giovedì 25 luglio 2019

mercoledì 17 luglio 2019

M49

Ho camminato solitario ed a lungo per diversi monti di questa nostra terra. Di solito lo faccio in luoghi poco esplorati od almeno la dove non è giunto il turismo di massa che sembra "arricchire" le contrade ed ahimè lo fa con il denaro spazzando via la ricchezza delle culture che con quelle terre hanno sempre vissuto.
Nel cammino c'è sempre una sorta di emozione per la "sfida" che stai compiendo conscio che qualche cosa potrebbe accadere a fermare o intralciare il tuo cammino. 
Può essere un banale scivolone, un incontro con qualche animale piccolo o grande che sia, che ti può aggredire. 
E' una paura atavica che posso comprendere, ma direi che a me non è mai accaduta. 
Ricordo che camminando nelle alpi Dinariche fra Macedonia del Nord ed Albania trovai un pastore che mi disse "là ci sono gli orsi ma sono tranquilli però questa sera rientra prima dell'imbrunire perchè ci sono molti lupi e tu per loro potresti essere una buona cena".
Non vidi ne orsi ne lupi ma imparai da quel pastore senza nessuna "istruzione" che gli orsi se lasciati in pace non sono per nulla aggressivi, ed i lupi hanno i loro "orari" di caccia che iniziano all'imbrunire. 
Vi dirò che l'unico animale che ho imparato a temere è il cane e direi più precisamente il suo padrone! 
Sono stato morso tre volte e sempre il "padrone" non si capacitava come la sua "creatura" lo avesse fatto insinuando che forse ero stato io a provocare! 
Di cani "pericolosi" ce ne sono di due tipi: quelli da "guardia" non controllati dai padroni e quelli da pastore che proteggono il gregge dagli intrusi. I primi si trovano solo nella nostra società ricca che si lamenta di tutto mentre i secondi si trovano nei paesi ove la pastorizia ha un senso economico reale e quindi nei paesi più poveri. 
Io sono stato sempre morso dai primi seppur "circondato" molte volte dai secondi. 
Prendendo spunto dalla vicenda dell'orso M49 vorrei far osservare come la stessa "passione" messa contro un povero orso mai sia stata usata "contro" i padroni dei cani che lasciano le loro "creature" libere di scodinzolare per i monti disturbando la fauna ivi presente compresi orsi e lupi e qualche umano. 
C'è una norma che prevede che i cani vadano tenuti al guinzaglio e vorrei chiedere quante contravvenzioni siano state comminate nel Trentino più Trentino. 
Io lo stesso principio che Fugatti applica all'orso M49 potrei iniziare ad applicarlo per i cani lasciati liberi: quelli si sono pericolosi!

giovedì 6 giugno 2019

proprietà transitiva

Questa sera verso l'ora di cena hanno suonato alla porta. Ero un po' sorpreso dato che non aspettavo nessuno.
Ho aperto ed è apparso Hamrin! La sorpresa è stata grande dato che Hamrin di solito si presenta il sabato verso l'ora di pranzo ma oggi è giovedì.
Gli ho augurato Eid mubarak essendo appena finito il Ramadan. Lui al solito mi ha salutato con una benedizione e tre baci sulle guance.
C'era qualcosa di insolito in lui e poi mi sono accorto che non aveva il solito borsone con cui gira in cerca di qualche soldo per sopravvivere lui qui e per far sopravvivere la moglie e i tre figli in Marocco.
Non so quanti anni sono che conosco Hamrin: molti. Lui viene mi abbraccia e si siede. Mi chiama Abufilippo e sorrido sempre, se ho della coca-cola ne prende un bicchiere. Qualche volta un po' di tonno e questa sera avrebbe voluto un po' di pasta ma era una amatriciana e così visto il maiale, è si è accontentato di un frutto.
Di solito parliamo. Lui mi insegna qualche parola in arabo ora sto cercando di memorizzare "hamar" asino, che visti i tempi servirà sicuramente. Ma sono tante le parole che insegna ripetendole ogni sabato per verificare la mia memoria.
Quando gli dico che sarebbe ora di tornare in Marocco e che non credo qui possa trovare un radioso futuro lui non dice nulla. Poi gli ricordo la moglie da sola laggiù e lui batte la sua fronte con il palmo della mano ed un sorriso fa capolino fra i denti ormai marci. Lui mi domanda quando pago una camicia! Io mi rendo conto della mia fortuna e della mia ricchezza.
Alla mia domanda insistente del come mai fosse arrivato da me questa sera dopo qualche insistenza mi ha confessato che a Drò i carabinieri lo hanno fermato e contestandogli il borsone e l'assenza di una licenza di commercio gli hanno sequestrato il borsone.
I carabinieri lo hanno convinto di essere fortunato dato che lo lasciavano andare senza dargli una multa di 650,00 € per via della mancanza della licenza. Il sequestro del borsone era sufficiente.
Ho chiesto ad Hamrin se le forze dell'ordine gli avessero fatto un verbale circa l'infrazione ed il sequestro ma evidentemente no altrimenti sarebbe scattata la multa di cui sopra.
Naturalmente Hamrin ha provato a risolvere il problema venendo da me ma mi chiedo perchè mai io dovrei rimediare le cazzate di ordini provenienti dall'alto.
Hamrin non ruba, ha un regolare permesso di soggiorno e a me non ha mai venduto nulla. Forse qualcuno non comprende che il borsone è una scusa per chiedere aiuto facendolo sembrare commercio.
Sono affranto.
Se le forze dell'ordine hanno tempo da buttare per "inseguire" Hamrin mi pare evidente che gli evasori fiscali possono stare sereni in fondo a loro non si applica nemmeno la proprietà transitiva così puntualmente applicata ad Hamrin.
Del tipo: se hai una Mercedes, BMW e non dichiari un cavolo allora ti sequestriamo la macchina e ringrazia la buon anima delle forze dell'ordine che non ti fanno la contravvenzione!
Non se ne può più di demagoghi! Affondiamo che è meglio!

lunedì 20 maggio 2019

non ne posso più

Non ne posso più di quest'Italia cialtrona, parolaia, ingiusta, che protegge piccole furbizie, incapace di di giudicare con un minimo di saggezza, con una giustizia che si occupa ti tutto ma che non incide nella e forse si dovrebbe dire fortunatamente, nella vita delle persone. Non ne posso più di slogan e dell'assenza di realtà. Non ne posso più dell'assenza di futuro nelle nostre menti, nei nostri sogni. Non ne posso più della lentezza con cui si cambiano le cose e anziché progredire verso il nuovo ci si illude di ancorarsi al vecchio. 
Non ne posso più della gente che evade il fisco facendolo sembrare "di necessità" mentre fuggire dalla miseria la stessa gente lo considera un attacco alla propria libertà. 
Non ne posso più di questa nazione in cui i meno giovani come me godono di infiniti privilegi che negheranno un futuro ai nostri nipoti; non ne posso più nel sentire il lamento come questo mio, di questi privilegiati che badano al loro benessere immediato. Non ne posso più di di ascoltare comizi in cui si afferma "prima ....." o "no a....; non ne posso più di mille altre cose che quasi tutti noi sappiamo ma che non ci scandalizzano e che accettiamo. Non ne posso più di "giovani" che non si alzano e "brandiscono la spada ponendo fine a questa ingiustizia". 
Non ne posso più ma so che non c'è soluzione se non lentamente costruire una speranza che piano piano cambi tutto questo.

domenica 12 maggio 2019

Dobrila

Conobbi Dobrila nel settembre del 1999. Il mondo "normale" si preoccupava del "millennium bag". Lei quando le nostre bombe scendevano su Novi Sad, su Belgrado una delle città più antiche di Europa, ma che ahimè nessuno degli europeisti o sovranisti vuole in Europa, lasciò la tranquilla Parigi ed si presentò al Patriarcato prima che la "vendetta" potesse prendere forza! Le suore erano spaurite, non sapevano bene cosa fare e come spesso accade non conoscendo le lingue tutto si complicava. 
Dobrila venne ad accogliermi. Iniziammo parlando in Inglese ma poi, saputo che ero italiano passo subito alla mia lingua. Mi racconto del patriarcato, delle sue tre chiese, della sua storia, del trono del Patriarca, del Cristo Pantocrátor! 
Mi rapi! Perché era facile comprendere che dietro quella minuta creatura c'era una forza che raramente si trova. 
Mai un lamento della guerra, mai un lamento per se stessa. Il Patriarcato! La storia! Erano nel suo cuore e nella sua mente. 
Le mie obbiezioni circa le scelte di Milosevic non la riguardavano perché i "politici" passano ma le culture no, l'anima delle genti no. 
Quante discussioni sotto quel gelso che "sanguinava" succo di more come il mondo sanguigna di dolore. 
Dobrila mi insegnò la tolleranza, la comprensione della diversità senza servirsi di un odio che solo macerie produce. 
Me ne innamorai perdutamente quando un giorno arrivò al Patriarcato il solito generale US con codazzo di scodazzanti ufficiali, il generale (la figura di Trump rende bene l'idea) pontificava sulle "ragioni" della guerra e sulla "imminente" pace che "l'occidente" avrebbe portato. 
La minuta donna lascio che il generale finisse e poi con una gentilezza ed una forza che mai saprò raggiungere, lo mando in un angolo dove gli ignoranti e presuntuosi dovrebbero stare. 
Noi poveri Europei abbiamo come quel generale US, non compreso che i Balcani sono terra che va conosciuta, amata e "presa" dentro di noi. 
E come diceva qualche altro amico i Balcani sono un confine fra nord e sud, fra est ed ovest, fra religioni, fra culture, fra anime di uomini e che solo comprendendo i Confini possiamo vivere assieme in pace. 
Chi costruisce muri sono gli stessi che non vogliono la pace, il progresso la comprensione perché in fondo le genti sono come noi stessi.
Oggi di Dobrila conosco molto più la storia ma andrà racconta con saggezza ma oggi quella donnina esile è ancora più grande ai miei occhi.



venerdì 12 aprile 2019

otite

C'è qualcosa che non va in questo paese, in questo sistema. Probabilmente non riusciamo nemmeno più ad accorgercene ma se solo fai qualche comparazione, forse, ti accorgi.
Ma veniamo al fatto. Tornato dal mio ultimo viaggio ho deciso di verificare un dolore all'orecchio sx che da qualche settimana mi accompagnava nel viaggio. Il mio medico di base a cui mi sono rivolto nemmeno mi ha guardato e mi ha spiegato che da protocollo doveva mandarmi dallo "specialista". "Ma Bepo non set bom neanche de veder na otite?" Risatina: protocollo ed impegnativa. 
Oggi vado dallo "specialista" e naturalmente pago il ticket che calcolando il tempo che sono stato in ambulatorio corrisponde a circa 235,00 € l'ora e mi chiedo a quanto ammonterebbe comprendendovi il contributo del servizio sanitario. 
Nulla di che: "è tutto a posto" mi dice lo "specialista" prescrivendomi però due ulteriori esami che immagino abbiano un costo simile a sopra, ma che dai termini risultano attinenti più al mio udito che alla mia supposta otite. Ecco il girone infernale! Se vai da un medico ti ritrovi dopo un po' con una valanga di prescrizioni che hanno un po' il sapore di quando porto la mia vecchia Punto dal meccanico e mi dice che si dovrebbe cambiare questo e quello e quell'altro e che io puntualmente disattendendo aspettando il tempo in cui la mia vecchia Punto mi lascerà per strada cosa che da anni non avviene. Se sono come la Punto ci vuole altro per schiodarmi!
La ciliegina è che lo "specialista" mi dice che sono ok ma mi prescrive una pomata immagino onde prevenire mali maggiori.
Mi reco in farmacia e scopro che la pomata è un banale cortisonico che serve, per quanto ne so, a lenire il dolore ma non a risolvere la causa. Naturalmente il cortisonico non è mutuabile e quindi decido di lasciarlo sui banchi della farmacia. In fondo il sistema mi pare oliato per auto mantenersi ma non per risolvere i piccoli problemi. 
Da oggi ho deciso che non andrò più da un medico o meglio andrò solo da un medico "specialista" in cure palliative perché ormai abbiamo costruito una macchina infernale che accanto ad alcune eccellenze abbonda di una ricca povertà.

venerdì 5 aprile 2019

Storia 03

Eravamo rimasti al trasferimento in un nuovo campo da dove ancora nessuno era partito.
I soldati hanno le carte ed i mezzi io forse uno dei primi GPS. Mi accorgo che stiamo "invadendo" il Kosovo allora terra Serba. Franco sorride mentre lo riprendo per la sua "innata" voglia di conquista.
Ritorniamo, giriamo su per una nuova e polverosa strada.
Il campo è lì! Tende bianche, di forma circolare, non molto grandi con il segno della mezza luna rossa. Qualcuno mi dice sono turchi venuti anche loro ad aiutare. Penso alle centinaia di anni che qui sono stati qui. 
I soldati restano fuori entriamo Rossella ed io. 
Il capo missione turco ci accoglie gentilmente, ci presentiamo, spieghiamo cosa facciamo: portare i rifugiati in Europa per ridurre la pressione sulla piccola Macedonia.
Ci ascoltano, annuiscono, ci invitano per un ciai (thè) sotto una tenda più grande.
Dopo le formalità spiego cosa faremmo: i soldati metteranno su una tenda dove si svolgeranno gli interrogatori, la visita medica e invitiamo i turchi a collaborare nel diffondere le informazioni nel campo. 
Non pare ci siano problemi ma al solito sembra troppo facile. Ai soldati non sarà concesso entrare con le armi! Sento già Franco che impreca contro "sti cazzi di alleati".
Vedo che anche fra i turchi ci sono dei militari ed un colpo di genio: "ok le armi non saranno indossate nel campo ma raccolte in un luogo sorvegliato dai soldati italiani." "I vostri militari accetterebbero mai di lasciare ad altri le loro armi?" Chiedo. Comprendo che si è trovata la via di uscita. Un altro ciai, un sorriso del capo e subito fuori a spiegare a Franco cosa fare. Sento qualche mugugno ma in fondo anche lui è flessibile ed il mondo è salvato da chi è flessibile.
Sì inizia! La tenda è su, il generatore parte, i PC fanno il boot, le stampanti si accendono, l'ufficiale medico si mette lo stetoscopio e si inizia. 
Cammino fra le tende, vedo giovani con i volti "incazzati" che sembrano odiare tutto e tutti; vedo vecchi uomini distesi placidamente sotto la tenda a fumare quelle loro strane pipe e che con uno sguardo dolce placano le ire dei figli.
Molti chiedono. Qualcuno parla tedesco e quando rispondo con il mio tedesco scolastico è un amplificarsi di domande, richieste, preghiere.
Tutti vorrebbero andare in Germania! 
"Entschuldigung, aber ich bin Italiener. Wenn Sie möchten, können Sie nach Italien kommen."
Alcuni si girano ed aspettano i tedeschi che però mai arriveranno in quel campo. Altri più flessibili, accettano e si mettono in coda per entrare sotto la tenda italiana. Immagino sempre cosa io farei nei loro panni ma fortunatamente non ho risposta: io sono fortunato! 
I giorni passano. 
Una sera Rossella mi chiede di andare alla sede di UNHCR in centro a Skopje. Prima erano solo tende dove incontravo gli uomini e le donne UN.
Ok! Rispondo ma a fare cosa? C'è il nostro segretario: ti voglio presentare.
Entro in una sala con diversa gente, riconosco i tedeschi che saluto. Ascoltiamo il segretario generale UNHCR che ringrazia dello straordinario impegno dimostrato da tutti. Che si può fare di diverso mi chiedo?
Poi Rosella mi fa cenno e sento che dice al segretario le presento il rappresentante dell'Italia!
Ricordo sempre quel passaggio, quella figura da cretino che feci, girandomi e cercando il "rappresentante dell'Italia". Nessuno me lo aveva detto! Ero un semplice funzionario pubblico che faceva quello che poteva e poi scusate il baffetto D'Alema non mi è mai piaciuto per il suo essere "ben altro".
Torniamo ai campi che è meglio!
Un giorno l'ambasciata mi chiama. C'è una delegazione della regione Emilia Romagna! "Accompagnali tu che sai"
Conosco il capo della Protezione Civile Di quella regione. Mi dice che ha con sé una cucina da campo. Sorrido! "Per quante persone?" Chiedo. 
"500/1000 se si lavora 24 ore".
Vieni gli dico ed andiamo a Tetovo! 70.000 persone! Come si fa a fare la pasta per tutti? 
Comunque la cucina da campo viene lasciata lì a CARE loro sapranno che farne.
Non mi ero mai posto il problema di come si possono alimentare 70.000 persone senza creare tensioni, code immense e dando il necessario?
Lo imparai a Tetovo! C'erano una serie di trattori con un rimorchio aperto riempito di pane, frutta, latte. I trattori lentamente percorrevano tutte le strade fra le tende e le persone si avvicinavano e prendevano quello che era necessario per ritornare poi alle tende. 
Alimentazione base. Dieta perfetta che oggi fatichiamo a seguire. 
Allora rimanevo sempre più affascinato da questo apprendere e al compararlo con le nostre "certezze".
Ora devo andare....

martedì 2 aprile 2019

Storia 01

Va beh continuo la storia di ieri. Non è obbligo seguirla ma forse racconta di un'Italia diversa da quella di oggi o forse nemmeno tanto. 
Lo faccio stando seduto fra quattro cuscini candidi in una bella camera di albergo da cui posso vedere le Alpi Maledette come le chiamavano i vecchi alpini. 
Oggi è un albergo ma quando arrivai qui la prima volta, era il comando generale delle forze di occupazione. D'altra parte che fa una "forza di occupazione" prende possesso dei migliori edifici del luogo occupato. Mi sono dilungato troppo nella introduzione. Ritorniamo al Fiume Vardar ed al bellissimo ponte Romano che lo scavalca.
Il colonnello che mi aveva raccattato all'aeroporto ha una scassata macchina su cui metto la mia grande valigia e ci avviamo verso il centro città
Fra la l'aeroporto e la città c'è molta strada ma si va veloci non essendoci quasi nessuno in giro. Parliamo, chiedo ma il militare non è loquace come dovrebbero essere i buoni soldati. Guardo attorno questa terra sconosciuta fatta più di vuoti che di costruito al contrario delle nostre valli. 
L'ambasciata mi sembra quasi in periferia di Skopje ma al contrario è subito fuori il nuovo centro. L'edificio non è grande ma estremamente elegante ed armonioso. Direi uno dei più belli e più resistenti di Skopje che qualche anno prima era stata rasa al suolo da un forte terremoto a cui però il generale Tito aveva posto prontamente rimedio realizzando una nuova Skopje fatta di strade larghe edifici simmetrici e robusti a cui il capitalismo sopraggiunto con la caduta del socialismo reale, è stato solo in grado di aggiungere nefandezze architettoniche fatte per guadagnare facilmente. Scuserete l'architetto che c'è in me. 
Due carabinieri aprono il pesante cancello di metallo verde ed entriamo lasciando fuori una lunga coda di persone con carte in mano che provavano a prendere un visto per ricongiungersi con qualcuno in Italia. 
D'altra parte allora l'Italia concedeva ancora l'ingresso e ci vorranno ancora tre anni per arrivare ai geni della "Bossi Fini". 
L'ambasciatore è gentile e spiega cosa dovrò fare. 
Tenere i contatti con UNHCR ed AOM al fine di agevolare le pratiche per la concessione dello stato di rifugiato politico. 
Ci sarebbero mille domande ma non c'è tempo Lorenzo con cui lavorerò mi porta via. Andiamo a nord circa 20 km dal centro città. C'è un vecchio aeroporto e quello è diventato una nuova città fatta di tende, tende, tende. Uomini, uomini, donne, donne, bambini, bambini, bambini seduti ordinati, calmi, rassegnati. É la prima volta che vedo migliaia di persone in fuga, è la prima volta che quello che avevo letto nei libri, appare ai miei occhi, al mio naso, alla mia mente.
Ho sempre pensato da allora che prima di parlare di umanità bisognerebbe aver annusato un campo profughi.
Lorenzo mi spiega. Lui è un sindaco toscano che a causa di un'alluvione ha conosciuto la Protezione Civile ed ora ci lavora. Lui non parla l'inglese e dobbiamo fare gli interrogatori e gli interpreti parlano Albanese ed Inglese. 
Debbo fare domande, accettarmi chi sono, da dove vengono, perché sono fuggiti poi fare una scheda e conferirla a UNHCR per l'approvazione. 
Sì inizia sotto una tenda naturalmente e il governo italiano mi costringe ad indossare "per sicurezza" quegli orrendi gilet gialli diventati ora famosi. 
Arriva Rossella! "Nice to meet you...." UNHCR comprendo sempre di più ma non è facile in 24 ore passare da una scrivania provinciale ad un campo profughi. Non è facile ma è infinitamente più reale e infatti la maggior difficoltà sarà poi ritornare alla tranquilla scrivania provinciale. 
I giorni corrono si lavora velocemente al confine di Blaze ci sono altri profughi che spingono per entrare e le autorità Macedoni concedo i permessi in relazione al numero di rifugiati che le varie nazioni europee accolgono. 
Conosco i tedeschi al solito efficienti ed organizzati mica come Lorenzo ed io. Ci sono i francesi ma quello che mi ricordo sono gli islandesi: dovevano accogliere 100 rifugiati ed erano in 20. Noi 6000 e siamo in due! Viva l'Italia.
Ricordo che tutte le nazioni europee si erano impegnate in un gigantesco progetto di accoglienza dei profughi. Oggi in Europa non siamo nemmeno capaci di parlarci ed ognuno pare pensare per se stesso. 
Infinite storie raccolte da gente spaurita che ha perso tutto. Ricordo una giovane donna con in braccio una creatura di pochi giorni a cui, dopo le domande di rito, chiedo se desidera posso fare qualcosa. "Sì" mi risponde, "sono stata mandata via subito dopo la nascita del mio bambino e non ho nemmeno una foto: vorrei una foto di lui, di noi." L'interprete sì emoziona io mi emoziono: facciamo questa prima foto a questo bimbo nato fuggendo dalla sua terra. 
Sorrido ancora oggi a pensare a quella richiesta così semplice ma in fondo così profonda. Puoi perdere tutto ma l'emozione di un figlio può vincere tutto.
Il lavoro va avanti. I profughi partono ed altri arrivano. Rossella mi aiuta con la sua esperienza io ricambio accompagnandola al servizi igienici. Descrivere i servizi igienici di un campo profughi è dura: andarci ancora di più. Una fossa profonda un paio di metri con un asse si ed una no che l'attraversa. Dei pali di legno su cui corrono zigzagando dei teli al fine di consentire un minimo di privacy. 
Le storie si susseguono. La sera noi fortunati, abbandoniamo il campo e quasi a contrastare tanta sofferenza ci immergiamo in una vita sfrenata fatta di cene, risa, racconti ed altro. La vita diventa preziosa quando ne cogli la sofferenza e quasi a volerla sconfiggere ogni momento libero diviene allegro, apparentemente spensierato ma in fondo credo solo più cosciente.
Lorenzo mi riprende nel campo ed ha ragione! "Non puoi Fabio! Non puoi perdere troppo tempo con quella vecchia. Ce ne sono migliaia come lei! Lorenzo ha ragione ma le lacrime di quella donna sono le mie. Come posso lasciarla? Suo figlio è in Italia. Lo chiamo! Vedo lacrime di gioia! Lorenzo è felice anche lui. 
L'ambasciata ci chiede di andare in un'altro campo mai raggiunto sino ad ora. 
Mi affianca un maggiore dell'esercito. Franco! Cavoli un antimilitarista come me che deve collaborare con l'esercito! Quante opinioni fatte di preconcetti di standards cambi quando poi ti trovi fianco a fianco con chi non conosci. 
Franco è aperto, spontaneo, diventiamo amici. Mi porta dal generale. Conosco un mondo che imparerò a rispettare per l'impegno che ci mettono per aiutare povera gente. 
Ho una bottiglia di vino a casa donatami da generale. Brigata Sassari! Il vino sarà andato ma ogni volta che la vedo ritorna quella parte di vita.
Perdonate mi fermo proseguirò più in là oggi ho scritto troppo.

unica gente

Qualche anno fa, era il 2015, mi ritrovai sullo stesso autobus diretto in Macedonia del nord. Allora l'emergenza era dovuta alla crisi siriana ed all'apertura della rotta per i Balcani che più tardi fu chiusa con congrui finanziamenti al dittatore turco.
Incontrai qui un amico Emanuele Confortin che seguiva quella rotta ed assieme andammo a Prescevo dove la Serbia cercava di fare fronte a quell'emergenza con i pochi mezzi che aveva.
Allora il re dei poveri sovranisti l'ungherese Orban si affrettava ad alzare "muri" di filo spinato. Oggi anche la povera Italia ha alzato i suoi muri fatti di "altro" e forse più pericoloso del filo spinato. 
Attraversare questo mediterraneo e guardare, e ascoltare ha l'unico risultato che seppure attraverso mille bellissime lingue, siamo un unica gente. Buon viaggio.

venerdì 29 marzo 2019

Ofer

Oggi è una di quelle giornate che ti segnano. Non tanto per l'entrata in Gerusalemme attraversando la porta per Damasco, non tanto per la passeggiata sino al muro del pianto e sino al Sacro Sepolcro in fondo avvenimenti già percorsi in passato, ma soprattutto perché ho incontrato una persona speciale come mi pare giusto sia.
Il contatto me lo aveva passato Paolo, un amico comune.
Ci siamo incontrati su verso il mercato Beyuda grazie alla tecnologia seguendo uno i movimenti dell'altro. 
Con lui c'era la bella moglie ed uno dei figli che mi ha raccontato della salita alla Marmolada e di tante altre escursioni. 
Abbiamo parlato di escursioni di cibi di Paolo e di mille altre cose che servono ad annusarsi reciprocamente. Poi ci siamo seduti ed abbiamo mangiato assieme mentre su Gerusalemme si scatenava un temporale tale da farmi pensare di essere sui miei monti per il freddo vento e la pioggia insistente (naturalmente non di questi tempi).
Ho scoperto ancora molte cose circa questa terra ma quello che mi ha rapito è stato il rapporto fra i due coniugi. Glielo ho manifestato parlando a lei e lui ha provato a fare il "simpatico" ma si comprendeva che era felice. 
Poi io e lui siamo andati ad ospedali. Prima uno in centro a piedi dove "consegnano' bimbi in numero impressionante. Poi un po' fuori dove c'è quello grande dove curano tutto e bene.
Vu chiederete perché e la risposta è semplice lui, medico chirurgo cardiaco, gestisce uno dei più grandi ospedali di Gerusalemme. Gestisce si! Non amministra, perché amministrare è una parte della gestione e forse per un ospedale nemmeno la più importante.
Siamo andati in giro per non so quanti reparti ma ho capito che con la "scusa" di mostrarmi la capacità di rispondere alle esigenze dei malati, lui se ne andava in giro per i reparti non a "controllare" ma ad accertarsi che tutto fonzionasse. Una parola a quel medico, una domanda a quella infermiera, una visura dell'ultimo intervento, una parola in arabo ad una ragazza. Ma quello che più estasiava era comprendere che quel modo di fare era usuale. Un collega tra altri colleghi come quando un gruppo funziona. Oggi ho avuto la conferma che se mai ce ne fosse stato bisogno che solo assieme si affrontano e risolvono i problemi.
Vi fornisco due numeri così potete rendere conto delle dimensioni: 1000 letti; 4000 dipendenti; mezzo milione (provincia di Trento) di pazienti all'anno.
Ah il signore qui accanto oltre tutto questo come volontario coordina l'unità di intervento rapida di Israele che è in grado di "mettere su" un ospedale efficiente in un "zac" in ogni dove.
L'unico modo per progredire è confrontarsi con tutti in ogni parte del mondo su qualsiasi cosa.

lunedì 25 marzo 2019

Azraq

Oggi sono entrato di nuovo nel campo profughi di Azraq ma soprattutto nell'ospedale che ha portato via tante mie energie e tanto impegno.
Era lì come l'ho lasciato! Solo un po' di sabbia in più nelle fessure. Ad accogliermi c'era il giovane manager ma vi assicuro che quando Ahmad mi ha salutato con un: "welcome back Fabio" il mio cuore ha preso il primo scossone.
Ahmad è uno degli operai manutentori ed ha visto tutto crescere e consolidarsi. L'ho sommerso di domande: gli impianti, A C sistema, le acque grigie, le maniglie, i vetri. Ho capito che è stato fatto un buon lavoro, l'impresa e noi. 
Ma vi assicuro che entrare nei reparti è stato quasi da "infarto". Il triage dove aspettavano tante persone per sapere dove andare e cosa fare. La sala operatoria che era in piena attività ed così, nella mia memoria è rimasta come l'avevo lasciata. La sala raggi, la farmacia. Ma quando sono entrato in maternità ho compreso che il cuore di tutto era quel reparto. Sentivo le grida di una donna che stava "consegnando" alla vita una nuova creatura. Vedevo le altre donne che avevano appena partorito con le loro creature. Sì sì sì. Quella è vita. La dottoressa responsabile mi mostra il cartello sotto negli ultimi 4 anni sono nati 4582+1 oggi bambini di cui 771 con taglio cesareo ma la cosa più bella è che nessuno è mai morto! 
Mai avrei pensato di emozionarmi cosi tanto.
Poi mi hanno mostrato le impronte dei piedi dei bambini nati. Qui è una consuetudine: il primo passo nel mondo...ho pensato che dovremmo farlo anche noi.







domenica 24 marzo 2019

Akhadir

Non so bene perché ma è la terza volta che salgo qui. Monte Nebo. Qui Mosè fini il suo viaggio che per certi versi fu un impresa unica liberando un popolo dalla schiavitù. La cosa che mi piace pensare è che in quei tempi la coscienza del limite era ben presente cosa che mi pare persa soprattutto nei nostri tempi.
Forse è questa la ragione profonda che mi lega a questo luogo non essendoci altri motivi di natura religiosa.
Oggi è l'unica volta che una pioggia mi ha accompagnato. L'intorno che ricordavo color oro è diventato verde e laggiù verso Gerico, si scorge un verde intenso. 
A Madaba ci sono arrivato su un bus sgangherato pieno di uomini con la kefiah, donne con il velo e bambini cheti.
Ho camminato al solito sinché i miei passi mi hanno riportato in centro. 
Orde di turisti! Che ammiravo le notevoli cose che Madaba custodisce. Ma? Ma al di fuori dei cento metri che separano il terminal per turisti dai luoghi per i turisti nulla. 
Mi chiedo che senso abbia tutto questo ammirare "oggetti" e non umanità e non storie.
Ormai ci limitiamo nel nostro osare di conoscere. Troppo "pericoloso" osare di doversi fermare come fece Mosè da questo luogo. 
Oggi ho imparato una nuova parola in arabo: akhadir: verde....

mercoledì 20 marzo 2019

marciapiedi

Esci e cammini per gli sgangherati marciapiedi di Amman. Un leggero vento ti accarezza il volto ed attenua il caldo di sole già forte. Le case che ti accompagnano sembrano tutte uguali pur essendo una diversa dall'altra. Ti sei perduto forse ma dentro di te segui una vecchia bussola che per qualche anno è stata spenta ma non ha perso l'orientamento. 
Poi improvvisamente da un vecchio cassetto della memoria salta fuori una scritta, un angolo, una prospettiva ed il cuore ritrova la strada e i tuoi passi diventano sicuri ed un altro cassetto si apre, gira lì a destra poi ci sarà uno slargo. E sorridi dentro di te per la ritrovata strada per il sentirti di nuovo a casa fra mille cose conosciute e vissute. Là un bancomat dove ti infilavi a prelevare, là ZAIN dove ricaricavi il tuo conto telefonico. E ecco il bar all'angolo con la solita musica orientale, il buon caffè, i ragazzi che bigiano la scuola, il profumo di narghilè che composti uomini alimentano con nuove braci. Ritornano gli incontri con Olav, con Hanna con Francisco con Gerard.
Senso di una vita che corre ma mai finisce dentro di te. Non sai bene cosa o chi ringraziare di tante emozioni e poi ti fermi prendi un sorso di caffè, respiri profondamente e continui come sempre finché sarà possibile. insha'Allah!

sabato 2 marzo 2019

prima...who?

Quest'oggi stavo seduto in una stanza con una buona vista verso il mare del Nord.
Accanto a me un uomo decisamente più giovane di me ma ormai formato e saldo nelle sue visioni.
Il discorso spaziava fra mille cose e mille problemi che affliggono a nostro modo di vedere, la società.
Sovranismo, egoismo, ignoranza, incomprensione e la lista potrebbe continuare a lungo e magari per qualcuno non sono nemmeno problemi ma opportunità!
La cosa che mi ha fatto riflettere è stata l'osservazione del mio giovane interlocutore, laurea, master, impegno, tre figli, e gran lavoro nel campo medico per cui con il suo aiuto, se vi viene un cancro lo potete scoprire più rapidamente; diceva: "oggi siamo così pieni di tutto che l'unica cosa a cui siamo capaci di guardare è solo questo "tutto". Non siamo capaci di ascoltare, di condividere profondamente e ci limitiamo ad una apparentemente solidarietà e condivisione che però non va oltre i cinque minuti"
Cavoli quanta verità! Quante volte raccontate fatti, avvenimenti a persone apparentemente interessate ma vi accorgerete che inserendo "altro" nel racconto nemmeno si accorgono. Ci si ascolta sempre più noi stessi e poi magari urliamo contro US first o prima gli italiani ma in fondo se ci pensiamo bene siamo noi stessi che testimoniano "prima la mia famiglia, il mio clan" per non dire "prima me stesso" .
Non credo sia un problema ideologico: no è banale egoismo e soprattutto come diceva il mio giovane amico "mancanza di solidarietà che solo la mancanza di certezze riguardo la vita può regalarci".
Oggi siamo certi di molte cose per cui a poco serve la solidarietà perché in fondo siamo certi di poter fare da soli. Ci possiamo lamentare di molteplici cose ma quel lamento altro non è che un tassello alle nostre infinite certezze che spero prima o poi saranno spazzate via.
Perdonate la mia mancanza di solidarietà se vi propino tutto questo ma scoprire a 1200 km da casa attraverso una lingua non mia che ci sono uomini che seppur diversi per molte cose sono in fondo come noi è sempre rincuorante. ..
Quindi da domani quando sentirete "prima gli italiani" chiedetevi dove siete: prima o a fianco

venerdì 22 febbraio 2019

distintivi

L'altro giorno mi sono imbattuto in un film che raccontava dell'ascesa al potere dei nazionalsocialisti negli anni 30. A parte la ormai usuale "caccia al nemico", allora gli ebrei, oggi i poveri stranieri meglio se di pelle nera, a parte le usuali faraoniche illusioni vendute ai "cittadini": allora come oggi "abbiamo posto ordine, cambiamento" in una società confusa, corrotta, a parte altre mille similitudini che peraltro sono anche cosciente, possono non voler dire nulla dal punto di vista fattuale o almeno così spero, a parte tutto una cosa mi ha colpito nelle sequenze del film. 
Tutti gli appartenenti al "nuovo" portavano orgogliosi un distintivo nell'occhiello della giacca! 
La svastica!
Cavoli non erano le parole contro gli ebrei, i proclami di prosperità e sviluppo che mi tormentavano ma molto più banalmente quel distintivo esibito in ogni dove.
Subito la mia memoria è andata ai programmi televisivi in cui più per le cavolate dette, essendone pieni di ogni estrazione, quello che mi consente di identificare il legista è un distintivo posto all'occhiello della giacca, penso sia Alberto di Giussano. Cavoli ce l'hanno proprio tutti! 
Ecco è stato questo identificarsi comune fatto di nulla ma esibito che mi ha inquietato la giornata e che mi ha portato a scrivere queste righe. 
Un velo di inquietudine mi accompagna da quel giorno!

giovedì 31 gennaio 2019

Armadio

Mia madre, ma sono sicuro molte madri Trentine e non, mi insegnava che se un indumento non lo indossavo per più di un anno era il caso, oltre a chiedersi del perché dell'acquisto, di donarlo ai poveri se ancora in buono stato o se consunto, liberarsene definitivamente lasciando libero lo spazio nell'armadio.
Tutto questo mi ritorna alla mente osservando gli ormai infiniti edifici, pubblici e/o privati, in stato di abbandono. A Rovereto l'elenco sarebbe lunghissimo e questo ci dice molto dello "sviluppo" in atto. 
Ora la proposta, provocazione potrebbe essere quella che dopo, cinque, dieci anni, come per gli indumenti le opzioni potrebbero essere o il "dono ai poveri" nel caso di un valore storico artistico o ambientale o la demolizione nel caso di nessuno valore!
Ve lo immaginate l'armadio, perdon la città, quanto spazio acquisirebbe! 
Si d'accordo chi sono i poveri a cui "donare"? Come potrebbero utilizzare questi volumi? 
Sono sicuro che l'immaginazione può progredire propria in questi casi. 
Però se volete potete anche aspettare che crollino da soli.