giovedì 25 febbraio 2021

vie

Sono sotto una palestra di roccia. Ogni tanto mi piace arrivare su questi salti e scoprire luoghi altrimenti persi. La parete è esposta a sud anche oggi si potrebbe arrampicare con una maglietta leggera. So che il luogo è frequentato anche da tedeschi, austriaci, cechi e da ogni dove e quindi è un luogo conosciuto.
In effetti è vicino ad un parcheggio dove si possono lasciare i camper. Il prato, cengia sotto è ampio e bello così i bimbi possono giocare senza problemi. Ma? Ma? Ma guardando le vie tracciate con rara verticalità e segnate da un chiodo ad espansione ogni due metri mi è venuto spontaneo ritornare alla mia gioventù quando mi avventuravo su per pareti come questa.
Chiodi? Due o tre al massimo e piatti da infilare nelle fessure della roccia sperando si incastrassero per bene. I chiodi te li faceva un amico fabbro da ringraziare per la sua passione. Moschettoni? Si io ne avevo quattro di cui uno serviva per l'imbrago. Corde? Una da 50 m. comperata dopo tanti risparmi e comunque sempre troppo rigida e che per fortuna non mai testato allo strappo.
Ma oggi guardando, osservando la roccia sopra di me la mia mente cercava fessure, soprattutto verticali, considerava qualche rovere come possibile sosta per risparmiare il chiodo che comunque il fidato secondo avrebbe tolto. La mia memoria mi accompagnava su per qualche diedro in cui certo è più facile avanzare non fosse altro per contrapporsi con le gambe.
Mi sono accorto che la mia mente, i mie occhi cercavano la via più sicura e forse la più facile riportandomi ad antiche visioni. Guardavo le nuove via indipendenti dalla natura dalla conformazione della roccia anzi tracciate proprio là dove nessuno vecchio alpinista si sarebbe avventurato. Al centro c'è l'atleta non l'alpinista. Il superare con la forza e certo l'equilibrio quel vuoto ormai sicuro per tutti quei chiodi a pressione infilati lì dove i poveri martelli di un tempo non avrebbero nemmeno accarezzato la roccia.
Mi sono chiesto se è bene? Non ho risposte. Ma ogni giorno di più vedo questo uomo vincere su una natura e non viverci con essa con le sue fessure diedri, cenge.
E se lo si fa in un ambiente così bello come questo immagino cosa si possa fare in un luogo ove nulla o poco ti riempie gli occhi ed il cuore.
Poi ci possiamo lamentare che le cose non vanno, che troppi e troppe sono ammazzate per ragioni da poco ma ahimè anche l'arrampicare ormai pare sia una sola sfida fra uomini e non un equilibrio fra natura e uomo.





sabato 20 febbraio 2021

armadio

Mia madre, ma sono sicuro molte madri Trentine e non, mi insegnava che se un indumento non lo indossavo per più di un anno era il caso, oltre a chiedersi del perché dell'acquisto, di donarlo ai poveri se ancora in buono stato o se consunto, liberarsene definitivamente lasciando libero lo spazio nell'armadio.
Tutto questo mi ritorna alla mente osservando gli ormai infiniti edifici e aree, pubbliche e/o private poco importa, in stato di abbandono, degrado o non utilizzo a Rovereto. L'elenco è lunghissimo e camminando per la città, ne ho contate almeno 18 che balzano all'occhio ma sono convinto che l'elenco si potrebbe estendere per molte altre.
Ho fatto un rapido calcolo ed ho scoperto che la superficie di territorio roveretano abbandonato si aggira oltre i 170.000 mq. e questo penso dica molto dello "sviluppo" in atto.
La cosa che mi fa sorridere o piangere, decide voi, è che si continua a costruire in aree rimaste intatte sino a ieri. Ma si suvvia? Che sarà mai il territorio? Un bene infinito e che diamine! L'importante è che si parli di svolta, transizione ecologica, di fondi "next generation EU" magari con cui costruire altro in altre aree finora non utilizzate.
Sono sicuro che il Comune di Rovereto avrà tutte le "sudate carte" a posto e ci saranno mille ragioni esternate da efficienti legulei, per giustificare l'abbandono di quella area da decenni, o il lasciar andare o non completare quell'edificio da lustri. Pare quindi quasi inutile raccontare storia per storia delle aree di cui sopra anche se il racconto potrebbe risultare interessante quasi come le storie di "cold case".
Ora la proposta, provocazione potrebbe essere quella che dopo cinque o dieci anni, come per gli indumenti, anche gli edifici, aree debbano se non utilizzati, essere donate ai poveri nel caso di un valore storico artistico o ambientale oppure essere demolite con il ripristino ad area verde nel caso di nessun valore storico artistico!
Qualcuno preoccupato a difendere la proprietà privata obietterà giustamente e dirò pure di essere con lui d'accordo, ma mi chiedo se costruire è da molti decenni una "concessione" che il pubblico rilascia al privato per realizzare giustamente i propri fini se quella concessione non viene utilizzata perché mai dovrebbe il pubblico salvaguardare la concessione che è cosa diversa dalla proprietà?
Forse lo strumento fiscale potrebbe aiutare. Non utilizzi? Lasci che il decoro cittadino e/o ambientale sia di scarsa qualità? Paga così poi la collettività potrà sistemare! Le obiezioni qui le sento più convinte ma se per un attimo pensassimo che il territorio è un bene limitato e non riproducibile forse potremmo accettare di occuparcene un po' di più e non solo comprando auto ibride.
Se poi si pensasse di utilizzare i fondi europei per sistemare, riparare, ripristinare penso che sarebbe nello spirito di salvaguardare le prossime generazioni ma forse costruire altro è una necessità apparentemente più importante.
Ve lo immaginate l'armadio, perdon la città, l'ambiente, quanto spazio e bellezza acquisirebbe!
Si d'accordo ci sono poi da risolvere molti altri problemi quali a che poveri donare? Come potrebbero utilizzare questi volumi? Sono sicuro che l'immaginazione può progredire proprio in questi casi.
Però se si vuole, si può anche aspettare che crollino da soli o diventino discariche a cielo aperto.
La natura infine vincerà, anche su noi stessi!
Aree dismesse di Rovereto


martedì 9 febbraio 2021

restauro

Ieri sono ritornato a Trento! Era un bel po' che non ci andavo per evidenti motivi. Il caso o forse nemmeno, ha voluto che passassi da piazza Duomo che sempre mi colpisce per la preziosa fattura degli edifici che la circondano e per quel strano rapporto con via Belenzani, quella del Comune per intenderci, che certo non affonda nel tempo in cui fu realizzato il Duomo. Una cosa e mi spiace chiamarla così, mi ha colpito subito ed è stata la fontana del Nettuno che per età fa più rima con la via di cui sopra che non con il Duomo.
Qualcuno, forse tutti, diranno splendido restauro! Ma? A me è sembrato un'opera fuori tempo. Si forse sarà come quando è stata realizzata, forse, ma certo c'era qualcosa che strideva e non era tanto l'armonia degli intagli nelle diverse pietre ma la perfezione, la pulizia del tutto. Non un segno del tempo, non un colpo di martello sul "ginocchio". I trentini e la loro soprintendenza hanno fatto un lavoro perfetto! Che altro? Si! Forse come i pluviali in inox del vicino duomo che subito sono andato a rivedere tanto per farmi male e consolandomi subito dopo, con la vista con il protiro.
L'arte concepita come indipendente dal tempo, dalla vetustà, dall'oblio mi chiedo che arte sia? Si certo pare essere come la giustizia indipendente dalla verità! O come la natura, il paesaggio indipendenti da chi vi dimora! Nulla. Non ce la faccio a sopportare questa "cultura" indipendente dal tempo, dalle passioni, dalla storia, dagli incendi, dalla distruzione che decide che qualcosa non dovrebbe avere il tempo come variabile. Forse gli uomini che pensano a questo credono di aver sconfitto il tempo o per bene che vada, pensano che le cose, le opere, le persone siano estranee al tempo. Forse questo spingerà qualcuno a pensare che il tempo si possa sconfiggere! Con un buon restauro naturalmente.
Della pietra o del corpo in fondo che differenza fa?
Conservare non credo significhi rendere indelebile l'opera ma renderla presente nella memoria e nella vita di tutti noi e in piazza Duomo quel restauro mi è sembrato come quello di una donna che un po' si è "tirata", "pompata", "rifatta" per farsi ammirare forse di più ma incapace di amare nonostante rughe, decadimenti, che forse ancor più ne esaltano la bellezza dell'essere, della mente e del cuore. Lasciate che si invecchi, lasciate che i monumenti invecchino, lasciate che le città diventino belle per il cuore e per la mente.