venerdì 29 marzo 2019

Ofer

Oggi è una di quelle giornate che ti segnano. Non tanto per l'entrata in Gerusalemme attraversando la porta per Damasco, non tanto per la passeggiata sino al muro del pianto e sino al Sacro Sepolcro in fondo avvenimenti già percorsi in passato, ma soprattutto perché ho incontrato una persona speciale come mi pare giusto sia.
Il contatto me lo aveva passato Paolo, un amico comune.
Ci siamo incontrati su verso il mercato Beyuda grazie alla tecnologia seguendo uno i movimenti dell'altro. 
Con lui c'era la bella moglie ed uno dei figli che mi ha raccontato della salita alla Marmolada e di tante altre escursioni. 
Abbiamo parlato di escursioni di cibi di Paolo e di mille altre cose che servono ad annusarsi reciprocamente. Poi ci siamo seduti ed abbiamo mangiato assieme mentre su Gerusalemme si scatenava un temporale tale da farmi pensare di essere sui miei monti per il freddo vento e la pioggia insistente (naturalmente non di questi tempi).
Ho scoperto ancora molte cose circa questa terra ma quello che mi ha rapito è stato il rapporto fra i due coniugi. Glielo ho manifestato parlando a lei e lui ha provato a fare il "simpatico" ma si comprendeva che era felice. 
Poi io e lui siamo andati ad ospedali. Prima uno in centro a piedi dove "consegnano' bimbi in numero impressionante. Poi un po' fuori dove c'è quello grande dove curano tutto e bene.
Vu chiederete perché e la risposta è semplice lui, medico chirurgo cardiaco, gestisce uno dei più grandi ospedali di Gerusalemme. Gestisce si! Non amministra, perché amministrare è una parte della gestione e forse per un ospedale nemmeno la più importante.
Siamo andati in giro per non so quanti reparti ma ho capito che con la "scusa" di mostrarmi la capacità di rispondere alle esigenze dei malati, lui se ne andava in giro per i reparti non a "controllare" ma ad accertarsi che tutto fonzionasse. Una parola a quel medico, una domanda a quella infermiera, una visura dell'ultimo intervento, una parola in arabo ad una ragazza. Ma quello che più estasiava era comprendere che quel modo di fare era usuale. Un collega tra altri colleghi come quando un gruppo funziona. Oggi ho avuto la conferma che se mai ce ne fosse stato bisogno che solo assieme si affrontano e risolvono i problemi.
Vi fornisco due numeri così potete rendere conto delle dimensioni: 1000 letti; 4000 dipendenti; mezzo milione (provincia di Trento) di pazienti all'anno.
Ah il signore qui accanto oltre tutto questo come volontario coordina l'unità di intervento rapida di Israele che è in grado di "mettere su" un ospedale efficiente in un "zac" in ogni dove.
L'unico modo per progredire è confrontarsi con tutti in ogni parte del mondo su qualsiasi cosa.

lunedì 25 marzo 2019

Azraq

Oggi sono entrato di nuovo nel campo profughi di Azraq ma soprattutto nell'ospedale che ha portato via tante mie energie e tanto impegno.
Era lì come l'ho lasciato! Solo un po' di sabbia in più nelle fessure. Ad accogliermi c'era il giovane manager ma vi assicuro che quando Ahmad mi ha salutato con un: "welcome back Fabio" il mio cuore ha preso il primo scossone.
Ahmad è uno degli operai manutentori ed ha visto tutto crescere e consolidarsi. L'ho sommerso di domande: gli impianti, A C sistema, le acque grigie, le maniglie, i vetri. Ho capito che è stato fatto un buon lavoro, l'impresa e noi. 
Ma vi assicuro che entrare nei reparti è stato quasi da "infarto". Il triage dove aspettavano tante persone per sapere dove andare e cosa fare. La sala operatoria che era in piena attività ed così, nella mia memoria è rimasta come l'avevo lasciata. La sala raggi, la farmacia. Ma quando sono entrato in maternità ho compreso che il cuore di tutto era quel reparto. Sentivo le grida di una donna che stava "consegnando" alla vita una nuova creatura. Vedevo le altre donne che avevano appena partorito con le loro creature. Sì sì sì. Quella è vita. La dottoressa responsabile mi mostra il cartello sotto negli ultimi 4 anni sono nati 4582+1 oggi bambini di cui 771 con taglio cesareo ma la cosa più bella è che nessuno è mai morto! 
Mai avrei pensato di emozionarmi cosi tanto.
Poi mi hanno mostrato le impronte dei piedi dei bambini nati. Qui è una consuetudine: il primo passo nel mondo...ho pensato che dovremmo farlo anche noi.







domenica 24 marzo 2019

Akhadir

Non so bene perché ma è la terza volta che salgo qui. Monte Nebo. Qui Mosè fini il suo viaggio che per certi versi fu un impresa unica liberando un popolo dalla schiavitù. La cosa che mi piace pensare è che in quei tempi la coscienza del limite era ben presente cosa che mi pare persa soprattutto nei nostri tempi.
Forse è questa la ragione profonda che mi lega a questo luogo non essendoci altri motivi di natura religiosa.
Oggi è l'unica volta che una pioggia mi ha accompagnato. L'intorno che ricordavo color oro è diventato verde e laggiù verso Gerico, si scorge un verde intenso. 
A Madaba ci sono arrivato su un bus sgangherato pieno di uomini con la kefiah, donne con il velo e bambini cheti.
Ho camminato al solito sinché i miei passi mi hanno riportato in centro. 
Orde di turisti! Che ammiravo le notevoli cose che Madaba custodisce. Ma? Ma al di fuori dei cento metri che separano il terminal per turisti dai luoghi per i turisti nulla. 
Mi chiedo che senso abbia tutto questo ammirare "oggetti" e non umanità e non storie.
Ormai ci limitiamo nel nostro osare di conoscere. Troppo "pericoloso" osare di doversi fermare come fece Mosè da questo luogo. 
Oggi ho imparato una nuova parola in arabo: akhadir: verde....

mercoledì 20 marzo 2019

marciapiedi

Esci e cammini per gli sgangherati marciapiedi di Amman. Un leggero vento ti accarezza il volto ed attenua il caldo di sole già forte. Le case che ti accompagnano sembrano tutte uguali pur essendo una diversa dall'altra. Ti sei perduto forse ma dentro di te segui una vecchia bussola che per qualche anno è stata spenta ma non ha perso l'orientamento. 
Poi improvvisamente da un vecchio cassetto della memoria salta fuori una scritta, un angolo, una prospettiva ed il cuore ritrova la strada e i tuoi passi diventano sicuri ed un altro cassetto si apre, gira lì a destra poi ci sarà uno slargo. E sorridi dentro di te per la ritrovata strada per il sentirti di nuovo a casa fra mille cose conosciute e vissute. Là un bancomat dove ti infilavi a prelevare, là ZAIN dove ricaricavi il tuo conto telefonico. E ecco il bar all'angolo con la solita musica orientale, il buon caffè, i ragazzi che bigiano la scuola, il profumo di narghilè che composti uomini alimentano con nuove braci. Ritornano gli incontri con Olav, con Hanna con Francisco con Gerard.
Senso di una vita che corre ma mai finisce dentro di te. Non sai bene cosa o chi ringraziare di tante emozioni e poi ti fermi prendi un sorso di caffè, respiri profondamente e continui come sempre finché sarà possibile. insha'Allah!

sabato 2 marzo 2019

prima...who?

Quest'oggi stavo seduto in una stanza con una buona vista verso il mare del Nord.
Accanto a me un uomo decisamente più giovane di me ma ormai formato e saldo nelle sue visioni.
Il discorso spaziava fra mille cose e mille problemi che affliggono a nostro modo di vedere, la società.
Sovranismo, egoismo, ignoranza, incomprensione e la lista potrebbe continuare a lungo e magari per qualcuno non sono nemmeno problemi ma opportunità!
La cosa che mi ha fatto riflettere è stata l'osservazione del mio giovane interlocutore, laurea, master, impegno, tre figli, e gran lavoro nel campo medico per cui con il suo aiuto, se vi viene un cancro lo potete scoprire più rapidamente; diceva: "oggi siamo così pieni di tutto che l'unica cosa a cui siamo capaci di guardare è solo questo "tutto". Non siamo capaci di ascoltare, di condividere profondamente e ci limitiamo ad una apparentemente solidarietà e condivisione che però non va oltre i cinque minuti"
Cavoli quanta verità! Quante volte raccontate fatti, avvenimenti a persone apparentemente interessate ma vi accorgerete che inserendo "altro" nel racconto nemmeno si accorgono. Ci si ascolta sempre più noi stessi e poi magari urliamo contro US first o prima gli italiani ma in fondo se ci pensiamo bene siamo noi stessi che testimoniano "prima la mia famiglia, il mio clan" per non dire "prima me stesso" .
Non credo sia un problema ideologico: no è banale egoismo e soprattutto come diceva il mio giovane amico "mancanza di solidarietà che solo la mancanza di certezze riguardo la vita può regalarci".
Oggi siamo certi di molte cose per cui a poco serve la solidarietà perché in fondo siamo certi di poter fare da soli. Ci possiamo lamentare di molteplici cose ma quel lamento altro non è che un tassello alle nostre infinite certezze che spero prima o poi saranno spazzate via.
Perdonate la mia mancanza di solidarietà se vi propino tutto questo ma scoprire a 1200 km da casa attraverso una lingua non mia che ci sono uomini che seppur diversi per molte cose sono in fondo come noi è sempre rincuorante. ..
Quindi da domani quando sentirete "prima gli italiani" chiedetevi dove siete: prima o a fianco