sabato 17 dicembre 2016

Nane

Conobbi Giovanni detto Nane, al primo vero incarico di direzione lavori della mia vita: la scuola media di Fiera di Primiero.
Il progetto non era mio per cui ci fu anche una difficoltà di conoscenza che dovetti patire. L'appalto era stato assegnato con un aumento sui prezzi unitari di oltre il 100% per cui se il buon Nane avesse voluto si poteva arricchire senza alcuna fatica cosa che evidentemente non fece. 
Le parole che ricordo mi disse qualche incontro dopo di quello iniziale furono più o meno le seguenti:"El senta Architet noi doi podem anche no nar d'accordo su tante robe, podem anche begar ma l'unica cosa che no deve rimeterghe l'è la buona riuscita del lavoro!" 
Queste parole mi hanno accompagnato poi per il resto dei miei lavori qui in zona ed in giro per il mondo. La qualità profonda della etica di un impresario che definivo "carriola e cazzuola" era dovuta alla etica della sua famiglia della sua gente.
Il lavoro quale essenza dell'essere e non come strumento di sussistenza o arricchimento. 
L'edificio è ancora lì e forse sarebbe anche ora di fare qualcosa di più bello e moderno ma ho quasi la sensazione che non durerà così a lungo.
Qualche anno dopo un po' prima che tangentopoli diventasse di pubblico dominio giornalistico, rincontrati Nane su un altro cantiere complesso. C'erano anche i fratelli Camillo e Damiano che poco parlavano ma molto lavoravano e che mi insegnarono come gettare una vasca in un solo getto cosa che rividi anni dopo a migliaia di km fare dal siriano Hassan nel deserto di Azraq in Giordania. Hassan che pure nel silenzio assomiglia a Camillo e Damiano. 
Rincontrai Nane dicevo, ed un giorno in cantiere mi dette una busta che apri pesando contenesse i risultati dei provini sul calcestruzzo: mi accorsi che c'erano delle banconote e colpito dissi al buon Nane: " che cavoli fai? Sei un bravo uomo non seguire l'andazzo o cavoli dovrò andare in magistratura!" si vergogno! Lo ricordo! Farfuglio qualcosa sul mio povero stipendio, e mise via la cosa. Un paio di anni dopo in piena tangentopoli ritorno da me un giorno e mi ringrazio. Quella mia reazione lo accompagnò per il proseguo e nonostante altri, bravissimi, potentissimi e con luminose carriere alle spalle funzionari chiedessero lui il Nane, negò e salvò se stesso oltre l'impresa ed un amicizia non fatta di interessi economici ma di conoscenza che poi in fondo è l'unica cosa che vale! Sapete fare un ponteggio con tre assi?  Io si me lo ha insegnato il Nane. 

lunedì 28 novembre 2016

sentiero degli Dei

Alla fine del sentiero degli Dei mi sono fermato in un localino con terrazzo a picco sul mare. Mi è sembrato semplice ed ordinato ma la cosa che più mi intrigava erano tre uomini seduti attorno ad un tavolo. Ho chiesto permesso, una birra e mi sono seduto. 
Tonino è da subito risultato il più simpatico e pur essendo il meno "ben vestito" dei tre mi ha sorpreso subito per la lucidità di mente. 
Ho scherzato sulle due facce di questa zona quella dove eravamo seduti e quella che sta al di la dei monti Lattari e per intenderci Napoli e tutto l'area urbana.
Tonino ha concordato ma subito ha osservato come "di là" sono troppi. Troppa gente in un territorio in fondo piccolo e delicato.
Poi scoperto che ero di Trento mi ha raccontato del militare fatto a Bolzano in compagnia di un sudtirolese che mentre era in caserma parlava italiano mentre quando era in libera uscita parlava solo tedesco e lui non capiva il perché.
"Hanno fatto male ad abolire il servizio militare" continuava Tonino, "hanno fatto male perché i giovani con il servizio militare almeno imparavano ad ubbidire anche ai 'co....' mentre oggi non hanno nessun argine" Tonino suggeriva ancora un servizio civile con regole ferree.
Poi ha raccontato delle capre bianche di lì e mi ha spiegato che il nome dei monti deriva proprio dal latte delle capre che qui si produce da sempre. 
Avevo la sensazione di essere a casa e non fosse stato per il mare azzurro laggiù sembrava una valle di Terragnolo ancor più impervia e con i colori di fiori ancora li.
Non sono gente di mare sono gente di montagna e ho sorriso quando Tonino incominciava a parlare del padre e dei suoi insegnamenti. 
Terragnolo ne più ne meno.
Salvate Terragnolo salvate la costiera.



mercoledì 23 novembre 2016

sei e mezza

Alle sei e mezza ho già finito la frugale cena. Ormai è buio da più di un ora ed il freddo incomincia a farsi sentire. 
È possibile solo stare in piedi o sdraiato ma per ora preferisco la prima.
Sento il mare qualche metro più in là. 
Oggi l'ho costeggiato per diversi kilometri e finalmente non c'erano edifici. Solo macchia. Selvaggia persino ruvida.
Plastica! Polistirolo e ancora plastica e polistirolo. 
Mi sono chiesto dove erano i verdi si quelli delle oasi di ieri e dei cartelli che bla bla bla...
Forse qui non c'è nessuno per far business. Solo spiaggia macchia mediterranea uccelli cinghiali ma tutto nascosto e allora perché occuparsene. 
Bha secondo me va a finire che è colpa di Renzi. Si si ops no no vada a farsi un oasi da un altra parte. Qui ci penserà la solita retorica che tutto può salvo fare qualcosa come camminare per esempio.
Chiudo vado a dormire senza TV e senza dibattiti politici oggi mi sono accordato con il sole.


lunedì 21 novembre 2016

Ciauscolo

Niente è migliore dopo quindici km di cammino, che sedersi in riva al mare spalmare sul pane un po' di ciauscolo e sorseggiare una birra di fronte ad un caldo sole.

giovedì 17 novembre 2016

Piovene Rocchetta

Sono arrivato a Piovene Rocchetta camminando lungo la sede della vecchia ferrovia che collegava Schio con Arsiero costruita così narrano le cronache, in soli due anni ed io a chiedermi quanti operai e manovali hanno sgobbato per realizzarla. Piovene Rocchetta la dove la PiRuBi diventa RuBi per il "no se passa" trentino, mi è parso subito strano. Troppe persiane chiuse troppi scuri accostati. Un paese quasi fantasma e per trovare un bar ho dovuto cercare la sede comunale. 
Poi di lì mi hanno indicato la fermata degli autobus "vicino alla popolare" "quella di Zonin...." ho provato a scherzare senza alcun successo per le ferite che forse molti hanno ancora infette. Poi un signore un po anziano qualche anno più di me, ha sintetizzato con efficacia ciò che gli urbanisti mai sono riusciti a capire e quindi governare 
Allora quelli che stavano qui prima sono andati in città e hanno fatto i soldi; quelli che faticavano sui monti sono poi venuti qui a provar a star meglio ma poi sono quasi tutti andati e poi, ora per chi legge, n non l ml sono venuti gli extracomunitari e aggiungo io spero anche loro vadano in città a far soldi. 
La cosa è tanto vera che al parco dove mi sono seduto a mangiare un panino, si è avvicinato un netturbino che raccoglieva i mozziconi di cicche che tre italianissimi teenager gettavano a terra senza alcun rispetto. 
L'operatore ecologico nulla ha commentato ed io a quel punto ho chiesto perché mai? I ragazzi se ne sono andati grugnando ed li spazzino mi ha detto "io no italiano"
Lui è di Banja Luka città della Bosnia direi certo più vivace di Piovene Rocchetta ma senza lavoro e lui è in mobilità e per un po' aiuta il Comune a tener pulito quello che cittadini poco educati imbrattano. 
Parliamo dei Balcani. Lui loda Tito Broz che "teneva tutti uniti" le sei repubbliche. E il Kosovo chiedo? Li comprendo che è serbo serbo. Sorrido ed aggiungo e la Sebska Repubblica? E sorride lui. 
Attorno ci sono due mamme del Bangladesh eleganti nei loro veli ed altre tre mamme dai tratti più mediorientali ed una con un velo completo. 
Benvenuti a Piovene Rocchetta patrimonio dei Rossi....quelli delle lane...


martedì 8 novembre 2016

Città

Ieri sera la notte è scesa rapida ma la vita della città è continuata tra mille luci e mezzi che correvano qua e là.  Poi lentamente, la frenesia è andata scemando, le automobili non si incolonnavano più ai semafori che incuranti della cosa continuavano a diventar verdi arancioni e rossi. La stazione si è quasi svuotata, gli uffici ed i negozi uno dopo l'altro hanno chiuso e siamo rimasti in pochi ad attendere l'autobus della notte che tardava. 
La vita della grande città sembrava concentrata li fra le poche persone ad attendere e fra quei tre taxisti anche loro ad attendere.
Poi l'autobus è arrivato ed il silenzio è sceso anche fra quelle persone che sembravano animare la città. 
Sto scoprendo la ricchezza della notte forse perché per anni viaggiare richiedeva il vedere più con gli occhi e meno quello della mente e del cuore. 
Poi l'autobus ha lasciato la grande città per un'altra grande città. 
La nuova stazione di arrivo forse spoglia nei suoi arredi e segni o forse molto più semplicemente immersa nel gelo della ancor presente notte. 
I sottopassaggi che proteggono almeno un po' dal freddo sono animati da silenziose presenze che si mettono in coda per il primo panino caldo e aspettano che la macchina del caffè possa dare quel calore che i visi assonnati hanno lasciato nei piumini qualche minuto prima. 
Silenzio. Gente che si muove in silenzio quasi a non disturbare quella pallida alba che già si intuisce allo orizzonte.
Lentamente, silenziosamente la città che ieri si era addormentata si sveglia e poco importa se la città è a 500 km dalla precedente in questo addormentarsi e risvegliarsi le città sono tutte uguali. 
Autobus che accendono le luci e si mettono in coda lungo marciapiedi ancora vuoti; tram che escono dell'infinito deposito cercando i binari giusti dove andare, treni che raccolgono i primi pendolari, automobili che si fermano ancora in coda ai semafori che sempre diventano verdi, arancione rossi.




venerdì 28 ottobre 2016

Giovanni

Giovanni arrivò a Peja con il secondo turno. 
Le prime difficoltà erano superate e stavamo da un po' di tempo un po' fuori Peja sulla strada verso Istok. 
Ero preso da mille cose che non conoscevo e che cercavo di capire in quella terra così lontana e così vicina. 
Giovanni mi ricorda subito Steinbeck "uomini e topi" lettura lontana. Un gigante con il viso dolce e buono. 
Giovanni mi dissero, era uno stradino di Avio. Ma che cavoli mai una volta che un uomo è giudicato per quel che è e non per quel fa nel tempo di lavoro! Anyway. A Giovanni diedi non ricordo quanti marchi, e gli dissi di andare a comprare legna lontano per far si che i prezzi non fossero drogati da noi sporchi occidentali.
Lui fu sorpreso e mi disse che nessun dirigente provinciale avrebbe fatto come me ed infatti non sapeva che dirigente non ero e mai lo sarei stato. 
La legna arrivò, scaldò le povere case e soprattutto non drogo i prezzi di mercato fottendo ancor più la gente che so sarebbe dovuto aiutare. 
Giovanni non parlava albanese, non parlava serbo ma nei campi non serve quando si parla il linguaggio del lavoro.
Poi Giovanni rimase per tutto il tempo. Dovetti faticare non poco per convincere i dirigrntucoli che era necessario più a Peja che ad Avio. 
Un giorno il passo di Kulina, l'unica via di approvvigionamento del Kosovo, era chiusa per neve. Nessuno passava. Noi avevamo Giovanni ed un Unimog. Il passo fu riaperto. E ricordo Giovanni su quei tornanti felice gridare "sarà ma se il buon Dio ha inventato la neve l'uomo ha inventato l'Unimog" e giù a spostare neve e camion messi di traverso.
Il tempo corre ed al rientro una sera vengo su in un posto disperso da Dio e dagli uomini: Puagu! 
Stiamo a cena. Poi la vita ci porta via.
Ritrovo Giovanni qualche anno dopo. Maritato! Con un figlio. Ma come Giovanni? Un tempo ti "lamentavo" di non beccarene una e ti lascio qualche anno e tutto cambia. 
Ma dove l'hai "beccata"? Ricordo la risposta sempre: " era una ragazza e chi ci pensava, poi lei è andata all'Università e quando è tornata...era tornata donna " 
Ora hanno tre figli dedicano vita, tempo e soldi ad aiutare qualcuno che sta dall'altra parte dello Oceano. Vorrebbero andarci anche loro ma Giovanni è impegnato a vincere per sé stesso i sui figli e noi tutti, tutte le battaglie di una guerra faticosa che certo vincerà.
Oggi sono in Piagu ancora come tante volte. 
Guardo Giovanni Francesca i loro bimbi. Guardo Andrea Roberta con i loro bimbi che fra qualche giorno andranno in Perù a fare qualcosa di buono.
Mi piaciono questi "scoppiati" antisistema per semplicità per non condividere un sistema che discrimina ed esclude.

lunedì 24 ottobre 2016

campi

Stamattina sono andato a fare la solita passeggiata nei soliti luoghi fuori dalla porta di casa girando a sinistra 
Conosco questi luoghi, ne conosco i sentieri, i muri a secco, gli alberi e le case.
Mi piange il cuore ogni volta che vedo l'abbandono di un territorio che sino a quando mio padre era giovane, in fondo era legato in modo indissolubile con la vita di tanti 
Ogni volta il mio pensiero prova a concepire soluzioni economicamente sostenibili per salvare questo territorio ma devo ammettere che non ne sono capace.
Quello che mi tormenta è vedere l'enorme capitale costruito dai nostri vecchi che se ne sta andando a "remengo". Penso alla fatica collettiva per strappare qualche metro piano al fianco illuminato dal sole della montagna. Mi chiedo come questa fatica veniva poi condivisa probabilmente senza escludere nessuno dato che nei lavori di fatica tutti sono utili.
Oggi mi è capitato di leggere un post di un ragazzo o giù di lì che mandava in quel paese quelli che ritiene i responsabili della mancanza di lavoro che non valorizzano le conoscenze e le capacità tanto decantate.
Ho guardato il campo sorretto da muri ed ormai preso dal bosco e non so perché ho associato quel campo a quanto quel ragazzo aveva scritto. 
Pazzia sarebbe pensare di coltivare quel campo che poco o nulla produrrebbe rispetto alla fatica investita per realizzarlo.
Ormai mangiamo prodotti che sono realizzati in serie con sistemi industriali, poco costosi ecc. ecc.
E quel campo non serve più! Ecco mi scuserà quel ragazzo ma l'impressione è stata che lui forse come quel campo. 
Prezioso, costruito con tanta fatica ma ormai inutile perché si produce in altro modo.
Si accetta questo per un campo ma siamo lontani da accettarlo per gli uomini che forse dovrebbero iniziare a cambiare profondamente il loro approccio alle cose della vita. 
Non ho soluzioni in tasca: non starei qui seduto su un tronco a scrivere, ma credo che le soluzioni ci siano ma come per i problemi della mente prima bisognerebbe almeno ammettere l'esistenza del problema per poi affrontarlo.
Ecco mandare a "vafa" mi pare non incominciare nemmeno a guardare il problema.
Sapete la cosa che mi ha fatto sorridere è stata una volta uscito dai campi, vedere tre o quattro climber che faticavano collettivamente per superare la falesia che i contadini maledicevano. Ops i climber sono pure tedeschi a fine ottobre in una giornata di mezza pioggia e poca luce ma credo sempre migliore che una giornata negli ondulati campi tedeschi che hanno fatto si che i nostri piccoli campi chiudessero.

lunedì 8 agosto 2016

ristornate

Ieri sono entrato verso l'una, in un ristorante che il caso aveva posto sulla mia strada. Era domenica, un leggero sole illuminava tutto, la semplice insegna, l'ordinata casa suggerivano una possibile piacevole pausa reclamata peraltro anche dai miei martoriati piedi.
All'interno ciò che l'esterno suggeriva trovava ancor più piacevole sorpresa ed è un po' come quando inizi a parlare con una donna che scopri ancor più bella di quanto le sue piacevoli forme suggerivano. 
In una veranda aperta sulla piccola sala c'era una tavola ben apparecchiata di bianco con una decina di commensali serenamente e compostamente seduti.
Un avventore decisamente ubriaco, dopo aver realizzato la mia estraneità a quel mondo, insisteva a parlarmi in un improbabile tedesco mentre la mia attenzione andava alla tavola posta li a fianco.
Camicia bianca senza cravatta , pantaloni neri stava a capotavola con una giovane donna alla sinistra ed una anziana alle destra. Poi stava seduta una ragazza con accanto un altro giovane uomo sempre in camicia bianca e pantaloni neri. Di qui un altra donna consunta nello aspetto ma che suggeriva orgoglio nello sguardo. Poi due giovani che giocavano teneramente fra di loro.
Poi il giovane uomo si alza ed inizia un discorso che sembra importante ma a me incomprensibile almeno nelle parole. 
Nella sua mano destra c'è una sorta di pergamena rigida in pelle con scritto in oro "MAGISTRALIS". L'uomo parla e chiama a se la consunta donna porgendole la pergamena. 
Inizio a capire. Poi un canto interrompe ed accresce la sollennita del momento. 
Il pranzo è alla fine e l'uomo assieme all'altro uomo in camicia vanno al banco. Non resisto: "do you understand me?" un sorriso mi dice di no nella forma ma non nella sostanza. Vedo un bracciale con una scritta che non capisco se essere arabo o ebraico. Vorrei fare mille domande ma forse no. 
Poi la giovane donna si avvicina e mi fa segno con una macchina fotografica di fare una foto.
Tutta la famiglia si unisce con al centro la consunta madre con a fianco i due figli con la pergamena di laurea in mano poi la nonna, la fidanzata il fratello minore con la fidanzatina. 
Così ho visto io forse non è la verità ma poco importa. Metto un ginocchio a terra e scatto, scatto e penso che in quello scatto anch'io sono uno di loro con loro. 
Vedo una vecchia cornice appesa ad un muro con carta da parati rivestito e una foto magari color seppia di una famiglia in un attimo di felicità in cui anche io c'ero e ci sarò.

domenica 7 agosto 2016

aspetta

In questi anni di viaggi solitari e a piedi per le strade di questa Europa ho imparato che la gente, brutto termine per non dire cognomi e nomi di persone, è decisamente migliore di quello che ci ostiniamo a credere e che politicanti da quattro soldi e senza esperienza continuano a vendere attraverso paure che nella realtà non sono così evidenti.
Quando sono stanco, quando non so bene che fare o che strada prendere seguo una banale regola che ha sempre funzionato e che potrei sintetizzare in: "Fabio fermati, siediti ed aspetta lungo la strada; qualcosa accadrà!"
Provate! La curiosità, il voler capire e conoscere muove la gran parte di noi e così accade che qualcuno si avvicini ed entri in contatto con te. Alle volte solo per avvisarti che di li non passa nulla, alle volte per chiederti se hai bisogno di aiuto, alle volte per sapere da dove vieni, cosa fai e perché mai.
Allora sta a te aprirti ancora e stare con chi ti e di fronte e condividere quello che sei ed condividile quello che è l'altro che ti sta di fronte.
Scopri così quante differenze ci siano ma soprattutto quanto uguali siamo nelle poche cose che hanno valore. Così nessuno è estraneo ma tutti siamo viandanti assetati di conoscere e perché no anche di acqua, vino e birra.
Pensiero domenicale seduto lungo una strada che non mi interessa, per ora, sapere dove va ma che so arriverà da qualche parte.

sabato 6 agosto 2016

martedì 2 agosto 2016

pianura

C'é un momento del mattino che solitamente perdiamo perché comodamente sdraiati nei nostri letti a dormire o qualche volta a rigirarci presi da inutili tormenti: quel momento in cui il cielo da nero profondo incomincia la in fondo, a schiarire mentre le nuvole che prima non vedevi sembrano essere ancora luoghi della notte. In pochi minuti quel chiarore si espanderà dando contorno alle cose che ci circondano e finalmente un'altra alba ci sarà.
Beata pianura che non copre come i monti questo momento. Beato viaggio che ti costringe a saziarti di attimi cancellando ogni altra scomodità e stanchezza.

venerdì 15 luglio 2016

informazione

Non so! Non comprendo! Qualcosa mi sfugge! 
Ormai le parole sono infinite ed infinite sembrano essere gli approfondimenti più o meno competenti, di qualsiasi evento che accade nella nostra società occidentale. Mi chiedo se i commenti sono la conseguenza o magari al contrario la causa dell'avvenimento.
Me lo chiedo da un bel po' di tempo ma questa "diretta TV" che sembra informare in realtà non dice nulla o non aggiunge nulla alla conoscenza che ognuno di noi ha degli avvenimenti della vita.
Per cui dopo l'informazione che potrebbe essere sintetizzata in pochi minuti tutto il resto sembra più a servizio di quel mondo che definiamo dell'informazione ma che in realtà sembra sempre più autoreferenziale sia nei personaggi apparentemente dissimili sia nei contenuti apparentemente approfonditi. 
E così si alimenta una analisi apparentemente approfondita ma che nulla aggiunge alle conoscenze che qualsiasi uomo normale ha degli eventi della vita.
Ciò che sorprende sempre è la mancanza del racconto e dell'esperienza di realtà da noi apparentemente diverse ma che poi guardando bene ci sorprendono nell'essere a noi così simili.
Mi chiedo se la paura così come la follia non sia alimentata da questa sovraesposizione mediatica che pare per l'appunto servire più ad mondo sovreccitato dagli eventi che alla ragione.
Paura e follia che sempre esisteranno in noi ma che forse solo attraverso al conoscenza e l'esperienza del "diverso" possono essere lentamente vinte.
Per età ricordo sempre l'immagine che a suo tempo veniva data della "blocco socialista sovietico" e per quanti anni quella paura fu inculcata tanto che ancora oggi non consideriamo Europa quello che sta ad est della vecchia cortina di ferro. 
Poi improvvisamente tutto cessò e di quello che sta ad est nessuno più si occupò ma in quelle terre c'erano uomini, donne e bambini che trasformavano la "nostra" vittoria in una pesantissima povertà. 
Mi chiedo se questo tipo di informazione possa servire per conoscere o serva solo alla follia ed alla paura. 
Non so cosa si può cambiare ma certo sono stanco ascoltare luoghi comuni dopo le stragi siano esse dovute a treni o camion e sono stanco di ascoltare i soliti tre o quattro che come sacerdoti pontificano sul nulla che dicono.
Vorrei girare pagina. Vorrei chiudere questa povera informazione che ci porterà proprio la dove sembrerebbe ogni volta non volere portarci.

lunedì 4 luglio 2016

peron, platform, banchina

Le stazioni dei pulman sono delle cose più belle che si possano trovare. Sono grandi o piccole di solito confuse, anche in Germania, e ci vogliono diversi minuti per capire dove sono i biglietti per le varie tratte, i servizi igienici, il bar con panini che mai mangeresti se non per fame atavica ma che li ti sembrano pure gustosi.
E poi c'è la gente! E li le stazioni degli autobus superano ogni fantasia. 
C'è la figlia che sta andando chissà dove. C'è la madre che accompagna con occhi rossi la figlia che sta andando chissà dove.
C'è la signora elegante che con voce sottile risponde a chissà quale uomo che la sta aspettando alla prossima stazione.
C'è l'uomo che racconta alla moglie dello incontro di lavoro e assicura di non vedere l'ora di abbracciarla assieme ai bambini.
C'è lo studente che fa finta di essere impegnato studiando appunti di matematica in stazione....ma per piacere.
C'è sempre quello che sembra conoscere tutto della stazione e ti viene voglia di cambiargli città e stazione.
E poi ci sono io che aspetto un autobus per Trieste bevendo l'ultima, per questo viaggio, pivo. Ma? Perché ritornare? In fondo questa come tutte le altre stazioni degli autobus sono casa perché il nostro viaggio è un passaggio un incontro, uno sguardo, un sorriso, un grugno L'importante è non indugiare troppo.
Peron, platform, banchina numero.





Vukovar

Vukovar! Probabilmente a molti non dice molto. Non so se mi dice e mi permette di raccontare una verità che per forze di cose è complessa.
La cosa irritante è che ho appena cacciato due Usastsi (forse non si scrive così ma sono i soliti integralisti in questo caso croati) che volevano spiegarmi la storia della invasione Serba e della sopraffazione di quella gente che pensa di aver diritti su terre che solo per un dieci per cento appartenevano a loro. Ed avanti a convincermi che tutto è partito da loro. 
Azzardo un paragone per sillogismo. "eh si i Serbi sono come Israele oggi...." il sillogismi sono sempre efficaci ed il tizio si innalbera oltre misura affermando che sono i Serbi che hanno "fatto sparire" molti ebrei. Aggredisce ed afferma che forse in me si nasconde un Serbo...passi, stamani un Serbo mi ha dato del croato e se un arabo mi da dell'israeliano va bene come se un israeliano mi dice essere in arabo, tutto va bene ma ad un certo punto il tizio afferma che non voglio ascoltare la verità!!!
A quel punto lo invito ad allontanarsi dal mio tavolo in cui si era accomodato senza chiedere permesso ma soprattutto non amo perdere tempo con i fascisti! 
A quel punto se ne va imprecando che sono un Serbo sicuramente. Ora penso e mi sorge il dubbio che non mi stiano aspettando da qualche parte....benvenuti a Vukovar....
Città da dove tutto o quasi è iniziato. Ieri 1991.







domenica 3 luglio 2016

responsabilità

Va bhe so che è difficile, complesso, forse incomprensibile ma stamani mentre attraversavo questa città mi sono fermato davanti al Parlamento Serbo. 
Un lungo striscione con volti di uomini che dai molti sono sembrano confondersi con la propria storia che al contrario dovrebbe rimanere centrale.
Anyway. Striscione su cui c'era scritto "vittime dei terroristi albanesi dello UCK e della aggressione NATO" 
Ora non è che i Serbi siano esenti da eccidi e nefandezze varie basti ricordare Sebrenica ma credo che una riflessione vada fatta e ancora una volta e penso che le responsabilità sono sempre individuali e mai collettive. Certo c'è una responsabilità per che aizza e per che magari poi fa. Ma sta di fatto che le responsabilità hanno sempre un nome e cognome ed è da quello che si deve partire per arrivare ad una giustizia. Siano nomi Serbi, Albanesi o della NATO.



stessa

Giro l'angolo passo attraverso apparentemente ordinati kioski e improvvisamente mi ritrovo ad Abdali in Amman.
Stessa piazza fatta a triangolo, stessi teli di plastica blu a riparare dal sole gli uomini e le donne che sotto si muovono fra mille cose.
Stessi mucchi di scarpe usate in cui non so come, trovare qualcosa di adatto. 
Stessi profumi e colori. 
Ma una differenza c'è! 
Le donne!
La velate, coperte in ogni parte, nascoste all'altrui desiderio qui scoperte con seni prorompenti che ti provocano, capelli buondi e fluenti a farti ricevere sensuali carezze, gambe sottili e lunghe come gazzelle che terminano in sederi ampi come devono essere quelli di una madre. 
Tutto qui! Ma sono sicuro che anche la ad Abdali, in fondo è la stessa cosa. Basta guardare lentamente. 
Anche le case sembrano quasi le stesse di un razionalismo ormai decadente qui di comunista memoria la di capitalista formazione.


sabato 2 luglio 2016

Sava e Danubio

Sava e Danubio da qui in poi se ne vanno assieme.
Guardo queste tre ragazzine americane che cenano accanto a me bevendo vino bianco e non considerando per nulla il "vecchio" cameriere che forse avrebbe voglia di prenderele a schiaffi per quello che forse i loro stessi padri hanno fatto scaricando bombe su questa città. Mi chiedo dove sta ragazzine lo sanno? Ma penso di no. Il presente per certi è l'unica cosa che vale. Ed è proprio lì loro infinita debolezza perché il cameriere ricorda e farebbe altro... Bombardare....a Mitroviza c'era una una cartolina che più o meno diceva così...
Mitroviza Fuck the coke fuck the US all you need is sliloviza....non penso che queste ragazzine sappiano e questo mi fa.... Bollire...,
I need a sliloviza....
Non vorrei fare l'anti ma almeno avessero risolto qualcosa....oggi ho nascosto il mio passaporto perché se scoprono che ho un visto del Kosovo si incazzano e fermano il pullman...


carezza

Arrivo alla stazione degli autobus alle nove e cinque. Appena partito l'autobus. Delusione o forse no. Chiedo, gironzolo poi vedo un autobus con scritto Hamburg in moto e pronto a partire.
Belgrado? Come, run. Office ticket and go. 
Ora sono seduto quasi in fondo mi spettano sei ore forse sette per arrivare alla periferia poi si vedrà. 
Lascio Sofia per la seconda volta nella vita. Ieri pomeriggio ho gironzolato, mi è piaciuta e mi piace questa città. I filobus ed il metro sono efficienti, i marciapiedi puliti, le strade si alternano fra ampi viali dove il traffico corre e stradine secondarie con locali affollati e spazi verdi. Sembra tranquilla ma se osservi con attenzione ti accorgi della povertà. 
Povertà che rende pazzi o pazzia che rende poveri. Una donna con un trolley sembra andare in stazione ma c'è qualcosa che non va cammina in mezzo alla strada. Poi si ferma improvvisamente apre il trolley tira fuori una specie di lunga pinza e raccoglie un mozzicone a terra infilandolo nella valigia. 
Guardo e mi accorgo che mozziconi a terra non ce ne sono.
Un'altra ragazza attraversa la strada gridando non si sa bene cosa ma al cielo.
Che su può fare? Se in una società protetta è difficile immagino qui. Dai Renzo De Stefani metti in piedi qualcosa fai una "pazzia" 
Ieri sera uscito dal ristorante dove per 15 euro ho mangiato divinamente, una ragazza forse gypsy mi ha seguito. All'inizio mi sono preoccupato poi ho capito e mi è venuta voglia di farle una carezza.

venerdì 1 luglio 2016

Anya

A Plodvid ho rivisto Peter. Abbiamo parlato fitto. Politica, EU, religions, society. È un buon punto di vista il suo e né ho bisogno. Sembrerà impossibile ma mi ci ritrovo nel metodo nella conoscenza. Ritornerò a Plodvid lo so ed aspetterò Peter a Rovereto per aprire una bottiglia di......"what's the name Fabio of your sparkling wonderful wine???" "Ferrari maybe Peter....."
Poi ci lasciamo come qualcuno che si rivedrà domani. 
Vado alla stazione degli autobus. Sofia! Next office.....entro un biglietto, alle due parte l'autobus! 
Un tuffo al cuore! Improvviso, inaspettato forte come mai.
Capelli lisci morì lunghi, zigomi sporgenti, nasino all'insù, occhiali persi e quella aria di infinita tenerezza che mi richiama al cuore il mio perduto amore.
Non resisto: ho bisogno di bere, vado via, l'autista mi avverte che sta partendo.
Ritorno! Affronto l'autobus. Seat 23. 
Al 22 c'è lei. No! No! Si! Si! 
Anya! 
Sulle ginocchia ha uno spartito: "stabat mater" Pergolesi. 
Plodvid - Sofia due ore e mezzo di......come faccio a trovare una definizione, non ce l'ho, due ore e mezza di infinito.
Lei è una giovane donna e ancora non sa quale fascino la circonda. Studia al conservatorio, soprano. I sui occhi le sue parole raccontano di passione infinita per la musica. per quel che fa.
Parole, emozioni, infiniti pensieri corrono. Lo so è pazzesco ma le dico: "Anya tu mi richiami quello che in tutti questi anni ho provato a seppellire in viaggi infiniti e conoscenze complesse, tu mi richiami il mio cuore perduto"
Lei sorride. Non comprende fortunatamente o forse si ma non è importante. 
Parliamo, di musica, di parole di musica e parole, di significati, di unione di suoni e parole. 
Parliamo, parliamo. Mi vien da piangere ora a ripensarci è come dopo aver visto il Diavolosky most aver vissuto Diavolosky most. 
Tormento infinito che mai riesce a scavalcare quel fiume ed arrivare sulla altra sponda.
Ciao Anya Ascolterò la tua voce e so che le parole saranno come suoni che il cuore infinitamente ascolta.
Bogodarian





Vishna

Questa mattina devo aver portato un po' di scompiglio nella "movimentata" vita di Vishna. Alle 6,30 i miei Elia e Anastasia i proprietari della locanda dove mi ero fermato ieri sera, mi hanno accompagnato alla fermata dello autobus. Due panche in legno verniciate di verde che pare standard in Bulgaria e poste sotto un albero con dei piccole pere.
Piano piano sono arrivate altre utenti e penso Anastasia abbia spiegato la situazione perché la cosa che comprendevo era "Ytalya" oltre a dobre.... Di lì ad un po' arriva il pulmino, salgo e magicamente mi trovo un posto libero in cui mi fanno sedere unico maschio oltre l'autista di un nutrito gruppo di donne che probabilmente se ne stanno andando al lavoro. 
Il pulman è allegro sento risa e scambi di battute fra le donne. Sorrido mentre il pulmino piano piano costeggia il ripido fianco della montagna coperta di alberi interrotti soli da piccoli spazi verdi ove si erge il puntino bianco di una casa.
Al paese più grande la donna a cui sono stato affidato mi fa scendere. Penso di dover cambiare pulman ma il mio zaino rimane sul pulmino e mi fanno capire di star seduto tranquillo sulla solita panca verde ed aspettare.
Mi metto a scrivere.

giovedì 30 giugno 2016

magico incontro

Allora finalmente un altro incontro degno.
Alla fine del sentiero che dal "Diavolosky most" si inerpica per l'aspro fianco della montagna c'è lei. Sale su dal ripido prato ove con un forcone più grande di lei stava girando il fieno pronto per essere raccolto dopo un po' do sole ancora.
Fortuna vuole che nel cammino ho incontrato una coppia bulgara che mi racconta e mi informa di cose che altrimenti non saprei se non intuire. Lei ha ottanta anni ed una energia di una quindicenne. La cosa carina è che proprio è una femmina infatti attraverso gli amici mi chiede cosa penserà mai mia moglie di questa foto. Sorrido. Capisco e mi commuovo. 
Guardo il suo volto disteso pieno di rughe, la sua eleganza fatta di abiti che mai nessun stilista saprà mettere assieme sia per colore che forma.
Vorrei farle mille domande ma basta uno sguardo e ci sono mille risposte. Vorrei capire cosa conosce di questo mondo di internet di fb ma non ha nessuna importanza lei sa della vita e non vuole offendere nessuna altra donna.
Magico incontro.


demolire di nuovo

Devo proprio continuare a fare l'architetto del cavolo anche stamani dopo la bella passeggiata che per le strade di Kardzhali mi ha riportato alla stazione non diffusa fortunatamente degli autobus.
Il viale è bello, largo, ampio con giardino a protezione degli edifici percorso pedonale adatto a contenere ciclabile e quanto altro, fascia verde con alberi di alto fusto e infine vialone per automobili. Da manuale
Gli edifici direi liberty, floreale, secessione viennese insomma inizi del 900 sono ben ritmati, eleganti pur nella povertà della manutenzione. Anche il socialismo reale è intervenuto ma in fondo rispettando l'idea originale e cambiando lo stile con un più adatto per i tempi razionalismo costruttivista. 
Il problema è stato il poi. Il mercato, il capitalismo, l'avidità la mancanza di attenzione i nuovi colleghi che dovevano sfruttare l'affaccio sulla importante strada.
Che si fa? So riempie fra gli spazi lasciati vuoti affinché il dietro pervenga sulla strada che sta avanti.
Apparentemente si esalta la continuità della strada praticamente si rende omogeneo un muro. Omogeneo è una importante parola e vedrete le foto.
Ma forse non tutto è perduto la lettura è lì e qualche ruspa dovrebbe demolire il nuovo.


Ps: nella seconda foto c'è un insegna stradale pedonale. Mi ha riportato alla memoria quelle messe in opera a Rovereto recentemente. Ma volete mettere la qualità? La chiarezza dell'informazione?


Ardino is waiting for me.





mercoledì 29 giugno 2016

biglietto

Stratoni. Scendo io e due anziane greche di ritorno dal paese con.un po' di borse piene.
Guardo su i monti che mi aspettano e guardo il mare che placido mi lambisce.
Mi fermo. Fermo questa immagine. Sul pulman c'erano tedeschi in vacanza mi girano per la loro insulsa arroganza fatta di denaro e di spocchia. Non tutti sono così ma bisognerebbe controllare prima di dare passaporti.
Alla fermata dell'autobus in coincidenza con il traghetto di una isola grande un nulla, sale per ultimo un ragazzino. Maglietta e calzoncini corti puliti, capelli lunghi, zainetto sulle spalle. 10 anni stimo non di più. Ha l'euro in mano per il biglietto quasi timoroso di perderlo. 
L'autista, barba incolta, muso duro improvvisamente sembra sciogliersi ed in con lui. Fa un cenno con la testa e fa sedere il ragazzino regalandogli quel euro inaspettato.
Rifletto: ma questo salva questa gente. Quel bambino non vedrà il non pagamento del dovuto ma un atto di generosità e se la compagnia dello autobus avrà perso un euro io la vedo come fidelizzazione del cliente, come investimento. 
I monti aspettano mi avvio.

maestri

Una nave lentamente mi sta portando a Ouranoupolis. Si ferma ad ogni porticciolo a cui in alto i vicino corrisponde un monastero. Alcuni scendono altri salgono ed il battello si rimette in moto.
Il mio ultimo incontro è stato con quattro maestri elementari che si sono "regalati" una vacanza lontani da mogli,  figli e preoccupazioni varie. Hanno cinquanta anni ma sembrano ragazzini ancora una volta e solo per quattro giorni. Stavo pensando al buono di Renzi e mi sembrerebbe un buon modo per spenderlo.
Ma torniamo uno di loro parla della Brexit. Sembrano sconfortati. Uno mi dice che Tsipraz è stata l'ultima speranza ora non ne hanno più.
Rifletto. Ma qui c'è un mare, dei monti, della infinita storia e cultura. Non si mangia con quella ma poi provo a buttar li che prima o poi anche i tedeschi, gli inglesi si accorgeranno che il lavoro non c'è più portato via da macchine che tutto ormai fanno togliendo la fatica.
Allora provo a convincerli i tedeschi si accorgeranno che meglio è spendere la vita in luoghi come questi che non nella verde, immobile, uguale grosse Germany.
Basta aspettare ed accadrà anzi è già accaduto in molte isole.


angoli e spigoli

Le città che si sono espanse durante il periodo di fulgore del socialismo reale sembrano uscite da una esercitazione accademica di studenti al terzo anno di architettura ma anche il quinto va bene. Tutto sembra a posto. Il verde, i parcheggi ma di quali macchine, i percorsi ordinati i centri di aggregazione diffusi e non massimizzati; ma! Ma? Ma c'é qualcosa che non va ed oggi camminando per uno splendido esempio in cui mi sono imbattuto qui in Bulgaria e che si chiama Kardzhali, ho intuito: mancano gli spigoli dove andare a sbattere e gli angoli dove rinchiudersi. C'è l'uomo con la sua capacità di organizzare, ordinare, indicare ma manca l'uomo con il suo essere altro e il suo essere lontano da tutto. Per carità nulla di tragico pensando a Città piene di spigoli ed angoli ma prive di gerarchie organizzative. 
Cavoli sto facendo l'architetto del cavolo del 68 mentre tre bulgari cantano magistralmente dolcissime canzoni un po' in inglese e in bulgaro che poi sono la stessa cosa di spigoli ed angoli. 
Mi piace stare fuori.....

meta

Scendo dal piccolo bus che mi ha portato qui lungo un autostrada praticamente vuota. 
Gusto un po' di aria condizionata e fuori lungo nuove strade strette e rese confuse da improbabili parcheggi e da cassonetti buttati li senza cura. 
Vedo il primo velo di questo viaggio poi il primo minareto poi un altro e la in fondo uno ancora.
Costantinopoli è li fra pochi chilometri ma io giro su per i monti e mi avvio verso la Bulgaria. Il fiume Arda e il suo "Diavolosky most" ci vuole una meta anche piccola, per nulla importante agli occhi dei più e solo ai tuoi occhi bella e di valore come è un amore, come è una meta appunto.


martedì 28 giugno 2016

Vladan

Però un po' di germatitudine ci vorrebbe. Sto viaggiando da giorni verso est sulla antica via Ignazia vado a piedi ogni tanto incontro qualcuno, poi vi racconto di Vladan Seferovic, ogni tanto prendo un autobus.
Ogni volta che chiedo come posso raggiungere la successiva città o paese la risposta è "devi andare a Tessaloniki e di lì a xyz". Sarebbe come chiedere, essendo a Verona come si fa a raggiungere Trento e ti rispondesse che devi andare a Roma e poi di lì a Trento. Non capisco e non mi adeguo così scopro che est è est e non ovest prima.
Mi assale il dubbio che il tutto non sia organizzato da una teutonica mente al solo scopo di aumentare i tickets al fine di risanare bilanci altrimenti in perdita per via di una logica più semplice.
Anyway. Oggi colpo di culo e di sfiga nella stessa giornata. Mi pare giusto.
Allora lascio Stratoni e mi avvio sulla vecchia strada. Un operario adetto alla pesa mi spiega il percorso ma al solito non ci credo. Credo invece che li si estrae piombo e che la proprietà della fabbrica e di conseguenza del paese è oggi canadese.
Scelta infame la vecchia strada. Frane mai sistemate che ti costringono ad essere un camoscio a 32 gradi. Spine, rovi che ti fan sanguinare e sporcare la linda camicia. Finalmente arrivo in cima. acqua refrigerio e soddisfazione oltre ad un ciclista bulgaro che va nell'altro senso.
Mi avvio giù per il passo, sento una macchina metto fuori un dito e si ferma. Miracolo dovrebbe qualcuno. La macchina è targata Belgrado. E Vladan. E chi è Vladan? Allora sul suo biglietto da visita c'è scritto Sales manager Pilgrim Agency of the Serbian Orthodox Church nella realtà è un uomo con una moglie quattro figli maschi e una attività economica da mandare avanti. Quattro forse cinque lingue.
Parliamo. Conosce Dobrila Beit Jala, Jerusalem. Il mondo è piccolo e poi Ivo Andric il ponte .. Oh quante cose assieme e forse la più bella definizione dei Balcani......I Balcani sono confine fra est ed ovest fra sud e nord fra religioni, fra noi e gli altri fra storia e presente i Balcani sono un confine.!!!!
Cavoli che bello penso. E come possono capire altri che non hanno confini, confronti, verifiche.
Poi scopriamo di avere molto in comune. Le parole, i luoghi la storia. Falla Vladan.
Il viaggio, la vita continua.
E ci sono i cretini che continuano a dirti che per andare a est devi tornare ad ovest.
Per andare avanti alle volte bisogna tornare indietro....ma senza dimenticare cosa significa avanti....
Prossima meta Kavala. Che accadrà?




lunedì 27 giugno 2016

Polamas

Padre Polamas mi accoglie sotto l'ombrosa pergola del monastero di Stravonikita.
Mi accompagna alla portineria e come sempre quando arrivi, mi offre un dolcetto e un bicchiere d'acqua. "l'acqua più fresca di tutta la penisola" affermo dopo averla bevuta tutta di un fiato. "quasi un miracolo" risponde sorridendo Polamas e capisco che um frigo è effettivamente un "miracolo".
Se vuoi ti accompagno a vedere la chiesa. Dentro ci mettiamo accanto e la simpatia reciproca aumenta. Riconosco l'icona di Sant Nicola mentre mi corregge su quella di San Giovanni. Poi mi chiede che lavoro faccio. L'architetto! Ride e dice anch'io! Per quindici anni a Salonico, progetti, autorizzazioni, imprese e poi ho lasciato tutto e sono venuto qui. "ho cambiato vita"! E vedo per la prima volta una consapevole scelta fatta non con leggerezza ma avendo ben chiaro difficoltà e opportunità.  Parliamo ancora progetti, vita da monaco, dello Abate a cui devo portsre i saluti del mio amico palestinese Issa.
Poi ci lasciamo lui ritorna alla accoglienza io alla polverosa strada.
Ora sono Alli Skiti di Sant Andrea e capisci che anche qui non tutto è perfetto. Finalmente le stesse regole sono applicate diversamente e penso che poi in fondo è questione di uomini non di regole. As usualy.
Sono appena rientrato dalla colazione e Sant Andrea si esalta: un pezzo di pane, un piatto di minestra ove l'aglio impera, un bicchiere d'acqua. I greci che mi circadavsno speravano almeno in un "ciai" the.

domenica 26 giugno 2016

tuono

Alle sei mi sveglio di soprassalto. Un tuono! La luce mi dice siano le cinque ma guardo l'orologio e sono le sei.
È scuro, mi alzo in fretta ed esco per andare in chiesa. Mi sembra questo il modo di guadagnarmi il cibo e l'ospitalità che mi danno.
Nel piazzale piove a dirotto ma mai fu così dolce bagnarsi. Alle 6,20 entro in chiesa.
Ieri sera ero arrivato qui grazie ad una compagnia di russi gli stessi che avevo incontrato su per il monte Athos.
Mi avevano letteralmente raccattato lungo una strada polverosa e soprattutto sotto il sole con 38 gradi. Stavo pensando al mio piccolo inferno dei successivi 5 km quando un furgone si ferma, un finestrino si apre e "come on Italian..."
Non credo nella provvidenza ma certo è stata una fortuna. I russi mi chiedono dove sti andando da solo sotto sole. Mi raccontano del monte Athos e mi chiedono cosa penso del recente incontro tra il patriarca di Mosca ed il Papa
Rispondo che certo le divisioni non le ha fatte Dio ma gli uomini e che ora debbono rimediare.
Mi sembra che apprezzino.
Poi cambio discorso è parlo di montagne. I monti Altai in Siberia. Uno ci è andato mi descrive. Mi affascina ancor più.
Loro hanno il volo domani io non lo so e non voglio saperlo.
Mi lasciano al monastero di Iviron.
Il mattino dopo aver lasciato lo Skiti rumeno ero arrivato al padre di tutti i monasteri Megistis Lavras dove riposa il fondatore di tutto questo Sant Atanasio.
Un monaco mi accoglie e per due ore parliamo intensamente. Sono un anima persa e probabilmente è vero ma certo rientro in auella categoria che richiede tanto impegno ai monaci. Vorrei abbracciarlo ma non mi pare il caso altrimenti potrebbe dedurre una mia conversione e non un semplicissimo affetto per un prode. Mi regala un libro, una prugna secca e acqua. Mi dice di andare  monastero di Stavronikita dive effettivamente arriverò fra un po' quando mi deciderò a lasciare questo mio angolo di paradiso deve il mare mi culla con il suo suono.
Anzi ve lo mostri dove sono.


sabato 25 giugno 2016

Athos

Ieri ho camminato! Tanto! Alle 5 e mezza ho lasciato la mia cella ho cercato di prepararmi un nescaffe che almeno con lo zucchero mi desse un po' di energia e poi quasi furtivamente sono uscito dal monastero.
La stradina era nascosta fra le case e persino un cúmulo di pietre sembrava impedirne l'accesso ma poi ecco le scomposte pietre e il filo di muro che annunciavano la nuova via.
Si sale erti e la vista della costa che scende nel mare ti fa fermare e guardare.
La fatica si fa subito sentire ma non c'é il tormento del sole.
Scendo di nuovo in riva al mare. Spiaggetta incontaminata e mi assale la voglia di un tuffo. Poi mi sembra che sia un andar contro le regole della comunità e così continuo.
Alle otto entro nel monastero di Santa Anna! Non c'é nessuno. Guardo giu il mare crespo dal vento infrangersi sulla aspra costa.
Prendo acqua. Riparto.
La strada almeno in questa parte mi ricorda un altra salita ad un altro monte sacro il Picco d'Adamo in Sri Lanka. Saranno gli scalini ed il caldo o forse il ricordo di quello cammino.
Incontro molti che stanno tornando. Sembrano esausti. Alle dieci arrivo alla ultima fonte d'acqua segnata sulla mappa prima della salita al monte Athos.
Bevo. Poi appena finito arriva una carovana di muli ed uno alla volta ordinatamente bevono anche loro.
La salita è ripida il sole ma soprattutto il forte vento ti accompagnano.
Alle 12 arrivo al "rifugio" quota 1500 a scavalco di un passo che dire ventoso è una presa in giro.
Entro. C'è un prete mi sorride e mi offre un bicchiere d'acqua e delle noccioline. La lingua è un problema ma poi capisco sono russi. Una intera compagnia.
In camerata occupo un letto. Tolgo un po' di cose dallo zaino e le appoggio sulla branda.
Qualcuno con la faccia stravolta dorme infilato nel sacco a pelo.
Il vento lo senti fischiare e provo a verificare se i russi salgono alla cima. Nulla.
Alle 12,30 riparto. Ultimi 530 metri che alcuni mi hanno detto difficili. Faticosi è una parola più adatta.
Dopo 100 metri il rifugio sparisce ed entro il una nebbia che sembra impossibile per il forte vento.
Le gambe vanno,  sono leggero e così alle alle due vedo la croce della cima del monte Athos.
È un cantiere stanno sistemando la chiesa in cima.
Rocce scavate, qualche goccia d'acqua, l'emozione du esserci arrivato.
C'è un giovane operaio, chiedo se mi fa una foto ed il suo perfetto inglese mi travolge. Che fai qui? Perché? Perché? Perché?
Laurea in ingegneria ad Atene ma quello è il lavoro che c'è ed è pure felice. Mi incazzo penso ai figli tedeschi ed alla loro effimera sicurezza. Penso che quel ingegnere sulla cima del monte Athos a tagliare pietre e scaricare carovane di muli sarà più forte dei colleghi che tutto sembrano avere.
Buona fortuna gli dico ed inizio a scendere.
Alle 15 sono di nuovo al rifugio. I russi sorridono. Batto i bastoni in segno di gioia. Raccolgo le mie cose e giù. Non voglio dormire in quel caos.
Cammino. Cammino.
Finalmente alle 19 scavalco um passo e vedo giù una mega costruzione. Forse un luogo dove dormire.
Alle 19,30 entro in Skiti.  11 ore di cammino,  25,6 km e 2397 m di dislivello in un giorno praticamente come andare da Trento a Rovereto passando per lo Stivo.
Lo Skiti mi spiegano è un monastero senza i diritti di un monastero e praticamente non può ordinare monaci.
Sono arrivato nell'unico monastero Rumeno del monte Athos. Skiti Prodromiu
Quasi a casa! Sorrido.
Firma del librone, acqua, dolcetto e grappa.
Rinascita.
Mi danno una branda in una camerata di rumeni. Qualcuno mi fa posto. Trovo un asciugamano una doccia e sono felice non ci vuole poi tanto.
Qualcuno mi porta in mensa,  mi danno da mangiare e un bicchiere di vino che sembra nettare.
Mi addormento di schianto. Non sento nulla se non il vento che fuori soffia sempre con forza.
Alle 2,30 una campaña mi sveglia allo improviso. I rumeni saltano giù dal letto inizia la funzione delle tre.
Non ce la faccio e mi giro dalla altra parte.
Alle sei vado in chiesa. Sto nel pronao i rumeni sono piu rigidi ed ad un pseudo cattolico non è permesso di entrare in chiesa.
Ora ho fatto colazione: peperoni ripieni, insalata, feta olive e un bicchiere di vino. Evviva lo Skiti Romeno.
Si riparte.






giovedì 23 giugno 2016

San Dionisio

Alle 16,30 entro stanchissimo nel quarto monastero della giornata. San Dionisio.
Il caldo ed il lungo cammino fatto di erte salite e rapide discese mi hanno messo a terra e un po' di saggezza rimasta hanno consigliato un riposo.
Mi accoglie un laico che mi fa sedere e mi porta acqua e quei dolcetti fatti di zucchero che compensano subito l'energia persa.
Poi arriva un monaco possente nella sua barba bianca e nella sua statura. Chiede se mi fermo per la notte e confermo. Mi chiede di dove dell'Italia e Roma e Firenze sono le città che pare conoscere. Penso al concilio di Trento ma è già molto in là dalla separazione d'oriente e così desisto a spiegare.
Alle cinque c'è vespro che poi in greco ci assomiglia proprio!
Mi accompagna alla cella: mi dice che è singola. Riesco persino a trovare una doccia nei meandri del monastero e provo a lavar via la stanchezza che ormai mi ha vinto.
Alle cinque vado in chiesa. I pellegrini sono tutti li. I preti dentro iniziano una litania per me incomprensibile che mette a durissima prova la mia resistenza a non addormentarmi di schianto.
Poi dopo un ora tutti escono ed io seguo.
Entriamo in un refettorio da mozzare il fiato per forma ed affreschi.
C'è sempre qualcuno che legge immagino le vite dei santi.
Solo le forchette ed i piatti sono gli altri suoni.
Riso con verdura e nemmeno molto, lattuga e pane. Non c'è da ingrassare. Sorpresa in una caraffa più piccola c'è del vino rosso e mi pare una iniezione di energia il mezzo bicchiere che mi tocca.
Poi improvvisamente tutti si alzano, canto e l'abate esce facendo finire la più che parca cena.
Faccio il solito díscolo e prima di uscire finisco il vino quasi di nascosto ma mi accorgo di non essere il solo.
Si ritorna in chiesa. Li molte cose mi sfuggono e credo per la mia ignoranza del rito bizantino.
Poi tutti escono sul terrazzo che strapiomba sul mare. Si accendono i cellulari e si chiamano le mogli lasciate a casa o ad Oranopolis.
Accendo anche io e divido con voi l'emozione di queste ultime ore.
Di quella di stamani alla vista del monastero Simon Petra penso non troverò parole adatte.







mercoledì 22 giugno 2016

Ouranoupolis

Ouranoopolis mi hanno spiegato, significa città del cielo. In effetti tutto sembrerebbe convergere verso questa ipotesi. In qualche metro inizia "il sacro luogo di preghiera, tranquillità, pentimento, vita monastica e adorazione della santa trinità" e se anche non credi e pensi che la religione sia una risposta facile alle proprie paure ed incomprensioni, sai anche che gli uomini attraverso questo cammino hanno cercato risposte sincere appunto alle proprie paure e incapacità di sapere. 
Domani una barca mi porterà dentro questo luogo e debbo dire sono emozionato. 
Ho letto le regole e quasi quasi si potrebbero applicare anche in una nostra città. Sono logiche, semplici, rispettose della natura e degli altri. 12 punti in tutto. 
All'ufficio dei pellegrini hanno verificato le credenziali e confermato che tutto è a posto e domani mattino mi daranno il mio "diamonitirion" e questa nuova esperienza inizierà. 
Naturalmente proverò a salire sulla vetta del monte che si spinge dentro lo Egeo.




lunedì 20 giugno 2016

σιγά σιγά

Mattino presto, stazione non diffusa come a Rovereto, di Larissa. 33 gradi all'ombra ma sembra primavera forse perché la prossima meta è il monte Athos. 
Soliti viandanti in cerca di un po' di refrigerio, acqua o un sorriso di saluto.
Guardo, fantastico come sempre. Da prima non capisco una famiglia ha accompagnato la figlia alla carriera per Salonico. Soliti baci. Solite raccomdazioni immagino. 
Ma c'è qualcosa che non quadra la signora anziana è elegante nella sua semplicità: gonna nera, camicetta ricamata bianca come la figlia in completo blu semplice che ne esalta la bellezza senza dichiararla troppo. Lui al contrario sembra scatto, pantaloncini corti, maglietta con qualche scritta che esalta una pancia forse già troppo rotonda. 
Poi le due donne salgono sullo autobus e tutto si complica mi sembra di non avere chiavi di comprensione.
Si siede vicino a me la signora anziana e la figlia la coccola. So nulla di greco ma la madre accarezzando il volto della figlia sussurra le due parole che tutti i greci mi hanno detto lungo questo mio pellegrinare: "siga siga..." piano piano! Ed allora tutto è chiaro. La anziana madre è venuta a trovare la figlia che si è innamorata di un uomo che forse non le è alla altezza. Chissà? Ma alle volte basta guardare ed essere vecchi per capire. 
Mi piace questa greca che ho accanto che ad ogni chiesa si fa tre segni della croce ma l'unica cosa che ha detto alla figlia che certo ha visto in pericolo è stato; "siga siga..." σιγά σιγά..."


martedì 14 giugno 2016

Fotini

Lei è Fotini che in greco vuol dire luce.
L'ho incontrata nel parco archeologico di Dion.
Il figlio saputo che ero italiano, mi ha subito portato da lei per farla felice consentendole parlare una lingua con cui era cresciuta e che poi ha abbandonato.
Abbiamo camminato assieme e complice la curiosità di entrambi le mie domande ho raccolto una storia emozionante come solo il caso è capace di creare.
Ma andiamo con ordine.
Fatimi nasce a Rodi ne 1928! A quel tempo Rodi ed il Dodecanneso sono italiani da 16 anni.
Fatimi va scuola greca naturalmente ma poi viene cambiato il gerarca fascista che governa le isole ed impone la lingua italiana come unica lingua di studio licenziando le maestre greche e dando lavoro a maestre che in patria non hanno lavoro. (e poi non ci si sorprenda di. Salvini...) 
La cosa simpatica è che Fotimi ricorda la sua maestra e il direttore didattico che al tempo sembrava assolutamente puro ma che poi Fotimi scoprirà essere comunista ed che aiuterà alcuni ebrei di Rodi a sottrarsi alla furia nazista nascosto assieme alla moglie. dai greci a cui aveva imposto la lingua in una isoletta.
Ma ritorniamo a Fotimi; fa il ginnasio e tutto il liceo in italiano. 
Poi alla vigilia della maturità tutto cambia. La guerra, gli italiani se ne vanno. 
Lei deve fare la maturità classica in greco. La supera e che diamine.
Il padre vorrebbe che Fotimi continuasse gli studi in Italia ma Fatimi è realista e si accontenta del Politecnico di Atene. 
Il primo ingegnere femmina elettromeccanico greco! Che altro?
Ma oltre lo studio c'è l'amore. Anche lui ingegnere sui stessi banchi. 
E subito nasce la prima figlia. 
"" non eravate da sposati? " chiedo "chissà che scandalo" chiedo? "!no perché" risponde Fatimi "siamo gente con il pensiero libero" 
Poi fine degli studi, matrimonio alta figlia. Lavoro nella società elettrica greca. "ci siamo costruiti una bellissima casa ad Atene grazie all'aiuto di un nostro amico architetto" continua Fotimi.
Ed io ingenuo chiedo "ma perché ve ne siete andati via visto che ora stai in Canada?"
Poi una intuizione dalla memoria di studente: "i colonnelli!" 
Lei sorride non è arrabbiata anzi ripete "noi siamo gente con la mente libera" non comunisti, non fascisti solo liberi.
Poi racconta dello ufficio in cui lavoravano e del geometra che l'aiutava e che un giorno le confessa che qualcuno gli ha detto che ci saranno dei cambiamenti in azienda. 
Praticamente sembra un solito ufficio pubblico italiano con un po' di chiacchiere ma invece no.
Entra il marito e chiede al geometra di poter parlare con la moglie. Il geometra se ne va ed il marito confessa: "è vero quello che ha detto....ecco la mia lettera di licenziamento!" 
Lui ha il passaporto e non esita un minuto; parte per Parigi con la figlia più grande.
Fatimi rimane ad Atene per chiedere il passaporto per lei e gli altri figli. 
Sei mesi ci son voluti ed ogni giorno Fotimi va alla polizia per chiedere, sapere per essere libera non solo di testa. 
Una lettera a Papadopulus sblocca il passaporto. "È inutile propagandare la difesa della famiglia se poi tenete lontani due sposi ed i figli..."
Passaporto valido solo per Parigi ma il funzionario canadese interpreta magistralmente che non vi è scritto escluso Canada. Così finalmente la famiglia si ricompone e parte. 
Si riparte. La figlia più vecchia diventa la prima ad entrare in una scuola tecnica canadese ed bello sentire una canadese, greca, italiana, francese, affermare che in quegli anni i canadesi erano non proprio attenti alla parità di genere. 
Parliamo ancora mi racconta di una icona della Madonna che sta ad Assisi e che li è stata portata da chi condiviso con gli italiani quel periodo. 
Mi racconta che non è vero quello che hanno scritto sulla scuola italiana di quegli anni nel Dodecanneso. 
Ho scritto un libro per testimoniare quello che ho vissuto ma no trovo nessuno che abbia voglia di leggerlo.
Un fiume in piena con argini ben solidi fatti di "libertà di pensiero" 
Sai Fabio mi dice quando le chiedo se non sia troppo tempo che non si fa vedere da suo figlio ogni tanto questi figli non lasciano la libertà e diventano troppo ansiosi....rido e quando lo dico a Dimitri lui ride e risponde: "lo faccio solo per evitare i rimproveri delle sorelle che sono più aspri di quelli di mamma" 
Storia lunga lo so non da FB ma penso ne valga la pena perché l'essere liberi di pensiero paga sempre un prezzo: la felicità



lunedì 13 giugno 2016

Dion

Ma perché mai i miei colleghi e certo anch'io si ostinano a progettare e realizzare oggetti alla apparenza molto importanti nelle forme ma che nello uso quotidiano rivelato la loro povertà se non inutilità. Sto camminando non più sui monti ove colleghi vari sono fortunatamente lontani, ma per il parco archeologico di Dion alle pendici dello Olimpo. Il luogo è magico. Ad ogni angolo una ruina ti richiama quasi la vita odierna ma con una qualità migliore che nemmeno l'incuria del tempo e degli uomini è riuscita a cancellare.


La mia mente corre subito ad immaginare cosa era è cosa si potrebbe fare per far conoscere di più. Quanti denari ci vorrebbero, quanti ragazzi avrebbero da menar menti e mani.
E poi vedo il cartello standard che qualche collega ha disegnato e che magari starà pure si qualche patinata rivista. È bello ma mi chiedo se con quel denaro non si poteva fare altro di più utile alla conservazione.
No. Mi scuso. Meglio che la storia lentamente cancelli se stessa se non siamo capaci di leggere, di conoscere di discutere.
Meglio che la storia ritorni nella barbarie della intolleranza, dell'egoismo supponendo di salvare le "proprie" origini così forse dopo qualche disastrosa guerra che sempre più si avvicinerà a noi non permettendoci più di pensarci finalmente sicuri in una vita che non lo è.

martedì 7 giugno 2016

Wanda

Ciao Wanduzza.
Allora stavo guardando uno strano film alla TV ed era ambientato a Nazareth.
La storia era così così è non aveva importanza ma la luce, le pietre bianche, il disordine ordinato mi hanno fatto ritornare alla mente quel nostro strano viaggio a Nazareth.
Ricordi la litigata su per le viuzze di Nazareth io ricordo l'aria ma proprio il motivo no.. Ebrei Arabi...
Ricordi il tuffo nel lago di Tiberiede e quel paesino israeliano nel deserto dove respirai l'aria che Amos Oz mi aveva da prima fatto respirare anni prima con i sui libri. 
E dove mi lasciasti finalmente alla mia solitudine aperta 
Ed ho capito! Eravamo proprio Nazzareni fino al midollo dell'osso. Arabi, ebrei che inseguono... 
Ho sorriso mi è venuta nostalgia di te, di quello strano viaggio, del nostro annusarci su per il Webdhe. 
Volevo ringraziarti e questo è l'unico modo che conosco per farlo.
Che profumi sento quando penso a quello ultimo tempo del mio operare. Come per magia sono ancora lì ora.
Ma una cazzo di email ce l'hai? Con tutte ste NGO non so quale usare. 
Stai bene. Io domani mi metterò in cammino per trovare una strada ed essere arabo, ebreo ancora umano.




domenica 29 maggio 2016

Santa Cecilia

La pioggia mi accompagna...
Salire a Santa Cecilia è sempre emozionante. 
Qualche anno fa rinunciai per via della frana che si era staccata dal Cengio Rosso.
Oggi qualche volontario ha posato un cavo di acciaio e così si passa con attenzione. 
Più sotto c'è la solita ordinanza del Sindaco che "vieta" il passaggio ma si comprende che il problema sono le "responsabilità". 
Questa sostanziale ipocrisia fa si che il sentiero non riceva quelle cure che lo renderebbero più sicuro.
Quello che tormenta il pensiero è l'osservare come la memoria storica, i luoghi, le usanze per non parlare del credere siano posti dopo una responsabilità civile dovuta allo impervio luogo.
Quasi che la responsabilità del nostro divenire sia cosa di poco conto o certamente minore di qualche pietra che naturalmente si stacca."


sabato 23 aprile 2016

So li te

Ho scritto poveramente poi ho messo su un po' d'acqua a bollire, ho cercato una busta di The, l'ho aperta ho annusato il suo profumo e poi lentamente l'ho immersa nella acqua bollente cosa che mi richiama un amplesso lento e dolce, ho messo un po' di zucchero anche se forse non serviva. Mi sono seduto al tavolo ed ho preso il The accompagnandolo con un caramella di quelle miele e latte che mi ricordano la Polonia di infinite foreste e piccoli laghi.
Le ormai infinite pastiglie che forse inutilmente prolungano l'agonia. 
Solite cose di ogni sera. So li te....


Vorrei

Un po',  forse nemmeno troppa, sincerità
Vorrei.
E non quella che appare tale ma che poco giù si avventura.
Vorrei
Nulla rischi d'essere se un po' di polvere con un forte soffio butti via.
Vorrei
Nulla di così diverso da dover tutto cambiare.
Vorrei
Poco per tutto vedere con occhi nuovi e cuore aperto
Vorrei
Nulla di più un po' di vero.
Nulla di  più
Vorrei.

lunedì 4 aprile 2016

Zuzanna Ginczanka

Nota a margine

Non sono nata
dalla polvere,
non ritornerò
polvere.
Non sono discesa
dal cielo
e non tornerò in cielo.
Io stessa sono il cielo
come una volta di vetro.
Io stessa sono la terra
come fertile suolo.
Non sono fuggita
da alcun luogo
e non tornerò
laggiù.
A parte me stessa non conosco altra lontananza.
Nel turgido polmone del vento
e nel cuore indurito delle rocce
devo
me stessa
qui
dispersa
ritrovare.


Meditazioni

Pegaso oggi mi tiene il broncio
e senza di me è fuggito nell’aldilà,
sono sola e considero
di questo mondo i problemi –
mi sono cacciata negli intricati
dubbi della Scolastica:
ti amo perché sono stupida,
o istupidisco perché amo?