mercoledì 19 agosto 2020

sasso rotondo

Sono seduto su un sasso tutto rotondeggiante per il grande lavoro dell'acqua che mi circonda con il suo vociare leggero che un po' più in là si fa più sordo quando un altro sasso rotondeggiante, la costringere a saltare più veloce.Il sole mi riscalda ed asciuga la schiena umida di sudore per la fatica di scendere giù per una impervia valle dove ho ritrovato finalmente la via al Leno di quelli di Foppiano.
Solo un punto seppur ripido, arriva al Leno. 20 metri più là una parete, 30 metri più in su un'altro sperone di roccia.
Io ci ho impiegato tre tentativi ma quelli di Foppiano per costruire quella stradina ci han messo secoli.
Un ingegnere con GPS, mappe aree e tutta la tecnologia del momento mai sarebbe riuscito in un progetto tanto funzionale, semplice ed economico.
I muri sono pochi, essenziali e solo uno è sceso a valle portandosi via la strada e lasciando un vuoto là dove forse c'è il tratto più erto.
In fondo quelli di Foppiano hanno fatto uno slargo e lo immagino pieno di tronchi pronti per essere affidati al Leno per riscaldare i ricchi Roveretani che con occhi sempre di sufficienza guardavano qui villici un po' "zotticoni" ed ai cui nipoti alla fine, hanno lasciato il governo della città.
Cerco di ascoltare le voci di quei boscaioli, il loro imprecare di fatica in una lingua ancora cimbra. Immagino i bimbi che come stambecchi seguivano i tronchi giù per "toff" erti come sempre per risparmiare fatica.
Immagino le donne più su ai vignai a seminare, zappare, raccogliere le poche cose che avrebbero attenuato l'atavica fame.
Poi penso all'oggi: la fame di privilegi, sussidi, aiuti e mi fermo: meglio non pensare troppo meglio un sasso rotondo in mezzo al Leno.