domenica 15 settembre 2019

montagna

Leggo spesso lamenti da parte di esperti di montagna circa la superficialità con la quale taluni si accostano ai monti. Leggo spesso l'invito di gestori di rifuggi che chiedono più sobrietà ai nuovi avventori. Leggo spesso, sempre più spesso di un assalto ai monti da una massa di turisti in cerca di emozioni.
Ma scusate? Chi ha voluto, programmato, incentivato tutto questo?
Lo sviluppo economico!
Sono stati costruiti impianti in ogni dove togliendo il termine fatica dal vocabolario del turismo di massa; si continuano a ferrare monti e pareti senza alcuna logica se non quella dell'emozione per la massa dei turisti togliendo il limite dell'inviolabile; si realizzano rifugi ove ormai quasi tutto è possibile salvo consumare un pasto ed una notte in silenzio.
Non c'è un nome a cui attribuire il tutto è il nostro vedere le cose che ci porta a questo ed ahimè anche di coloro che tentano di salvare l'antica integrità non facendo altro che creare l'humus fertile per nuove conquiste.
Non ci sono ricette ma nel mio vagare mi attengo a poche regole: non entro mai nei rifugi, non prendo mai un impianto di risalita, non mi arrampico su per nuove ferrare o ponti tibetani.
Come ogni regola ci vuole un po' di saggezza nell'applicarla dato che di integralismo si può soccombere.
Credo che i monti non tanto alti, senza vette mozzafiato, con boschi lasciati andare, con piccoli o grandi salti di roccia, con pochi sentieri ufficializzati, con casine abbandonate siano il terreno ove fortunatamente la montagna riscopre se stessa.
Mio padre incarcerato dai fascisti difendeva la SAT come l'unica associazione libera di quell'epoca. Guardo e non comprendo dove mai sia andato quello spirito perso fra coperture imbarazzanti, agenzie viaggi per turisti di massa, e gestione economica di rifugi ormai trasformati in altro.