Ieri sera la notte è scesa rapida ma la vita della città è continuata tra mille luci e mezzi che correvano qua e là. Poi lentamente, la frenesia è andata scemando, le automobili non si incolonnavano più ai semafori che incuranti della cosa continuavano a diventar verdi arancioni e rossi. La stazione si è quasi svuotata, gli uffici ed i negozi uno dopo l'altro hanno chiuso e siamo rimasti in pochi ad attendere l'autobus della notte che tardava.
La vita della grande città sembrava concentrata li fra le poche persone ad attendere e fra quei tre taxisti anche loro ad attendere.
Poi l'autobus è arrivato ed il silenzio è sceso anche fra quelle persone che sembravano animare la città.
Sto scoprendo la ricchezza della notte forse perché per anni viaggiare richiedeva il vedere più con gli occhi e meno quello della mente e del cuore.
Poi l'autobus ha lasciato la grande città per un'altra grande città.
La nuova stazione di arrivo forse spoglia nei suoi arredi e segni o forse molto più semplicemente immersa nel gelo della ancor presente notte.
I sottopassaggi che proteggono almeno un po' dal freddo sono animati da silenziose presenze che si mettono in coda per il primo panino caldo e aspettano che la macchina del caffè possa dare quel calore che i visi assonnati hanno lasciato nei piumini qualche minuto prima.
Silenzio. Gente che si muove in silenzio quasi a non disturbare quella pallida alba che già si intuisce allo orizzonte.
Lentamente, silenziosamente la città che ieri si era addormentata si sveglia e poco importa se la città è a 500 km dalla precedente in questo addormentarsi e risvegliarsi le città sono tutte uguali.