martedì 2 aprile 2019

Storia 01

Va beh continuo la storia di ieri. Non è obbligo seguirla ma forse racconta di un'Italia diversa da quella di oggi o forse nemmeno tanto. 
Lo faccio stando seduto fra quattro cuscini candidi in una bella camera di albergo da cui posso vedere le Alpi Maledette come le chiamavano i vecchi alpini. 
Oggi è un albergo ma quando arrivai qui la prima volta, era il comando generale delle forze di occupazione. D'altra parte che fa una "forza di occupazione" prende possesso dei migliori edifici del luogo occupato. Mi sono dilungato troppo nella introduzione. Ritorniamo al Fiume Vardar ed al bellissimo ponte Romano che lo scavalca.
Il colonnello che mi aveva raccattato all'aeroporto ha una scassata macchina su cui metto la mia grande valigia e ci avviamo verso il centro città
Fra la l'aeroporto e la città c'è molta strada ma si va veloci non essendoci quasi nessuno in giro. Parliamo, chiedo ma il militare non è loquace come dovrebbero essere i buoni soldati. Guardo attorno questa terra sconosciuta fatta più di vuoti che di costruito al contrario delle nostre valli. 
L'ambasciata mi sembra quasi in periferia di Skopje ma al contrario è subito fuori il nuovo centro. L'edificio non è grande ma estremamente elegante ed armonioso. Direi uno dei più belli e più resistenti di Skopje che qualche anno prima era stata rasa al suolo da un forte terremoto a cui però il generale Tito aveva posto prontamente rimedio realizzando una nuova Skopje fatta di strade larghe edifici simmetrici e robusti a cui il capitalismo sopraggiunto con la caduta del socialismo reale, è stato solo in grado di aggiungere nefandezze architettoniche fatte per guadagnare facilmente. Scuserete l'architetto che c'è in me. 
Due carabinieri aprono il pesante cancello di metallo verde ed entriamo lasciando fuori una lunga coda di persone con carte in mano che provavano a prendere un visto per ricongiungersi con qualcuno in Italia. 
D'altra parte allora l'Italia concedeva ancora l'ingresso e ci vorranno ancora tre anni per arrivare ai geni della "Bossi Fini". 
L'ambasciatore è gentile e spiega cosa dovrò fare. 
Tenere i contatti con UNHCR ed AOM al fine di agevolare le pratiche per la concessione dello stato di rifugiato politico. 
Ci sarebbero mille domande ma non c'è tempo Lorenzo con cui lavorerò mi porta via. Andiamo a nord circa 20 km dal centro città. C'è un vecchio aeroporto e quello è diventato una nuova città fatta di tende, tende, tende. Uomini, uomini, donne, donne, bambini, bambini, bambini seduti ordinati, calmi, rassegnati. É la prima volta che vedo migliaia di persone in fuga, è la prima volta che quello che avevo letto nei libri, appare ai miei occhi, al mio naso, alla mia mente.
Ho sempre pensato da allora che prima di parlare di umanità bisognerebbe aver annusato un campo profughi.
Lorenzo mi spiega. Lui è un sindaco toscano che a causa di un'alluvione ha conosciuto la Protezione Civile ed ora ci lavora. Lui non parla l'inglese e dobbiamo fare gli interrogatori e gli interpreti parlano Albanese ed Inglese. 
Debbo fare domande, accettarmi chi sono, da dove vengono, perché sono fuggiti poi fare una scheda e conferirla a UNHCR per l'approvazione. 
Sì inizia sotto una tenda naturalmente e il governo italiano mi costringe ad indossare "per sicurezza" quegli orrendi gilet gialli diventati ora famosi. 
Arriva Rossella! "Nice to meet you...." UNHCR comprendo sempre di più ma non è facile in 24 ore passare da una scrivania provinciale ad un campo profughi. Non è facile ma è infinitamente più reale e infatti la maggior difficoltà sarà poi ritornare alla tranquilla scrivania provinciale. 
I giorni corrono si lavora velocemente al confine di Blaze ci sono altri profughi che spingono per entrare e le autorità Macedoni concedo i permessi in relazione al numero di rifugiati che le varie nazioni europee accolgono. 
Conosco i tedeschi al solito efficienti ed organizzati mica come Lorenzo ed io. Ci sono i francesi ma quello che mi ricordo sono gli islandesi: dovevano accogliere 100 rifugiati ed erano in 20. Noi 6000 e siamo in due! Viva l'Italia.
Ricordo che tutte le nazioni europee si erano impegnate in un gigantesco progetto di accoglienza dei profughi. Oggi in Europa non siamo nemmeno capaci di parlarci ed ognuno pare pensare per se stesso. 
Infinite storie raccolte da gente spaurita che ha perso tutto. Ricordo una giovane donna con in braccio una creatura di pochi giorni a cui, dopo le domande di rito, chiedo se desidera posso fare qualcosa. "Sì" mi risponde, "sono stata mandata via subito dopo la nascita del mio bambino e non ho nemmeno una foto: vorrei una foto di lui, di noi." L'interprete sì emoziona io mi emoziono: facciamo questa prima foto a questo bimbo nato fuggendo dalla sua terra. 
Sorrido ancora oggi a pensare a quella richiesta così semplice ma in fondo così profonda. Puoi perdere tutto ma l'emozione di un figlio può vincere tutto.
Il lavoro va avanti. I profughi partono ed altri arrivano. Rossella mi aiuta con la sua esperienza io ricambio accompagnandola al servizi igienici. Descrivere i servizi igienici di un campo profughi è dura: andarci ancora di più. Una fossa profonda un paio di metri con un asse si ed una no che l'attraversa. Dei pali di legno su cui corrono zigzagando dei teli al fine di consentire un minimo di privacy. 
Le storie si susseguono. La sera noi fortunati, abbandoniamo il campo e quasi a contrastare tanta sofferenza ci immergiamo in una vita sfrenata fatta di cene, risa, racconti ed altro. La vita diventa preziosa quando ne cogli la sofferenza e quasi a volerla sconfiggere ogni momento libero diviene allegro, apparentemente spensierato ma in fondo credo solo più cosciente.
Lorenzo mi riprende nel campo ed ha ragione! "Non puoi Fabio! Non puoi perdere troppo tempo con quella vecchia. Ce ne sono migliaia come lei! Lorenzo ha ragione ma le lacrime di quella donna sono le mie. Come posso lasciarla? Suo figlio è in Italia. Lo chiamo! Vedo lacrime di gioia! Lorenzo è felice anche lui. 
L'ambasciata ci chiede di andare in un'altro campo mai raggiunto sino ad ora. 
Mi affianca un maggiore dell'esercito. Franco! Cavoli un antimilitarista come me che deve collaborare con l'esercito! Quante opinioni fatte di preconcetti di standards cambi quando poi ti trovi fianco a fianco con chi non conosci. 
Franco è aperto, spontaneo, diventiamo amici. Mi porta dal generale. Conosco un mondo che imparerò a rispettare per l'impegno che ci mettono per aiutare povera gente. 
Ho una bottiglia di vino a casa donatami da generale. Brigata Sassari! Il vino sarà andato ma ogni volta che la vedo ritorna quella parte di vita.
Perdonate mi fermo proseguirò più in là oggi ho scritto troppo.