venerdì 28 ottobre 2016

Giovanni

Giovanni arrivò a Peja con il secondo turno. 
Le prime difficoltà erano superate e stavamo da un po' di tempo un po' fuori Peja sulla strada verso Istok. 
Ero preso da mille cose che non conoscevo e che cercavo di capire in quella terra così lontana e così vicina. 
Giovanni mi ricorda subito Steinbeck "uomini e topi" lettura lontana. Un gigante con il viso dolce e buono. 
Giovanni mi dissero, era uno stradino di Avio. Ma che cavoli mai una volta che un uomo è giudicato per quel che è e non per quel fa nel tempo di lavoro! Anyway. A Giovanni diedi non ricordo quanti marchi, e gli dissi di andare a comprare legna lontano per far si che i prezzi non fossero drogati da noi sporchi occidentali.
Lui fu sorpreso e mi disse che nessun dirigente provinciale avrebbe fatto come me ed infatti non sapeva che dirigente non ero e mai lo sarei stato. 
La legna arrivò, scaldò le povere case e soprattutto non drogo i prezzi di mercato fottendo ancor più la gente che so sarebbe dovuto aiutare. 
Giovanni non parlava albanese, non parlava serbo ma nei campi non serve quando si parla il linguaggio del lavoro.
Poi Giovanni rimase per tutto il tempo. Dovetti faticare non poco per convincere i dirigrntucoli che era necessario più a Peja che ad Avio. 
Un giorno il passo di Kulina, l'unica via di approvvigionamento del Kosovo, era chiusa per neve. Nessuno passava. Noi avevamo Giovanni ed un Unimog. Il passo fu riaperto. E ricordo Giovanni su quei tornanti felice gridare "sarà ma se il buon Dio ha inventato la neve l'uomo ha inventato l'Unimog" e giù a spostare neve e camion messi di traverso.
Il tempo corre ed al rientro una sera vengo su in un posto disperso da Dio e dagli uomini: Puagu! 
Stiamo a cena. Poi la vita ci porta via.
Ritrovo Giovanni qualche anno dopo. Maritato! Con un figlio. Ma come Giovanni? Un tempo ti "lamentavo" di non beccarene una e ti lascio qualche anno e tutto cambia. 
Ma dove l'hai "beccata"? Ricordo la risposta sempre: " era una ragazza e chi ci pensava, poi lei è andata all'Università e quando è tornata...era tornata donna " 
Ora hanno tre figli dedicano vita, tempo e soldi ad aiutare qualcuno che sta dall'altra parte dello Oceano. Vorrebbero andarci anche loro ma Giovanni è impegnato a vincere per sé stesso i sui figli e noi tutti, tutte le battaglie di una guerra faticosa che certo vincerà.
Oggi sono in Piagu ancora come tante volte. 
Guardo Giovanni Francesca i loro bimbi. Guardo Andrea Roberta con i loro bimbi che fra qualche giorno andranno in Perù a fare qualcosa di buono.
Mi piaciono questi "scoppiati" antisistema per semplicità per non condividere un sistema che discrimina ed esclude.

lunedì 24 ottobre 2016

campi

Stamattina sono andato a fare la solita passeggiata nei soliti luoghi fuori dalla porta di casa girando a sinistra 
Conosco questi luoghi, ne conosco i sentieri, i muri a secco, gli alberi e le case.
Mi piange il cuore ogni volta che vedo l'abbandono di un territorio che sino a quando mio padre era giovane, in fondo era legato in modo indissolubile con la vita di tanti 
Ogni volta il mio pensiero prova a concepire soluzioni economicamente sostenibili per salvare questo territorio ma devo ammettere che non ne sono capace.
Quello che mi tormenta è vedere l'enorme capitale costruito dai nostri vecchi che se ne sta andando a "remengo". Penso alla fatica collettiva per strappare qualche metro piano al fianco illuminato dal sole della montagna. Mi chiedo come questa fatica veniva poi condivisa probabilmente senza escludere nessuno dato che nei lavori di fatica tutti sono utili.
Oggi mi è capitato di leggere un post di un ragazzo o giù di lì che mandava in quel paese quelli che ritiene i responsabili della mancanza di lavoro che non valorizzano le conoscenze e le capacità tanto decantate.
Ho guardato il campo sorretto da muri ed ormai preso dal bosco e non so perché ho associato quel campo a quanto quel ragazzo aveva scritto. 
Pazzia sarebbe pensare di coltivare quel campo che poco o nulla produrrebbe rispetto alla fatica investita per realizzarlo.
Ormai mangiamo prodotti che sono realizzati in serie con sistemi industriali, poco costosi ecc. ecc.
E quel campo non serve più! Ecco mi scuserà quel ragazzo ma l'impressione è stata che lui forse come quel campo. 
Prezioso, costruito con tanta fatica ma ormai inutile perché si produce in altro modo.
Si accetta questo per un campo ma siamo lontani da accettarlo per gli uomini che forse dovrebbero iniziare a cambiare profondamente il loro approccio alle cose della vita. 
Non ho soluzioni in tasca: non starei qui seduto su un tronco a scrivere, ma credo che le soluzioni ci siano ma come per i problemi della mente prima bisognerebbe almeno ammettere l'esistenza del problema per poi affrontarlo.
Ecco mandare a "vafa" mi pare non incominciare nemmeno a guardare il problema.
Sapete la cosa che mi ha fatto sorridere è stata una volta uscito dai campi, vedere tre o quattro climber che faticavano collettivamente per superare la falesia che i contadini maledicevano. Ops i climber sono pure tedeschi a fine ottobre in una giornata di mezza pioggia e poca luce ma credo sempre migliore che una giornata negli ondulati campi tedeschi che hanno fatto si che i nostri piccoli campi chiudessero.