lunedì 11 febbraio 2013

laggiù ai confini dell'Iran

Oreste decise di lasciare la tranquilla casa ove si era fermato per qualche giorno. Le stanze erano poste attorno ad uno squallido cortile di cemento forse troppo pulito e perfetto. Nemmeno un po' di verde ad attenuare quella strana pulizia. Il tavolo quel mattino stava ancora li nell'angolo dove era la sera prima per proteggere i pochi inquilini dal sole ancora caldo. Il the aveva concluso la serata fatta di birra, chiacchiere  sogni e nostalgia. Ora Oreste, si girò, diede una rapida occhiata al cortile e usci attraverso il garage che ne chiudeva l'ultimo lato.
Fuori era ancora quasi buio e non si comprendeva bene se lo fosse per l'ora o per il tempo grigio che copriva ogni cosa. Una pioggia molto sottile avvolgeva tutto come quel colore grigio ma in fondo il caldo era ora tenue e si poteva camminare senza fatica lungo le strade deserte del mattino.
Guardava dove dirigersi: non era ben chiara la direzione da prendere e soprattutto da dove iniziare la nuova strada dopo aver abbandonato la cittadina.
La strada saliva lungo la pendice della valle. Di fronte al di la del piccolo fiume, una città scavata nella roccia tenera si nascondeva a una vista fugace che al contrario era riempita dalla imponente fabbrica ormai lasciata morire dopo qualche tempo di apparente grandezza. Chissà pensava Oreste, come era solo qualche anno prima. Se le persone che ora sembravano silenziose erano piene di socialista speranza di un futuro agiato.
Ora era silenzio. La pioggia grigia avvolgeva ricordi e domande senza alcuna risposta che solo nella comprensione della vacuità della  ragione poteva ora trovare la strada per risposte che stavano al contrario nell'interiorità della propria coscienza.
Seduto li guardando intorno e pensando intorno al nulla Oreste non stava nemmeno aspettando che accadesse qualcosa mentre sapeva per esperienza, sarebbe accaduta. Uno straniero seduto ai margini di una strada fa accadere sempre qualcosa. Qualcuno passa, guarda, si domanda e passa. Poi commenta con qualcun altro, guardano, si domandano ancora e poi passano. Finché qualcuno quasi straniero in patria si avvicina e "can I help you?". Forse no. Forse non riuscirai a restituirmi il sorriso di un amore felice ma perché no lasciarsi aiutare a trovare strade mai conosciute ove la libertà di un aquila alta par vincere l'angoscia di un'anima agli inferi.

domenica 10 febbraio 2013

sabato 9 febbraio 2013

camicie

due camicie che stanno li appese fra le altre
due camicie che con timore guardi e non metti
due camicie grigie come mai fu la vita
due camicie con il collo che non va ma fa lo stesso
due camicie che molto vogliono dire e vollero anche
due camicie che attendono ancora un febbraio
o giù di li per esser messe e per camminare
ancora

martedì 5 febbraio 2013

mercato


Oggi è martedì: giorno di mercato a Rovereto.
Ieri sono arrivato tardi da Roma e questa mattina mi sono regalato una passeggiata fra la gente.
Mi sono rimesso l'elegante vestito di ieri, ho cambiato la camicia azzurra e mi sono messo la cravatta nuova blu a puntini rossi. Per sentirmi bene: forse più come speranza che quello che appare fuori possa lenire la tristezza del cuore solitario. In parte funziona soprattutto se ne sei cosciente e se ti lasci andare da quello che ti circonda.
Dino stava impacchettando il solito vaso di fiori condito dal solito "latin lover" vecchio stampo ma che piace sempre alle vecchie signore, e soprattutto, come Dino sa, fa aumentare le vendite.
Abbiamo preso un caffè al bar della piazza Erbe affollato più del solito con la gente che parlava e si raccontava sorridendo per la giornata nuova.
Poi ho girato in cerca di qualche fazzoletto tanto per aver una scusa a guardar bancarelle e gente attorno.
Le elezioni sono vicine ed alcuni attivisti distribuivano volantini invitandomi a cambiare questa politica. Sorridevo e dietro il mio elegante vestito rispondevo che ci avrei pensato gettando un po' nell'imbarazzo i miei interlocutori.
In piazzetta vedo un altro attivista che sta distribuendo qualche foglio colorato con scritto PD. Riconosco l'attivista: un anno o due più vecchio di me, sempre impegnato nel sociale sempre in prima linea nell'altrui aiuto sempre certo del suo mondo di certezze e di solidarietà a poco prezzo.
Il giovane prende il foglio dall'attivista e manifesta la poca speranza dentro. Forse il lavoro, forse i genitori, forse la ragazza lo tormentano. Ma il vecchio attivista con fare consolatorio e volitivo afferma "bisogna aver speranza".......bla bla bla.....
Lui, anche la moglie, è pensione da qualche anno. Hanno una casa, un buon reddito e probabilmente data il tenore compunto della loro vita accumulano qualcosa per i figli o i nipoti ormai grandi.
Bisogna aver speranza: in che cosa? Mi chiedevo mentre mi allontanavo pensando che quel giovane avrebbe potuto chiedere a quell'attivista qualcosa di più del suo attivismo.