martedì 17 marzo 2020

globalizzazione

Una amica e collega giapponese con cui sarei dovuto essere in questi giorni per parlare della supposta utilità dell'architettura, mi confessava alcune settimane fa quando ancora noi pensavamo scioccamente che il virus riguardasse quella parte del mondo e non noi, che considerando gli atteggiamenti sviluppati dalle nazioni di laggiù fatti di diffidenza, arroccamento, paura di chi sembra diverso solo perché parla un'altra lingua, tutto questo avrebbe significato la fine della globalizzazione.
All'inizio pensavo fosse una esagerazione ma ora ahimè mi debbo ricredere.
Nella difficoltà abbiamo tirato fuori antichissimi modelli comportamentali.
Quando dico noi intendo noi europei.
Non solo la globalizzazione è andata a "fanculo" ma credo anche Europa od almeno quel fragile progetto che sino ad oggi si è provato a realizzare.
Un virus è riuscito là dove i sovranisti stavano fallendo.
La globalizzazione, l'Europa, noi abbiamo fallito perché ci siamo illusi che la solidarietà fosse vincente, che l'essere attenti agli altri bastasse ma in fondo alla prima vera prova ci siamo chiusi come sempre abbiamo fatto nella storia durante le difficoltà.
In fondo basta guardare agli yenkee per comprendere noi stessi: noi abbiamo fatto incetta di pasta loro di armi ma ho come la sensazione che se fosse possibile lo faremo in molti anche noi nonostante la nostra supposta solidarietà.
Ah! A proposito dei vari "siamo con voi"! Sono disposto a scommettere che fra questi "dispensatori" di "umanità" a basso costo sicuramente ci sarà qualcuno o forse anche più di qualcuno che ha in corso una delle 300.000 cause con cui gli stessi operatori sanitari sono chiamati a "confrontarsi" in caso di normale umanità.