venerdì 17 luglio 2015

Krivodol

Guardo questa ragazza  con il suo piccolo bambino che stanno seduti in fronte a me mentre il treno lentamente segue il fiume della ampia valle.
Lei sarebbe persino bella come è normale per la giovane età. Alta,viso importante che lisci capelli lo potrebbero contornare se non li avesse raccolti forse per il caldo e forse perché da qualche giorno non vedono l'acqua. Gli occhi rotondi come ciliege sono gli stessi del bambino che le sta accanto e che infinita tenerezza riceve con lente carezze e piccole parole che lievemente la giovane madre sussurra.
Lei sarebbe bella se i suoi denti avessero conosciuto a tempo debito un ortodonzista ma forse nemmeno la parola ha conosciuto.
Infinita tenerezza che scende alla stazione di Krivodol paesino perso chissà dove in questa dignitosa povertà che accompagna questa orgogliosa gente. 
Guardo le scarpe del bambino, della madre, della gente e vedo povertà. Scarpe fatte di nulla o ormai consunte dallo infinito uso che per il bimbo significa infiniti poveri bimbi con gli stessi occhi a ciliegia, lo stesso mento con la bella fossetta. 
Guardo la borsetta della giovane madre e sorrido pensando ai cazzoni, ricchi stilisti che con ogni probabilità ne esalterebbero il raffinato accostamento senza pensare che quella borsetta probabilmente dalla povera madre o nonna che ai tempi dei soviet spendevano la loro gioventù o maturità.
Mi chiedo quale sia l'algoritmo che accompagna le nostre vite e che sceglie per noi. Mi chiedo se abili matematici fossero mai capaci di trovar la soluzione all'equazione che proprio non pare risolvibile da una politica che solo bada a raccogliere aspirazioni di gente che in fondo già molto ha pensando che l'algoritmo mai possa cambiare.