lunedì 25 novembre 2019

Leno incazzato ed altro

Questa mattina la pioggia ha dato tregua così dopo due giorni di scrivania, ho messo due cose nel zaino e via.
Mi era venuta voglia di ascoltare il Leno incazzato. Finalmente qualcosa che si incazza in questa triste, monotona, pacifica cittadina dove il non accadere nulla, se non i mercatini di Natale, sembra la costante da troppi anni.
Ho lasciato la moto a San Colombano un po' per rendere omaggio ad un prode la cui festa era qualche giorno fa, che più o meno 1500 anni fa parti dalla remota Irlanda per venire a "convertire" i barbari Longobardi che abitavano il nord Italia attraversando tutta l'Europa per finire i suoi giorni in un luogo che amo molto sempre per via di un fiume sempre splendido ed incazzato.
E poi cavoli sempre qualcuno che da fuori, persino dal nord non bastano quelli del sud, ci viene a dire cosa fare a casa nostra...!
Ho camminato lentamente lungo il lago di San Colombano osservando il livello massimo possibile e ascoltando il fragore dell'acqua.
Arrivato all'altezza della sorgente di Spino ho attraversato il Leno dove un ponte rimane sempre incomprensibilmente sbarrato da parte dell'ASM e che costringe i viandanti ad inutili peripezie per arrivare dalla parte opposta dove scende dai Lombardi una stradina sino a San Colombano dimostrando che vi è una storia un tempo più conosciuta di oggi.
Al di là del Leno ho vagato un po' sapendo di non aver vie di uscita verso il fondo valle sicuramente tutto vigilato dall'incazzato Leno.
Dopo un po' complice la vegetazione rada, ho notato un muro di sassi un po' più a monte.
Incuriosito mi sono avviato sapendo che in quel luogo campi non sono possibili.
Il muro ho capito, sosteneva una traccia di sentiero e così mi sono addentrato seguendo le tracce di un camoscio. Dopo un po' mi son reso conto che pur avendo la testa dura io proprio un camoscio non sono e rischiavo di scivolare giù fino all'incazzato Leno. Così ritornato al muro ho per scrupolo, provato a seguire un'altra traccia che un albero all'inizio sbarrava e che il camoscio ed io non avevamo avuto voglia di superare.
Magia! Quella flebile traccia ho capito subito essere una antica strada e guardando la mappa elettronica ho capito che avrebbe portato ad Albaredo i cui abitanti in passato evidentemente scendevano all'incazzato Leno molto più spesso di quello che fanno oggi.
La strada c'è. Ormai a remengo come molte cose che appartengono al territorio e che nulla rendono economicamente e che un insana avversione alla storia o radici se preferite, vengono abbandonate.
Ero felice di questa scoperta. Vorrei gridare alla bellezza di queste opere collettive che un individualismo insano ha dimenticato.
Seguite le tracce della storia, degli uomini che con pochi sassi, qualche piccolo scavo riuscivano a scendere per 500 m do altezza senza che oggi non ne sia lasciata traccia nonostante l'impervio luogo.
Oggi il Leno è incazzato, lo sono anch'io perché queste opere d'arte del nostro territorio sono lì a morire come come fossero altro da noi.
Ad Albaredo dove sono seduto ora, ho trovato finalmente aperta la chiesa intitolata a San Giuseppe. Ho sorriso osservando la pittura che sta nell'abside e che ritrae, oltre alla sacra famiglia, 6 chiese. Una è San Pietro a Roma ed una San Giuseppe ad Albaredo! E che diamine in Vallarsa non sono secondi a nessuno.